“Se io fossi un mafioso mi farei la mia bella associazione antimafia perché conviene”. Lo ha detto Franco La Torre, figlio di Pio La Torre, l’ex segretario del Pci ucciso da Cosa nostra il 30 aprile di 34 anni fa con Rosario Di Salvo. “Farei antimafia – aggiunge La Torre durante la commemorazione del padre in via Li Muli – perché mi consentirebbe di parlare male di chi fa antimafia veramente, perché ne avrei titolo. E magari rimedio pure qualche euro. Perché no?”. E commentando le parole del Procuratore aggiunto di Palermo Teresa Principato che nei giorni scorsi aveva parlato di ‘antimafia di facciata’, dice: “Certo, non possiamo nascondere che una certa antimafia nascondeva interessi corruttivi. Non sono io l’ex Presidente della Camera di commercio che ha chiesto 100 mila euro di mazzetta a un imprenditore dopo avere partecipato a un convegno sull’antimafia”.
Di antimafia parla oggi in un intervista su La Repubblica Palermo a Nino Mannino, storico dirigente del Partito Comunista in Sicilia e amico di Pio La Torre, che ricorda il contesto in cui nacque l’omicidio e fa il punto anche sullo stato di salute dell’antimafia:
Oggi finiscono sotto inchiesta simboli dell’antimafia. Si scopre che all’ombra di proclami e marce si consumavano affari. Che ne pensa?
“Oggi si paga il conto di quell’idea secondo cui qualcuno è più antimafioso di altri. Io, per esempio, critico anche l’idea della superiorità morale della magistratura rispetto alla politica. Inutile negarselo: l’antimafia ha prodotto molti opportunisti. In gran parte tra quelli che manifestano di avere l’esclusiva dell’antimafia. Prenda il caso di Roberto Helg. Io e Giovì Monteleone denunciammo che aveva affittato un capannone dal capomafia di Carini. L’antimafia ufficiale fece finta di non capire”.Il figlio di Pio La Torre ha lasciato “Libera” dopo uno scontro con don Ciotti.
“Non dimentichiamo che “Libera” la inventò Luciano Violante, il quale tendeva ad avere atteggiamenti sbagliati: per esempio, a esautorarti. Io non dimentico che l’arrivo di Pietro Folena alla guida del partito in Sicilia lo si deve a lui. Don Ciotti ha grandissimi meriti, ma non può liquidare qualcuno solo perché gli pone delle questioni. Tantomeno può farlo con Franco La Torre, che del padre ha sicuramente il carattere”.