L’ultima scoperta è una tavola di santa Caterina d’Alessandria conservata per 32 anni in una cassa al convento dei Cappuccini di Palermo. Ma è solo una delle pitture fiamminghe, risalenti al periodo d’oro tra il Quattrocento e il Seicento, conservate nei musei, nelle chiese e nelle collezioni private della Sicilia. Una selezione significativa di 52 dipinti (di cui 21 tavole) sarà in mostra, dal 28 marzo al 28 maggio, nella sala duca di Montalto di palazzo dei Normanni. L’esposizione “Sicilië, pittura fiamminga” – curata da Vincenzo Abbate, Gaetano Bongiovanni e Maddalena De Luca – è promossa dalla fondazione Federico II. Il percorso espositivo segue due nuclei tematici: da un lato le opere presenti in Sicilia e riconducibili al collezionismo e alla committenza artistica; dall’altro gli artisti di origine fiamminga e olandese attivi e inseriti nel tessuto sociale e culturale siciliano del tempo”.
“Quella che in queste opere si riflette – ha detto Patrizia Monterosso, direttrice generale della Federico II – è una Sicilia che ha saputo dialogare con la cultura del Nord Europa, capace di attrarre a sé i grandi maestri d’arte fiamminghi”.
Oltre alla tavola su santa Caterina, nella mostra sono presenti molte opere con soggetti religiosi. “Erano destinate alla devozione. Ce n’era anche troppa, era la critica di Michelangelo – ha ricordato Abbate – secondo cui avrebbe fatto piangere preti, donne anziane e molto giovani. Ma anche per questo la pittura fiamminga era scelta. E non bisogna dimenticare che, nel clima della Riforma, veniva per lo più rappresentato il sacrificio di Cristo”.
Tra i dipinti più importanti è il Trittico di Malvagna di Jean Gossart detto Mabuse: rappresenta una Madonna col bambino tra angeli, santa Caterina d’Alessandria e santa Dorotea. Sul retro del pannello si trova lo stemma della famiglia dei Lanza che ebbe una parte importante nella vita economica e politica siciliana. Di grande rilievo artistico anche la “Deposizione” di Jan Provoost, la “Madonna con bambino” e la “Crocefissione” di Anton Van Dick allievo di Rubens, la “Circoncisione” di Simone de Wobreck, “La morte di Catone” e “Seneca svenato” di Mattia Stomer. La selezione delle opere risponde all’incontro tra l’arte italiana e quella fiamminga. Dagli italiani i fiamminghi appresero la prospettiva, dai fiamminghi gli italiani ripresero la pittura a olio, la posa di tre quarti, le velature. Le opere più antiche giunsero in Sicilia dalle Fiandre per i canali del mercato dell’arte di Genova e Napoli. La tecnica fiamminga suscitò subito interesse perché conferiva al dipinto una nitidezza e una luminosità che richiamava ambienti e paesaggi della Sicilia. E proprio in quel periodo la ventata caravaggesca influenzò la pittura fiamminga in Sicilia con Rubens, Van Dick, Honthorst, Stomer. Grandi committenti furono la Chiesa e l’aristocrazia. L’alta presenza di opere di artisti delle Fiandre in Sicilia viene considerata dai curatori una “merce di lusso, molto ricercata” e in qualche modo estranea al movimento artistico siciliano.
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