Il dissesto, per i Comuni siciliani, è qualcosa più di una minaccia. Ma secondo la Cisl, lo spettro del default non è solo conseguenza dei mancati trasferimenti del governo regionale: i 19 milioni congelati per la disastrata situazione del bilancio della Regione e a causa della guerra per bande che paralizza politica e partiti attorno alle poltrone dell’Esecutivo. Informa la Cisl che sta per partire, nel silenzio generale, una rivoluzione dei conti che pende come spada di Damocle sui bilanci di Regione e Municipi. Scatterà il primo gennaio dell’anno nuovo e imporrà, all’una e agli altri, l’attuazione integrale del decreto legislativo 118 del 2011 che reca nuove norme in materia di contabilità pubblica. Il tema è stato al centro del dibattito organizzato a Palermo, nell’ambito delle Giornate dell’economia nel Mezzogiorno, dal sindacato guidato in Sicilia da Mimmo Milazzo. Vi hanno preso parte, con il segretario che ha tirato le fila della discussione, Pietro Busetta, presidente della Fondazione Curella e del comitato scientifico delle Giornate; Paolo Amenta, vicepresidente dell’Anci Sicilia; Luciano Abbonato, assessore al Bilancio del Comune di Palermo; Nicola Tonveronachi, esperto di contabilità pubblica e Riccardo Compagnino, consulente Cisl per le Politiche finanziarie e di bilancio.
NUOVE REGOLE E RISCHIO IMPLOSIONE. Per la prima volta, avverte la Cisl, tutte le pubbliche amministrazioni, con l’anno nuovo, dovranno adottare le stesse regole contabili. “Saranno costrette a comportarsi alla maniera delle aziende private”. Tra l’altro, elaborando bilanci consolidati che dovranno riunire assieme, in un unico aggregato, i conti dell’ente pubblico e delle sue Partecipate. “Come dire – osserva Milazzo – che dovranno, ad esempio, essere compilati insieme i conti di Comuni e Ato rifiuti. E se si pensa che il solo sistema degli Ato, non ancora superato dalle Srr, in Sicilia cumula debiti per quasi due miliardi, il rischio dell’implosione è qualcosa più di una mera ipotesi di scuola”. Anche perché, precisa Compagnino che, sempre il decreto del 2011 sperimentato finora da pochi enti ma che entrerà in vigore per tutti nel 2016, “impone l’obbligo del bilancio annuale e triennale”. Meglio: “stabilisce che, d’ora in avanti, enti pubblici e società partecipate potranno spendere, annualmente, solo se in cassa ci sarà denaro certo. Ancora, che dovranno inserire la gestione annuale per cassa nell’ambito della programmazione triennale per competenza”. Così, rilevano alla Cisl, la previsione politica dovrà essere basata, “finalmente”, sulla certezza delle entrate e delle spese.
RIVOLUZIONE E MALCOSTUME DI GOVERNO. Insomma, c’è in arrivo una rivoluzione tecnica, culturale e politica che fa a pugni, rimarca il sindacato, con il “malcostume di governo della cosa pubblica” secondo cui, per esempio, enti locali in rosso tagliano la spesa per minori, anziani e soggetti deboli ma spendono montagne di milioni ricorrendo all’artifizio contabile dei cosiddetti debiti fuori bilancio. Sono costi non giustificati dai documenti contabili e dalla dubbia ricaduta in termini di interesse pubblico, che “spesso nascondono – denuncia la Cisl – un vero e proprio danno erariale”. Ma con le nuove norme “il malvezzo non dovrebbe più essere consentito”.
SVILUPPO, STIPENDI, SPESA SOCIALE. “La nostra preoccupazione – insiste Milazzo – è che, in assenza di svolte di governo sul piano della politica di bilancio e non solo, enti locali e Regione finiscano con l’essere travolti dal dissesto. E che il collasso del sistema si traduca nell’azzeramento della spesa sociale e per iniziative di sviluppo, rendendo più problematico di quanto lo sia adesso il pagamento di stipendi e fornitori”.
RIDISCUTERE IL PATTO CON ROMA. C’è poi l’allarme che riguarda, specificamente, il fronte regionale e “l’inquietante indolenza del governo della Regione” in tema di legge di stabilità in discussione in questi giorni al Parlamento, a Roma. Prevede il ddl di stabilità che per le sole Regioni a statuto speciale, eccetto la Sardegna ma compresa la Sicilia, l’obbligo del pareggio di bilancio slitti al 2018. Vincolando però il rinvio all’osservanza del patto Regione-Stato sottoscritto nel giugno 2014. Quell’accordo impegnò la Regione a rinunciare a ogni contenzioso con il governo nazionale fino al 2017 in cambio dell’allentamento del patto di stabilità per 500 milioni. Ma in gioco, sottolinea la Cisl, ci sono svariati miliardi che affondano le radici nell’inosservanza nazionale delle norme dello Statuto. Risorse prodotte, tra l’altro, dal gettito di tributi legati ad attività d’impresa condotte in Sicilia da aziende con sede legale altrove. “Il governatore, allora, rinunciò a ogni pretesa in cambio dell’allentamento”, incalza la Cisl che si dice “allibita, adesso, del silenzio di Palazzo d’Orleans che dovrebbe invece cogliere la palla al balzo per ridiscutere quell’intesa che, sullo sfondo del rischio dissesto, pesa ancora più come ipoteca sul presente e sul futuro della Sicilia”.
DIBATTITO A PIÙ VOCI. Per Busetta è importante che si faccia luce sui tanti aspetti della realtà. Così quest’anno le Giornate dell’economia hanno voluto dedicare una riflessione alla tematica dell’emigrazione. E quanto alla Sicilia, è venuto fuori anche che “l’economia arranca con un Pil che quest’anno sarà pari a zero, l’anno prossimo crescerà di qualche decimale ma sullo sfondo del crollo verticale degli ultimi anni. Eppure, “il governo regionale pare a mezz’aria, brancolare incapace dei confrontarsi con la realtà”. “La situazione dei Comuni è un disastro”, sono parole di Amenta. “Abbiamo calcolato un buco di 80 milioni che si produrrà per effetto della nuova normativa”. I Comuni subiscono un’evasione fiscale del 50%. Il decreto legislativo 118 impone la costituzione di un fondo di garanzia pari al 36% di quel 50% e il riaccertamento dei residui che, se attivi ed esigibili, dovranno essere spalmati in trent’anni. Ma “è un dramma, la situazione è al collasso”. Tonveronachi: “Il 118 del 2011 per Regioni ed enti locali così come l’analogo decreto legislativo 91 del 2011 che riguarda lo Stato ma che resta inapplicato, danno esecuzione al progetto Ue di armonizzazione dei sistemi contabili”. In Italia s’inseriscono nel contesto generato dalla riforma del tiolo V della Costituzione che ha portato ogni Regione a dotarsi di un proprio sistema contabile: “Ne è nato un caos, una babele”. Ora “in Sicilia Regione e Comuni facciano un’operazione-verità sui conti e costruiscano con i cittadini un rapporto all’insegna della fedeltà contributiva”.