Quello delle esecuzioni immobiliari è un problema che riguarda migliaia di Italiani, basti pensare che in Italia sono in essere, con probabilità di conclusione nei prossimi cinque anni, circa 250 mila aste giudiziarie, più di mille sono solo in provincia di Ragusa.
La provincia iblea è balzata agli onori della cronaca nazionale per casi eclatanti di imprenditori pronti a dare la vita pur di difendere la proprietà. Molti ricorderanno il caso di Giovanni Guarascio, il muratore vittoriese che nel 2013 si diede fuoco per difendere la casa che da lì a poco sarebbe stata venduta all’asta o, ancora, la vicenda della famiglia Pacetto di Scicli con il capofamiglia circondato da bombole di gas pronte a farle esplodere all’arrivo dell’ufficiale giudiziario.
Il tema delle esecuzioni immobiliari è molto complesso, da una parte c’è una legge che va rispettata, dall’altra ci sono persone finite in disgrazia e, nel mezzo, ci sono gli speculatori. Quest’ultima categoria va considerata guardando le due facce della medaglia, quella cioè degli acquirenti che aspettano ribassi su ribassi per poter fare l’affare del secolo e rivendere con sostanziali ricavi e quelli che, seppur nelle possibilità di pagare, organizzano dei fallimenti programmati non onorando i debiti, certi di rimanere impuniti.
I “comitati contro le aste” hanno richiesto interventi urgenti al Governo con la finalità di dare maggiore flessibilità ai debitori che vogliono pagare ma non sono in grado di farlo e di limitare i ribassi che poi portano a svalutare gli immobili provocando due effetti negativi: perdita dell’immobile per l’ esecutato e insoddisfazione per i creditori.
Con i ribassi del 20% ad ogni asta fino a quando l’immobile non viene venduto, avviene sovente che le case vengano aggiudicate a meno della metà del valore stimato dal CTU non riuscendo a coprire nemmeno il debito dell’esecutato. È successo ad esempio che S.M, della provincia di Ragusa, esecutato per un importo di 77 mila euro, si sia visto valutare dal CTU la casa per un valore di 80 mila euro, i terreni per 85 mila euro e, alla fine, il tutto è stato aggiudicato per 68 mila Euro (casa+terreni); Eclatante anche il caso di due fratelli anziani, di cui uno disabile, esecutati per un debito di 36 mila euro, con una valutazione della casa di 110.000 euro, poi venduta all’asta a 40 mila euro. Di casi come questi se ne possono raccontare a migliaia e migliaia, ma fino ad oggi dal Governo non è arrivata una misura concreta atta a dare ordine, una volta per tutte, alla materia.
L’esecutivo nazionale ci ha provato a cambiare qualcosa emanando un D.L, il n 83/2015, attraverso cui ridisegna alcuni punti fondamentali riguardo le esecuzioni immobiliari.
Di questo tema se ne è parlato a Ragusa in un convegno organizzato dall’Ordine dei Commercialisti che ha voluto incentrare l’attenzione sugli aspetti tecnici del Decreto aprendo un confronto interno sulle modalità da seguire per affrontare una materia molto delicata e sentita. Difficilmente, infatti, si era visto un congresso dei commercialisti così partecipato, segno che la materia interessa tantissime persone che vorrebbero delle risposte concrete in merito.
Ma cosa cambia davvero con il D.L. 83/2015? Lo abbiamo chiesto a Daniele Manenti, presidente provinciale dell’Ordine dei Commercialisti di Ragusa.
«L’iniziativa legislativa avviata dal governo con il D.L 83/2015 convertito poi con la legge 132/2015- afferma Manenti (nella foto in alto)- ha come principale obiettivo quello di modernizzare e rendere più efficiente il sistema giustizia nel nostro paese, rimuovendo principalmente alcune criticità fino ad oggi esistenti, nell’ambito del processo esecutivo e delle procedure concorsuali, che di fatto hanno impedito ai creditori di recuperare rapidamente i propri crediti. Tutte le statistiche confermano che la durata media di un processo esecutivo in Italia è di 1390 giorni con un costo di circa il 18% mentre in paesi come la Francia il tempo medio di incasso è di 75 giorni, in Spagna è di 169 giorni e in Germania di 175 giorni e il costo medio di recupero in questi paesi oscilla tra il 10 e il 12%. Tutto questo non aiuta certamente la competitività del nostro sistema paese. Oggi- continua Manenti- è più che mai chiaro che il sistema giustizia è una infrastruttura indispensabile perché il tessuto produttivo del Paese possa modernizzarsi e recuperare quella competitività che è la pre-condizione per la crescita. È finito il tempo, semmai vi è stato, in cui si poteva considerare la giustizia come una sorta di variabile indipendente dall’economia. E tutti sono convinti che un sistema economico per svilupparsi ha bisogno di un sistema giustizia capace di garantire tempestività prevedibilità ed efficienza».
Le Novità del Decreto
«Il D.L. – spiega Manenti- ha introdotto importanti novità in materia di esecuzione civile, ispirate, nel loro complesso, all’obiettivo di rafforzare i meccanismi di soddisfacimento dei creditori e al contempo sono state varate alcune misure volte a contenere gli effetti della crisi economica nei confronti dei debitori, con l’introduzione di limiti alla possibilità di pignoramento di pensioni e stipendi e la possibilità, per il debitore, di accedere a meccanismi di composizione della crisi da sovraindebitamento o a più favorevoli modalità di rateizzazione delle somme richieste in sede di conversione del pignoramento. Le modifiche introdotte – sostiene ancora il presidente dell’Ordine dei Commercialisti- intervengono principalmente sulla disciplina dei pignoramenti che è il principale atto esecutivo con il quale il creditore vincola giuridicamente i beni del debitore per soddisfare i propri crediti, rendendo più rapido l’espletamento dei pignoramenti in caso di compimento da parte del debitore di determinati atti dispositivi sui beni assoggettabili all’esecuzione ed ancora più agevole la ricerca dei beni pignorabili, semplificando ed accelerando le procedure di vendita giudiziale ed introducendo meccanismi di accertamento del valore economico del bene pignorato volti a determinarne il reale ammontare. Sono state introdotte delle novità sulla disciplina delle vendite giudiziarie ed in particolare sul regime della pubblicità che ora dovranno essere inserite nell’area Web del portale del Ministero della Giustizia.
Con riferimento per esempio alla pignorabilità di stipendi e pensioni, si stabilisce che il quinto pignorabile dell’assegno pensionistico debba essere determinato non sull’intero importo della pensione, ma sulla differenza tra questo e il cosiddetto minimum vitale, ora fissato per legge in misura pari all’assegno sociale, aumentato della metà; e che le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza”, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito su conto bancario o postale intestato al debitore abbia luogo in data anteriore al pignoramento, mentre quando esso abbia luogo alla data del pignoramento o successivamente ad esso, tali somme possano essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma dell’art. 545, nonché dalle speciali disposizioni di legge. E dall’altro lato, il numero massimo di rate concesse in caso di conversione del pignoramento su istanza del debitore viene elevato dalle attuali diciotto a trentasei.
Un’altra novità importante, per dissuadere i debitori a “liberarsi” dei propri beni prima del pignoramento attraverso per esempio il conferimento di tali beni in Fondi patrimoniali o in Trust, o attraverso atti di liberalità è stato introdotto l’art. 2929-bis c.c. , (“Espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito”), norma che prevede una forma semplificata di azione esecutiva, qualificata come espropriazione, che potrà essere esercitata dal creditore pregiudicato da atti dispositivi a titolo gratuito o relativi a beni assoggettati ad un generico vincolo di indisponibilità. Nel vigente assetto normativo, il creditore può esercitare, a fronte del compimento di tali atti dispositivi successivi al sorgere del credito, un’azione revocatoria finalizzata ad ottenere l’inefficacia del trasferimento di tali beni, situazione che prolungava enormemente i tempi di recupero atteso che il pignoramento non poteva essere esperito prima del passaggio in giudicato della sentenza che decide sulla prima. La nuova disciplina introduce, allora, un’azione revocatoria semplificata, che può essere esperita dal creditore direttamente con il pignoramento e, quindi, contestualmente all’esercizio dell’azione esecutiva purchè il pignoramento venga trascritto sui beni entro un anno dalla trascrizione degli atti pregiudizievoli».
In Italia un milione di persone rischiano di perdere la casa
Manenti poi analizza l’aspetto più umano della vicenda e commenta: «in Italia, considerato il numero di aste in corso e considerando anche il fatto che mediamente un nucleo familiare è composto da 4 persone, circa un milione di persone rischiano potenzialmente di trovarsi tra non molto senza una casa: ciò non significa semplicemente senza la proprietà della casa, ma soprattutto senza ciò che essa rappresenta in termini affettivi e in certo senso identitari. Il fenomeno rivela un rischio serio per il sistema bancario, già messo a dura prova dall’ampia mole di impieghi classificati a contenzioso per effetto del fallimento di molte imprese, Basti pensare che a luglio 2015 l’ammontare delle sofferenze bancarie in Italia è di euro 197 miliardi di euro ed in provincia di Ragusa l’ammontare di tale sofferenza alla medesima data è di circa 920 milioni di euro. A fronte del crollo del mercato immobiliare, capita spesso che le banche non riescano a vendere gli immobili pignorati, trovandosi così a sostenere pesanti costi di gestione. Oppure capita che si trovino costrette a vendere a un prezzo troppo basso per recuperare il proprio credito.
Si tratta di un problema complesso, perché ha molte sfaccettature. Innanzitutto, va ad aggravare la già pesante emergenza abitativa, da tempo sfociata nel fenomeno delle occupazioni abusive, diffuso ormai su tutto il territorio nazionale. Ne conseguono spesso manifestazioni di protesta, che portano tensioni sociali e, quindi, problemi di ordine pubblico, con costi che finisce per pagare l’intera collettività: costi, ad esempio, per gli interventi sanitari, per i servizi sociali, per le forze dell’ordine.
Noi come commercialisti, professionisti in generale, comprendiamo bene i drammi umani e sociali che esistono dietro le procedure esecutive, siamo prima che professionisti, persone e cittadini ed operiamo in tale ambito come ausiliari del giudice e quindi al servizio dello Stato, e cerchiamo di farlo nella stragrande maggioranza dei casi con grande senso di responsabilità, ma soprattutto di massimo rispetto per i tanti cittadini che si trovano a vivere, loro malgrado, tali esperienze che segnano inevitabilmente in maniera indelebile la vita delle persone. Questo è il sistema delle regole che abbiamo, che la politica ha scelto di dare a tutti noi. Se vogliamo cambiare le cose deve essere la politica a farlo.
Trovo estremamente ingeneroso affermare, come qualcuno fa, che l’attuale sistema, dove è previsto l’intervento di un professionista delegato alla custodia o alla vendita dell’immobile oggetto di pignoramento, è un sistema di privatizzazione delle aste immobiliari, dove i professionisti molto spesso vengono dipinti come degli speculatori. Tale affermazioni, assolutamente gratuite, a mio modo di vedere, pronunciati dai alcuni rappresentanti di quei movimenti che si autodefiniscono contro le aste giudiziarie, rischiano veramente di accrescere le già alte tensioni sociali nel nostro territorio, soprattutto verso quei professionisti che hanno deciso, di essere ausiliari del giudice. Occorrerebbe- conclude Manenti- invece una maggior senso di responsabilità da parte di questi movimenti che dovrebbero far sentire la propria voce per sensibilizzare i cittadini e soprattutto la politica ad intervenire tempestivamente per risolvere il problema delle aste giudiziarie a livello legislativo».
Mariano Ferro: «Un Decreto troppo leggero, non c’è la volontà di cambiare»
Proprio alle ultime parole dette da Manenti si lega il ragionamento di uno dei simboli della lotta contro le esecuzioni immobiliari, Mariano Ferro, leader dei Forconi.
«Se spesso i movimenti contro le aste, tra i quali ci siamo anche noi – dichiara Ferro – se la prendono con i professionisti delegati è perché si sono riscontrati dei fatti poco piacevoli. È normale che non si può fare però di tutta l’erba un fascio, ci sono professionisti che svolgono il ruolo di delegati con molta professionalità, ma non dobbiamo dimenticare che ci sono stati scandali che hanno coinvolto magistrati, cancellieri e avvocati, questi avvenimenti ci ricordano che bisogna tenere sempre alta la guardia. Quelli del malaffare e della speculazione – continua ancora il leader dei Forconi- sono fenomeni purtroppo diffusi, per tale motivo la nostra soglia di allerta è sempre alta.
Quello che però mi preme dire- asserisce ancora Mariano Ferro- è che i movimenti no aste non hanno come obiettivo il professionista delegato, ma hanno come obiettivo il legislatore che, nel caso specifico del D.L. 83/2015 è stato troppo leggero nelle modifiche. Prendiamo ad esempio uno dei temi più importanti, il ribasso d’asta, in questo caso il legislatore ha lasciato discrezionalità al giudice che può disporre o bloccare l’asta a discrezione, questo credo che sia un errore gravissimo, avrebbero dovuto mettere un tetto al di sotto del quale il ribasso non può andare, evitando così che debba essere l’esecutato a fare istanza al giudice che può accoglierla o rigettarla.
Le proposte e la polemica
Poi Mariano Ferro parla di due proposte concrete avanzate dai Forconi: «noi- dice Ferro- insistiamo su 2 emendamenti, uno è che l’immobile che viene comprato all’asta non può essere venduto prima dei vent’anni, il secondo, come dicevo prima, è il tetto al ribasso d’asta. Sono emendamenti che abbiamo rappresentato a diversi politici. Il problema principale è che il legislatore non vuole affrontare seriamente questa tematica, questo accade soprattutto quando chi deve fare le leggi tende a favorire gente che con le aste ci va a nozze, mi riferisco, ad esempio, a Davide Serra che, come è stato più volte detto dai media, è uno che compra alle aste, ma allo stesso tempo è uno dei maggiori finanziatori delle campagne elettorali del premier Renzi».
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