La vicenda di Erri De Luca riporta alla luce il dibattito, non solo giurisprudenziale, mai sopito sul rapporto fra diritto di espressione del pensiero, garantito dall’art.21 della nostra Costituzione e il reato di istigazione a delinquere.
Erri De Luca e’ imputato dinanzi al Tribunale di Torino del reato di istigazione a delinquere: egli, secondo l’accusa, nel corso di una intervista rilasciata avrebbe utilizzato il termine ‘sabotare’ riferendosi alla Tav, e pertanto avrebbe integrato, con questa sua frase, la fattispecie delittuosa.
Senza voler entrare nel merito del procedimento in corso, alcune considerazioni di carattere generale possono essere fatte.
Il reato di istigazione a delinquere (art.414 cp) può rientrare fra i cosiddetti ‘reati di opinione’, cioè fra quei reati il cui confine con il diritto di espressione del pensiero e’ assai labile e pertanto non poco rischioso in un paese democratico.
Per costante giurisprudenza si è ritenuto, ai fini della realizzazione del reato di istigazione a delinquere, che l’ espressione del pensiero, in astratto sempre legittima, diventi ‘illecita’ laddove questa contribuisca a causare danni a cose o persone: si è ritenuto, infatti, che l’espressione del pensiero, con la parola o con lo scritto, sconfinasse nell’istigazione a delinquere laddove tale espressione del pensiero in concreto, e cioè tenuto in conto il contesto nel quale si inserisce, potesse cagionare un danno, circostanza necessaria ai fini della esistenza del reato.
È certamente possibile, dunque, ed anzi è quasi connaturato alla struttura del reato in questione, che la parola o lo scritto possano dare origine a questa particolare condotta delittuosa, pur in presenza, come detto, di determinate condizioni.
Ci si chiede, però, se ciò non limiti il diritto costituzionalmente riconosciuto dall’art.21 della Costituzione.
Certamente, una limitazione esiste: come, però, esiste, ad esempio, nella fattispecie della diffamazione, laddove l’espressione del pensiero diventa illecita se capace di ledere la reputazione, anch’essa un diritto costituzionalmente garantito.
Interrogarsi sulla legittimità o meno che uno scrittore o un intellettuale rispondano delle proprie parole o dei loro scritti e’ certamente dovuto, ed è un esercizio compiuto con sincera passione democratica ma che deve fare i conti con le norme penali ad oggi in vigore.
D’altronde, sarebbe assai discutibile sostenere che l’intellettuale possa godere di una sorta di ‘immunità‘ dovuta al proprio status.
Ciò nonostante, e’ pur vero che la Parola, tanto più‘ se configgente con il pensiero comune e’ e deve essere un prezioso bene da salvaguardare, e proprio per questo motivo, e proprio in simili circostanze, la giurisprudenza deve valutare con la massima attenzione la Parola e la sua funzione per evitare che la provocazione non diventi reato o che il paradosso non sia punito.
In conclusione, se si può sostenere che il processo ad Erri De Luca non è un ‘mostro giuridico’, si deve comunque attendere la decisione del Tribunale di Torino che sarà determinante per meglio comprendere come i giudici risolveranno il delicato equilibrio fra espressione del pensiero e istigazione a delinquere.