Ex provincie Sicilia, si vota il 29 Novembre, tra le polemiche. I presidenti dei Liberi consorzi dei comuni e i sindaci delle città metropolitane, che in Sicilia prendono il posto delle Province regionali, verranno eletti il prossimo 29 novembre. Questo è quanto ha deciso la giunta regionale con una delibera. Ma il governo Renzi potrebbe impugnare tutte o in parte le modifiche proposte dal parlamento regionale all’impianto originale delle legge. Il 7 ottobre scadrà il termine ultimo entro il quale il Cdm potrà pronunciarsi adducendo alcuni profili di incostituzionalità.Due potenziali profili di incostituzionalità, teoricamente oggetto di impugnativa del Consiglio dei ministri, sono l’assenza di “voto ponderato” (il voto del consigliere del Comune più grande “pesa” quanto quello del Comune più piccolo) e il limite temporale posto per essere eletto, ovvero almeno 18 mesi di mandato da sindaco da compiere. A questo, poi, si aggiunga che la legge Delrio “pura” prevedeva che il sindaco del capoluogo di Provincia diventasse naturalmente il nuovo presidente del Libero consorzio o della città metropolitana.
La data fissata esclude la candidatura di sindaci, circa 150 in tutta la Sicilia, il cui mandato scadrà entro i prossimi 18 mesi. Tra le vittime eccelenti c’è il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, che non potrà guidare la prima città metropolitana di Palermo. L’ultima data utile per partecipare era il 21 novembre.
“La scelta di tale data – dice il Governatore Rosario Crocetta – è legata alla necessità di rendere nota la prima applicazione delle nuove procedure e alla necessità di dare ai sindaci un periodo più ampio possibile, per consentire loro di preparare le candidature e raggiungere gli accordi necessari”. Dal canto suo Orlando dice poche ma lapidarie parole: “La data e la scelta politica che la sottintende si commentano da sole”.
La legge regionale 15/2015, che in Sicilia recepisce quasi per intero la “Delrio” nazionale, istituisce 6 Liberi consorzi e 3 Città metropolitane. Resta adesso l’incognita delle scadenze. La legge stabilisce che i due enti intermedi avranno competenze proprie in materia di servizi sociali e culturali, di sviluppo economico, di organizzazione del territorio e tutela dell’ambiente. La riforma inoltre dispone che gli enti di area vasta stabiliscano entro tre mesi la propria dotazione organica e offre la possibilità di formare nuovi liberi consorzi di comuni che abbiano i requisiti di continuità territoriale e una popolazione non inferiore a 180 mila abitanti. Il personale che resterà assegnato ai nuovi enti o che andrà in mobilità sarà individuato con decreto del presidente della regione, previa delibera di giunta su proposta dell’assessore regionale alle autonomie locali, sentite le principali organizzazioni sindacali.
ANCI. “Pur ritenendo di estrema importanza per la Sicilia una legge di riordino sul governo del Territorio, a parere della scrivente Associazione, la strada intrapresa fa sorgere serie perplessità sulla legittimità costituzionale di certe disposizioni che, peraltro, rischiano di determinare gravi problematiche applicative”.
E’ quanto scrivevano il 4 agosto scorso, appena 5 giorni dopo l’approvazione della Riforma delle ex province, i sindaci siciliani al Premier Matteo Renzi, al Ministro dell’interno Angelino Alfano e, per conoscenza, anche al presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone.
A distanza di un mese e mezzo e all’indomani del provvedimento di giunta con il quale si stabilisce per il 29 novembre la data delle elezioni di secondo livello per scegliere presidenti dei Liberi Consorzi e sindaci delle città metropolitane, l’Anci torna a ribadire i concetti espressi in quella lettera ed a chiedere un incontro al governo nazionale.
Lo scopo non è dichiarato ma appare chiaro che si vuole bloccare l’applicazione della riforma considerata costituzionalmente discutibile e soprattutto pericolosa per alcuni aspetti.
“Innanzitutto non è assolutamente chiaro il quadro finanziario – scrivono i sindaci – che consentirà di svolgere le funzioni assegnate ai Liberi consorzi e città metropolitane, restando ancora aperto (solo per le ex province siciliane) il nodo relativo alle misure necessarie a compensare la riduzione dei trasferimenti nazionali. Le disposizioni previste dall’art. 46 circa l’obbligo di predisposizione di un bilancio di previsione solo annuale e la possibilità dell’utilizzo dell’avanzo di amministrazione per garantire il pareggio finanziario destano, da un canto, forti dubbi di legittimità e, dall’altro, perplessità circa la loro portata strutturale”.
Ma le perplessità dei sindaci non sono solo di ordine finanziario. Esistono consistenti rischi occupazionali: “Non è stata in nessun modo affrontata, per altro verso – sottolineano – la questione relativa al personale e dell’obbligo di ridurre del cinquanta per cento l’organico”.
Gravi vulnus sarebbero riscontrati anche nel percorso democratico per l’elezione ”Altro aspetto della norma approvata dal legislatore regionale che fa sorgere forti perplessità è quello della mancata individuazione puntuale degli amministratori in possesso dei requisiti di candidabilità – fanno notare – Si tratta, com’è di tutta evidenza, di una norma che mina alla radice la certezza della partecipazione di un insieme significativo e rappresentativo del corpo elettorale da individuare per queste elezioni di secondo livello”.
“Fortissime perplessità lascia la norma che individua per alcuni comuni un percorso privilegiato e diverso rispetto all’appartenenza al Libero consorzio o alla Città metropolitana – denunciano – D’altro canto la Legge regionale non ha previsto nessuna di quelle condizioni che avrebbero consentito la sostenibilità di una riforma così complessa in sede di prima attuazione”.
Insomma la riforma esiste solo sulla carta, i decreti di attuazione non sono stati emanati, le risorse non ci sono, il corpo elettorale e la scelta dei candidabili nemmeno. in una parola chi dovrà votare cosa a fine novembre?