Ex Pip, il richiamo di imprese e cooperative: Parlamento e governo si occupano delle aziende, anche i lavoratori privati hanno bisogno di vivere

Ha cominciato Confindustria Palermo un paio di giorni fa con un comunicato molto severo: basta con questo dibattito sui Pip o ex Pip che dir si voglia, era il senso, il Parlamento regionale e il governo pensino alle imprese. Il tema, ormai è noto, è quello della verifica sui redditi dei Pip avviata dall’amministrazione regionale: l’ultimo scoperto aveva un reddito di 500mila euro. E subito si sono levati gli scudi di molti politici, anche del Pd, i quali hanno chiesto al governo regionale di reintegrare chi era stato sospeso e di fare differenza tra il reddito personale e quello familiare e dunque di abolire i controlli sulla base dell’Isee. Ancora ieri il deputato regionale Mariella Maggio è intervenuta sul tema con una tesi chiara: rispettare lo stato individuale di svantaggiato sociale: «La vicenda che ha investito in questi giorni i Pip dopo la verifica reddituale deve trovare soluzione senza creare sperequazioni, sostenendo le situazioni di bisogno di quei soggetti che hanno vere condizioni di svantaggio sociale. Presenterò dunque un emendamento all’articolo 16 alla Finanziaria per ricostruire la situazione di partenza, cioè lo stato individuale di svantaggio sociale. I controlli effettuati hanno evidenziato che su 3300 soggetti Pip sono solo 85 quelli che si trovano nelle condizioni che hanno fatto scaturire le esclusioni, ovvero i dati di riferimento suffragano l’esistenza e la persistenza di una vasta area di disagio. E tra questi 85, vi sono dei soggetti da recuperare per condizioni familiari o personali oggettivamente difficili. Eliminare tout court il vincolo del reddito non è la strada migliore, ma occorre valutare la vicenda improntandola al rispetto della legge e tutelando nel contempo i diritti delle fasce deboli, quindi differenziando i casi, fra i quali quelli che coinvolgono persone ridotte alla disperazione. Per ciò che riguarda gli Asu – aggiunge il deputato regionale del Pd -, dopo la verifica della situazione reddituale svolta dal Dipartimento, se il Governo regionale dovesse decidere di stabilire dei criteri, in ogni caso questi non dovranno essere penalizzanti». Un tema che però era già stato abbondantemente chiarito dal presidente della regione Rosario Crocetta: «Con la finanziaria del 2013 abbiamo salvato gli ex Pip di Palermo che dovevano essere licenziati poiché era finita la copertura di legge e la costituzione della “Social Trinacria” era totalmente illegale e illegittima. In questi mesi abbiamo svolto un’attività di inserimento progressivo dei precari nel lavoro e contemporaneamente un lavoro di moralizzazione, che ha escluso ricchi e persone coinvolte nella criminalità. Abbiamo sostenuto i Pip bisognosi e che vogliono lavorare e lo continueremo a fare perchèé vogliamo aiutare i poveri, ma nessuno si illuda che interromperemo il percorso di moralizzazione e liberazione di tale bacino dalla mafia e dalle
clientele».
Ed ecco che in questo dibattito si sono inserite le imprese: «L’Ars rischia di fare macelleria sociale al contrario – si legge in un comunicato di Confindustria Palermo -. Perde tempo con gli ex pip e toglie risorse e attenzione alle imprese. Il Parlamento oggi non si accorge che salvare gli ex Pip, alcuni di questi con redditi che certamente non necessitano di un sussidio, è una manovra estremamente pericolosa e che alla Sicilia porterà solo effetti negativi. Il prezzo di queste operazioni pseudo-populiste è alto, e a pagare il conto sono sempre i lavoratori del privato e le imprese. I lavoratori delle aziende private hanno standard di professionalità, efficienza e produttività eccellenti nella stragrande maggioranza dei casi. Eppure quando un’azienda chiude, tornano a casa. Non bloccano strade, non tengono sotto ricatto una classe politica. Sono loro che reggono il peso della produzione, quella vera. Così come le imprese, gli imprenditori rischiano, investono, scommettono con le proprie forze e le proprie tasche. Questa è la strada, a questa economia si deve ridare fiato. L’Ars non può più garantire alcuna forma di sussidio per qualsivoglia precario. Ora più che mai la Sicilia ha bisogno di rigore e sviluppo». A Confindustria si è accodata l’Ance di Palermo, l’associazione dei costruttori: «Il salvataggio dei precaria a tutti i costi non giova alle casse della Regione, ma soprattutto non gioverà ad imprese e lavoratori che rappresentano il tessuto sano e produttivo della Sicilia. Condividiamo pienamente la posizione espressa da presidente Alessandro Albanese – dice il presidente di Ance Palermo, Fabio Sanfratello – anche l’associazione dei costruttori palermitani si è ripetutamente espressa contro una politica regionale che pensa solo a salvaguardare dipendenti pubblici e precari e non si cura affatto delle migliaia di lavoratori dell’edilizia disoccupati e delle imprese sull’orlo del fallimento. Anche i cosiddetti cantieri di lavoro, che dovrebbero partire nei prossimi giorni, sono una risposta sbagliata e clientelare alla crisi. Con i 50 milioni destinati a questi cantieri fasulli, si potevano aprire cento cantieri veri, da 500.000 euro ciascuno, per rifare una strada piena di buche o riparare una scuola pericolante o altre opere necessarie. Anche questi avrebbero dato occupazione e la collettività avrebbe avuto un beneficio».
E chiude: «Siamo stanchi di appelli che finiscono nel vuoto. E’ necessario invertire immediatamente la rotta. E’ fondamentale che chi ci governa faccia anche delle scelte impopolari, mandando a casa chi non produce e aiutando, con concretezza, le imprese che, invece, producono ancora reddito e occupazione. E il primo passo fondamentale – come abbiamo detto nei giorni scorsi – sarebbe quello di liquidare tutti debiti della Pubblica amministrazione verso centinaia d’imprese edili che oramai aspettano da anni».
E infine è intervenuta anche Legacoop, che non si può certo definire una organizzazione padronale: «Il dibattito aperto all’Ars per salvaguardare gli ex pip licenziati ha dell’incredibile. Siamo di fronte alla più grave crisi economica che l’isola ricordi dal dopoguerra, con migliaia di imprese che attendono i pagamenti da parte della Regione e degli enti locali. Eppure dentro Palazzo di Normanni si blocca il dl pagamenti alle imprese e ci si interroga su come fare a salvaguardare chi, pur non avendo necessità, ha ricevuto un sussidio pubblico -. dice Filippo Parrino, vicepresidente di Legacoop Sicilia che si unisce al coro di proteste partite dalle associazioni datoriali -. In quel dl pagamenti che avrebbe sbloccato quasi un miliardo di risorse non ci sono solo multinazionali ma anche tante cooperative siciliane che rischiano di chiudere. Ma questo, evidentemente ai deputati interessa poco. Meglio cavalcare la solita e collaudata politica populistica a favore di chi da 20 anni bloccando strade e minacciando ritorsioni riesce ad ottenere sempre quello che vuole. Basta con le polemiche di sempre. Basta con la politica clientelare che ha rovinato la Sicilia. Si guardi avanti. E alla Sicilia che ogni giorno combatte in silenzio la difficoltà di questi tempi e gli si diano finalmente risposte».