Davide Faraone è stato nominato segretario regionale del Partito Democratico siciliano. Niente gazebo e soprattutto niente primarie. A causa del ritiro della sua avversaria, Teresa Piccione, la candidata dem vicina all’area Zingaretti, il senatore renziano è stato nominato direttamente dalla commissione regionale. Oggi Faraone, accompagnato dai sui sostenitori, ha aperto simbolicamente la sede di via Bentivegna, chiusa e senza dipendenti ormai da tempo a causa di problemi finanziari, e dentro ha trovato però macerie.
Come ha scritto giustamente il collega Salvo Toscano su LiveSicilia, Faraone è un segretario senza partito. Il Pd infatti non ha una sede, non ha un tesseramento certificato (l’ultimo è del 2016), ha circoli territoriali o chiusi da anni o commissariati, e questo “Congresso” (se possiamo definirlo tale) ha creato una spaccatura profonda che difficilmente verrà sanata.
Intanto mentre Faraone “apre” il Pd a forze moderate e popolari alternative a Lega e 5 stelle, i suoi avversari preparano le carte bollate. Stamani infatti è stato presentato un ricorso alla commissione regionale di garanzia del Pd, presieduta da Giovanni Bruno, dagli esponenti dem Vincenzo Lo Re, Agata Teresi, Franco Nuccio e Domenico Pirrone (membri della commissione regionale per il congresso) che chiedono di dichiarare “nulla” la comunicazione dell’elezione di Davide Faraone a segretario del partito siciliano e “fuori termine” la presentazione delle liste con i 180 candidati all’Assemblea regionale.
Teresa Piccione lo ha definito un “segretario illegittimo” e lo attacca: “fa specie ed è paradossale sentire dire che “il Pd è morto”, da chi lo ha gestito a livello nazionale e regionale e ora si ritiene segretario, senza che nessuno che l’abbia votato: né iscritti né elettori”. L’ex deputata prepara un tour in giro per la Sicilia “per raccontare agli iscritti e agli elettori la verità sullo stato del Pd e in vista delle primarie nazionali”. Insomma non si arrende e rilancia.
Lunedì intanto è stata preannunciata, via social, un’assemblea provinciale del Pd a Palermo, a cui parteciperà la Piccione. Per non parlare dei congressi provinciali dove si rischiano altri ricorsi e altre liti.
Faraone vuole aprire a giovani, alle donne, vuole costruire una piattaforma digitale, ma il partito è dilaniato e la strada per rimetterlo in piedi (un partito che fino ad un anno fa governava la Sicilia e il Paese) sarà lunghissima. Basteranno idee nuove per rilanciarlo? In tutto questo c’è il Congresso nazionale a marzo, le elezioni europee a maggio (chi farà le liste?) e c’è sempre il rischio che la querelle Faraone-Piccione finisca in Tribunale. L’unica cosa certa, oltre le macerie, è quella che gli elettori hanno abbandonato il partito.
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