Qualche giorno lo avevamo scritto: è in arrivo in Sicilia un’ondata di sbarchi di migranti senza precedenti. E purtroppo ieri il Mediterraneo ha visto un naufragio di una tragedia mai vista: 700 morti. Su un peschereccio affondato vicino le nostre coste. Ma forse le vittime potrebbero essere di più: “Eravamo in 950. C’erano anche 200 donne e 50 bambini con noi. In molti erano chiusi nella stiva”, racconta un giovane del Bangladesh che è tra i 28 sopravvissuti . “Siamo partiti da un porto a 50 chilometri da Tripoli – aggiunge – e ci hanno caricati sul peschereccio e molti sono stati chiusi nella stiva. Gli scafisti hanno bloccato i portelloni per non farli uscire”.
Il mercantile portoghese “King Jacob” che per primo è stato dirottato nella zona stava navigando nella loro direzione. Racconta il comandante: “Appena ci hanno visto si sono agitati e il barcone si è capovolto. La nave non lo ha urtato, si è rovesciato prima che potessimo avvicinarci e calare le scialuppe”.
Si tratta della più grave sciagura del mare dal dopoguerra, peggiore anche della strage di Lampedusa del 3 ottobre 2013, che fece 366 morti e 20 dispersi. Gli scafisti avevano raccolto tra i disperati il denaro preteso per la traversata del Canale di Sicilia e avevano riempito di migranti il barcone oltre ogni limite.Sabato, l’organizzazione che gestisce la tratta ha dato il via libera alla partenza verso l’Italia. Il barcone partito dall’Egitto ha caricato i migranti da un porto della Libia, vicino alla città di Zuara. Era quasi sera, infatti, quando al Centro nazionale soccorso della Guardia costiera è arrivata una telefonata da un satellitare: «Siamo in navigazione, aiutateci», ha detto un uomo. La Guardia costiera ha potuto rapidamente individuare le coordinate del punto dal quale era partita la telefonata: il barcone era a circa 70 miglia a nord delle coste libiche (110 miglia a sud di Lampedusa) quando è stato raggiunto dal King Jacob, un portacontainer di 147 metri di lunghezza, con bandiera del Portogallo. Secondo il comandante del mercantile i migranti, visto il portacontainer, si sono spostati in massa su una stessa fiancata, quella del lato del mercantile.
Subito dopo il naufragio è stata messa in campo un’imponente operazione di soccorso, che ha coinvolto anche navi dell’operazione Triton, dell’agenzia Frontex: unità navali della Guardia Costiera, della Marina Militare italiana e maltese, mercantili e pescherecci di Mazara del Vallo – 18 mezzi in tutto, coordinati da nave Gregoretti, della Guardia Costiera, che ha assunto il comando dell’intervento – hanno recuperato 24 cadaveri ed hanno perlustrato un vasto tratto di mare alla ricerca di altri superstiti.
La Procura di Catania ha aperto un fasciolo per i delitti di naufragio colposo, omicidio colposo plurimo e reati in materia di traffico di migranti.
– forse complice degli scafisti – con tono di voce neanche concitato. Una telefonata simile a tante arrivate nelle ultime due settimana da barconi e gommoni carichi di migranti.
LE REAZIONI. “Contro le tragedie di immigrati in mare serve un’operazione Mare Nostrum europea. La chiediamo da oltre un anno e non c’è stata risposta” ha detto Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr, secondo la quale bisogna anche aprire “canali legali di ingresso per i rifugiati che riguardino tutti i Paesi europei”. Per Medici senza Frontiere: l’Ue fa «proclami sull’accoglienza» ma poi «erige muri» contro l’immigrazione e così «scava una fossa comune di dimensioni pazzesche nel Mediterraneo» dice Loris De Filippi di Msf Italia. «L’Europa, inerme, non riesce a dare una risposta adeguata» è l’accusa anche di Amref, mentre Mare Nostrum europea ma anche apertura di canali umanitari sono le richieste di cui il governo italiano, per Terre des Hommes, deve farsi portavoce. La Comunità di Sant’Egidio: se l’Ue non è all’altezza di fermare le inaccettabili stragi del mare, dicono, è l’Onu che deve scendere in campo.
«Sono uomini e donne come noi, fratelli nostri che cercano una vita migliore, affamati, perseguitati, feriti, sfruttati, vittime di guerre, cercano una vita migliore, cercavano la felicità». Così il Papa, dalla finestra dello studio su piazza San Pietro, si è appellato per le persone morte nel canale di Sicilia, a nord della Libia. «Parafrasando la costituzione apostolica Gaudium et spes, a cinquant’anni dal Concilio Vaticano II, di fronte a queste ripetute tragedie nate da un contesto internazionale segnato da guerre e povertà, “le nazioni sviluppate hanno l’urgentissimo dovere di aiutare le nazioni in via di sviluppo”. Un dovere di solidarietà che chiama in causa l’Europa, ma anche le organizzazioni internazionali come l’Onu»: è il commento di mons. Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes.
RENZI E L’EUROPA. «L’Italia chiede di non essere lasciata sola». Matteo Renzi rivolge il suo appello alla comunità internazionale e all’Unione europea. Il premier italiano, con il presidente francese François Hollande, chiede che si convochi in settimana un Consiglio Ue straordinario perché l’Ue rafforzi la sua azione contro gli «schiavisti del mare» e la smetta di considerare l’immigrazione un problema «di serie B».
La Commissione Ue, esprimendo «profonda frustrazione», sostiene la necessità di «un’azione decisa». Ma l’Italia, anche col presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, un «impegno» dei partner Ue lo invoca con urgenza.
«Il problema – spiega Renzi – non è il controllo del mare, perché la tragedia non è derivata da mancanza di soccorsi, ma distruggere i trafficanti di uomini, i nuovi schiavisti». Come? Non con un blocco navale, perché se fatto in acque internazionali sarebbe come un «servizio di taxi» agli scafisti. O con i respingimenti, che «sono impossibili» in Libia. E non è una soluzione neanche il ripristino di Mare Nostrum, «operazione tampone». Perché, dice il premier, il problema va risolto «alla radice»: «Siamo pronti a fare tutto ciò che è necessario perché non partano. L’idea di un coinvolgimento delle Nazioni Unite e delle istituzioni europee è sul tavolo. Ma il problema è risolvere il problema in Libia».