“Ci aspetta una lunga camminata nel deserto”. Antonello Cracolici, ex assessore regionale all’Agricoltura, deputato regionale del Pd, l’unico ad aver votato contro le liste preparate da Matteo Renzi per le politiche, ha gli occhi ancora appannati per la lunga notte elettorale: doveva seguire lo spoglio solo per qualche ora e invece è rimasto attaccato alla tv per tutta la notte. Aveva dato appuntamento ai suoi amici alle 9 del mattino nella sede della sua segreteria politica in via Costantino Lascaris, a qualche centinaio di metri del Castello della Zisa a Palermo e ha mantenuto l’impegno. Ottimi cornetti e caffè a volontà ma un’area rarefatta da day after.
A promemoria un libro fa capolino dalla raccolta di volumi di Cracolici: “Il terremoto politico del 1994”. Solo che oggi, qui, non ci sono le truppe della gloriosa macchina da guerra di Achille Occhetto a leccarsi le ferite, ma un partito come il Pd “asfaltato” dalla gloriosa macchina da guerra del movimento Cinque Stelle che lo ha praticamente asfaltato, soprattutto in Sicilia. Cracolici non è tipo che sei riscalda o si scompone: la politica richiede lucidità e mente fredda, soprattutto in momenti come questi. Anche se è un po’ difficile fare i conti di un partito che ha chiaramente perso e serve a ben poco, oggi, dire: “Lo avevo previsto e lo avevo detto”.
I Cinque Stelle hanno conquistato voti sia nei quartieri popolari che nella centralissima via Libertà dove pure il Pd ha dato qualche segno, minimo, di vitalità. “Paghiamo per aver governato – dice Cracolici – e la gente ha addebitato a noi tutte le responsabilità: le incertezze delle famiglie, della classe media. E’ stato fatto un racconto surreale: mentre in televisione si raccontava della ripresa e di posti di lavoro in crescita le famiglie siciliane vedevano partire i loro figli per il Nord oppure raccoglievano lo sfogo dei disoccupati”. Implicitamente l’ammissione di un partito che si è allontanato dal suo elettorato di riferimento, ha praticamente smesso di essere un partito di sinistra e contemporaneamente non ha ricevuto alcun beneficio dagli innesti voluti da Renzi. Su questo Cracolici oggi non si pronuncia ma a ben vedere l’adesione di Leoluca Orlando non ha portato voti in più, il peso elettorale di Sicilia Futura dell’ex ministro Salvatore Cardinale è stato nullo tanto che la figlia Daniela si è piazzata malissimo: “Il risultato del Pd in Sicilia Occidentale è stato il peggior dato in Italia – dice Cracolici -. L’apporto dei moderati è stato nullo”. Un fallimento, insomma, lampante. E poi su Facebook aggiunge: “In Sicilia più che altrove il PD è apparso un autobus, in alcuni collegi c’erano candidati che non avevano nulla a che fare con la nostra storia. Molti dei nostri elettori non hanno votato (nell’isola c’è stata la più alta percentuale di astenuti) o hanno votato per il Movimento 5 Stelle.
L’errore politico più grande è stato fare perdere l’identità al PD, imporre una mutazione genetica al partito: grande responsabilità l’hanno avuta il segretario nazionale Matteo Renzi e il suo proconsole in Sicilia Davide Faraone”.
Non c’è l’aria di festa di chi si aspetta da un momento all’altro la capitolazione del segretario nazionale. C’è un clima diverso che un militante racconta così: “Mi sento come un tifoso dell’Inter quando la Juve vince la Champions”. Dice Cracolici: “E’ passato un altro messaggio deleterio: che la prospettiva del Pd fosse l’accordo con Berlusconi, le larghe intese. Si è parlato tanto di ripresa ma la ripresa nel Mezzogiorno non si è vista”. E dunque basteranno le dimissioni di Renzi? Da dove deve ripartire questo partito per la “camminata nel deserto” che lo aspetta? La resa dei conti è certamente in arrivo ma “il partito ha interesse che Renzi si dimetta ma ha anche interesse che Renzi rimanga nel partito – dice Cracolici -. Da dove ripartire? Dal Pd, certamente, da questo partito che deve stare all’opposizione e lavorare alla ricostruzione”. A chi paventa un accordo con i grillini rispondono secchi i militanti in un a segreteria politica che ha l’atmosfera di una vecchia sezione del Poi: “mai – dicono -. Hanno fatto tante promesse, ora lavorino per rispettarle”.