La richiesta del 9 marzo 2015 dell’Antitrust, l’autorità che dovrebbe combattere i monopoli, di togliere gli incentivi del GSE alla biomassa da sansa di olio d’oliva, di fatto contribuisce a perpetuare il quasi monopolio (oligopsonio) dello smaltimento di questo sottoprodotto agricolo.
La richiesta è contenuta in una segnalazione dell’Autorità Antitrust, presieduta dal palermitano Giovanni Pitruzzella, inviata recentemente al Governo e al Parlamento, in quanto, secondo l’autarità Antitrust, il permanere degli incentivi nell’utilizzo di questa materia prima per la produzione di energia rinnovabile e biocarburanti provocherebbe “possibili distorsioni sui mercati alimentari”. La contraddittoria e per certi versi stucchevole notizia ha come fonte l’autorevole giornale on line e Agenzia specializzata in materia energetica: “Staffetta” del 9 marzo (www.staffetta.it). Dove stà la contraddizione dell’Antitrust e perché la richiesta di togliere gli incentivi all’energia rinnovabile prodotta da sansa causa il perpetuarsi del regime oligopsonistico di cui hanno goduto i circa 30/40 sansifici autorizzati a smaltire questo prodotto in tutta italia?
Tutto nasce dalla produzione dell’olio d’oliva. L’italia come si sa, con il 15% del totale mondiale di superfici agricole coltivate ad olive, è il terzo paese produttore, dopo Spagna (25%) e Tunisia (16%). Nel 2014, l’Italia con circa 4 milioni di tonnellate di olive prodotte si è confermato il secondo produttore mondiale di olive da olio dopo la Spagna (7,5 milioni di tonnellate) e da cui deriva la sansa, sottoprodotto agricolo della spremitura. In Pratica dalla spremitura di un kg di olive, al 15/25% di olio (a seconda della varietà), si ricava mediamente il 45% di sansa e il resto acqua e fanghi . Dunque, una potenziale produzione nazionale di sanza stimabile in 1.5/1,8 milioni di tonnellate annue (a seconda se annata di produzione di carica o meno).
Tutti i seimila frantoiani italiani, circa, i produttori della materia prima sanza, fino a poco tempo fa’, prima del possibile utilizzo della sanza come combustibile per energia rinnovabile, praticamente erano costretti a conferire questo prezioso combustibile naturale ai sanzifici, l’una delle due forme legali ammesse dalle normative ambientali per smaltire questo sottoprodotto. Di fatto, prima del possibile utilizzo per la produzione di energia elettrica, i sanzifici, una delle tante corporazioni italiane, forti del regime di oligopsonio di cui godevano nella filiera, “scippavano” il prodotto ai frantoiani, per poi, estratto l’olio da sansa e i grassi residui contenuti, commercializzarne i prodotti ottenuti, fra cui la “sansa esausta”, cioè la sansa depurata dai grassi. In gran parte dei casi, a causa del trasporto e dal regime di “conferimento coatto”, un’operazione a perdere, un “costo” , piuttosto che una risorsa per la categoria dei frantoiani. Qualche esempio: la Puglia produce il 45% delle olive italiane, i frantoiani pugliesi, possono smaltire la sanza prodotte in qualche decina di stabilimenti regionali; in Sicilia che produce l’11% delle olive da olio italiano, i 900 frantoiani circa possono rivolgersi ai 6 (dico sei) sansifici regionali, in molti casi con costi a carico (a seconda dei quantitativi) sia del trasporto che dello smaltimento.
Da qualche anno, da quando sono subentrati i processi di produzione di energie rinnovabili, ed in particolare quelli di produzione di energia alimentate da biomasse da sottoprodotti agricoli, di cui la sansa (esausta o no) per il suo alto potere calorifero, rappresenta l’eccellenza, il mercato di questo sottoprodotto ha ripreso a vivacizzarsi, registrando a macchia di leopardo sul territorio nazionale, quotazioni anche molto apprezzabili e direttamente proporzionali alla presenza nel contesto territoriale di impianti energivori. In Liguria ad esempio, dove sono già diffusi diversi impianti di produzione di energia da rinnovabili da biomasse agricole, la sanza ha già fatto registrare quotazioni intorno alle 60 euro tonnellata. Per capirci, se questa cifra venisse rapportata alla quantità media italiana di sansa prodotta, supponendo che ci fosse la possibilità di utilizzarla tutta per fini energetici, stiamo parlando di un potenziale fatturato pari a circa 100 milioni di euro annui.
Ecco perché la decisione dell’autorità Antitrust di richiedere al Governo e Parlamento Nazionale di togliere gli incentivi del Gse alla produzione di energia da biomasse da sanza di olio è contraddittoria ed in contrasto con gli scopi e le finalità d’istituto per cui l’Autorità stessa nasce. In pratica, la richiesta dell’Antitrust, invece di tutelare il “mercato” e favorire la produzione dell’energia da rinnovabili, specie quelle derivante dalla valorizzazione dei sottoprodotti agroalimentari, che tanto beneficio darebbe alla bolletta energetica nazionale, al prezzo dell’energia e ai consumatori, favorisce il “mercato oligopsonistico” controllato dalla corporazione dei sanzifici.