Finta antimafia, adesso basta. Più controlli sulle associazioni antiracket sono stati decisi dal Ministro della Giustizia, mentre Nicola Gratteri lancia un allarme: «Le associazioni antimafia stanno diventando un business e bisogna smetterla di erogare contributi in maniera così consistente». A dirlo è il procuratore aggiunto della Repubblica di Reggio Calabria, Nicola Gratteri. «Così come bisogna smetterla – ha detto ancora Gratteri – di fare intervenire gli studenti a incontri molto spesso inutili sulla legalità e sulla criminalità organizzata. Magari si potrebbero organizzare di pomeriggio in orari extrascolastici, e non di mattina quando i ragazzi devono fare lezione. Basta, insomma, con l’antimafia di parola e di maniera».
Ecco stralci dell’intervista rilasciata da Gratteri al Quotidiano Nazionale (qui il link con l’intervista integrale):
“Non si può fare dell’antimafia un mestiere. Invito politici ed enti locali a non erogare più denaro pubblico ad associazioni che nascono dal nulla».
Dottore, si riferisce a qualcuno in particolare con questo j’accuse contro i professionisti dell’antimafia?
«Le indagini sono in corso, non posso fare nomi. Ma ci sono casi di soggetti che hanno ricevuto importi che sfiorano il milione di euro di contributi. Gente furba che si fa vedere vicino a magistrati e vittime di mafia ma che, in realtà, non ha mai prodotto nulla. Persone che ottengono la legittimazione tenendo incontri nelle scuole e magari relegano nell’ombra chi, davvero, i crimini di mafia li ha vissuti sulla propria pelle».Serve una sforbiciata netta?
«Invito davvero politici e amministratori di Regioni, Province e Comuni a tagliare questi contributi».Ma, allora, come si spiega la mafia ai giovani?
«Invece che fare incontri molto spesso inutili nelle scuole, si assumano insegnanti, iniziando dai territori ad alta densità mafiosa. Si dia modo ai ragazzi di fare il tempo pieno, anziché rimandarli a casa, col rischio che si nutrano di cultura mafiosa».
Intanto va registrato un giro di vite contro il proliferare di associazioni antiracket, che spesso nascono unicamente per avere fondi (senza alcun progetto) o per lucrare sulla costituzione di parte civile nei processi per mafia, estorsione e usura. Un decreto del Ministero della Giustizia disciplina i requisiti che regolano l’ iscrizione agli elenchi di associazioni e fondazioni antiracket e antiusura, nonché di persone fisiche che agiscono in qualità di associati, amministratori e promotori. Tra le condizioni ostative previste per l’ iscrizione e il mantenimento di questa, compare la capacità degli enti nel dimostrare specifica capacità di operare nel settore di riferimento, collaborando continuativamente con le forze dell’ ordine attraverso attività di prevenzione e/o contrasto al racket e all’ usura; si aggiunge a ciò la compresenza, non più alternativa, dei requisiti di costituzione di parte civile in almeno un procedimento (nell’ arco di un periodo biennale, suggeriscono i giudici) e della attività di sensibilizzazione delle vittime alla denuncia degli autori dei reati. Infine, rileva la promozione di campagne educative e di diffusione della cultura della legalità. Il regolamento prevede quindi più assistenza e solidarietà per i soggetti danneggiati da attività estorsive e usurarie. Ampliata la disposizione che consente ai prefetti di mantenere negli elenchi degli iscritti all’ esercizio dell’ attività quelle associazioni che, pur non integrando tutti i requisiti necessari (serietà, riservatezza, esperienza professionale), hanno in passato avuto ruolo attivo nel contrasto e nella prevenzione dei fenomeni di estorsione e di usura nel territorio di riferimento, svolgendo attività di prevenzione. Il diniego, la revoca o la sospensione dell’ iscrizione nell’elenco prefettizio è previsto in caso di qualsiasi condanna per scambio elettorale politico-mafioso e traffico di influenze illecite.
Diverse procure in Sicilia stanno attenzionando il fenomeno, in particolare per capire cosa ci sia dietro la costante presenza quali difensori di parti civili di associazioni antimafia e antiracket di alcuni avvocati, che spesso presentano atti fotocopia o non curano in alcun modo una presenza “qualificata” nei diversi processi. Il Ministero di Grazia e Giustizia coinvolgerà anche l’Ordine degli Avvocati per un richiamo alla responsabilità dei propri assistiti.