Nel 2015, dopo 5 anni di costante crescita, finalmente si è registrato un calo dei fallimenti delle imprese italiane. Nell’anno che si è appena concluso le imprese che hanno portato i libri in Tribunale sono state 14.416, contro le 15.605 del 2014. Un calo in un solo anno del 7,6%, corrispondente a 1.189 casi in meno, un segnale positivo dal mercato che lancia segnali positivi per il futuro.
Il trend positivo che ha caratterizzato il 2015 trova conferma nei numeri. Dal 2009 ad oggi infatti il numero di fallimenti registrati a fine anno è sempre stato in crescita, toccando la sua punta massima nel 2014. Erano 9.383 nel 2009, 11.286 nel 2010, 12.169 nel 2011, 12.463 nel 2012, 14.269 nel 2013, 15.605 nel 2014. Finalmente, dopo 5 anni, c’è stata un’inversione di tendenza, sottolineata dal calo delle imprese che hanno portato i libri in Tribunale nel 2015.
E’ la fotografia dell’Analisi dei fallimenti in Italia, aggiornata a fine 2015, realizzata da CRIBIS D&B, la società del Gruppo CRIF specializzata nella business information.
“I dati relativi mostrano finalmente alcuni spiragli di ripresa per le nostre imprese – commenta Marco Preti, Amministratore Delegato di CRIBIS D&B -. Abbiamo registrato infatti a fine 2014 un record negativo di fallimenti, mentre nel 2015 i numeri del nostro osservatorio ci fanno ben sperare, anche perché trovano conferma anche nei dati sui pagamenti, la fotografia più aggiornata e “fresca” dello stato di salute delle aziende,che mostrano una riduzione dei ritardi gravi rispetto allo stesso periodo dello stesso anno.”.
“Questo miglioramento non deve però fare abbassare la guardia. Rispetto a giugno 2009 infatti la percentuale dei fallimenti è comunque più elevata del 53,6%.” Quindi che cosa fare? “Due aree sono fondamentali”, continua Marco Preti, “ continuare a investire nella gestione del credito commerciale e sapere individuare i clienti e i partner su cui investire di più, anche da un punto di vista dell’affidabilità finanziaria. In questi anni le aziende che hanno performato meglio e che si sono difese efficacemente da fallimenti, insoluti e ritardi nei pagamenti sono quelle che hanno saputo fare queste due cose, investendo in procedure e strumenti per migliorare la propria gestione del credito e il proprio cash management e sapendo intercettare contemporaneamente le nuove opportunità”, conclude Preti.
I fallimenti nel 2015, l’analisi territoriale
La distribuzione sul territorio nazionale dei fallimenti è strettamente correlata alla densità di imprese attive nelle diverse aree del Paese.
La Lombardia si conferma la regione d’Italia con il maggior numero di fallimenti con 3.015 casi nel corso del 2015. Dal 2009 ad oggi si contano 19.593 imprese lombarde fallite.
La seconda più colpita è il Lazio, con 1.621 imprese chiuse nel 2015 e un’incidenza sul totale Italia dell’11,2%. Segue il Veneto con 1.348 casi e relativa incidenza del 9,4%. Seguono, per completare le prime dieci posizioni la Campania con 1.223 fallimenti, la Toscana (1.130), l’Emilia Romagna (1.084), il Piemonte (993), la Sicilia (788), la Puglia (654) e le Marche (441).
All’ultimo posto della classifica c’è Aosta con solo 17 fallimenti, per un totale di 93 fallimenti dal 2009.
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I settori merceologici: chi va meglio e chi è in crisi
Il commercio al dettaglio è il settore più in crisi con i suoi 4.569 fallimenti, con un calo dell’1,6% rispetto ad un anno fa. Segue l’edilizia, con 3.071 casi e un calo del 7,6% rispetto al 2014. I servizi vari seguono con 3.053, poi l’industria che ha registrato 2.857 chiusure ma anche un calo del 12,3% di casi rispetto all’anno precedente.
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