In casa Cinque Stelle sembra prossima un’altra espulsione. Questa volta nel mirino di Beppe Grillo c’è Domenico Messinese, sindaco M5S di Gela, comune strappato lo scorso giugno al Pd di Rosario Crocetta. Nei confronti di Messinese, i vertici del movimento potrebbero decidere di avviare le procedure di espulsione già nelle prossime ore.
Repubblica passa in rassegna le presunte ‘colpe’ del sindaco sotto accusa:
Messinese, ingegnere di 50 anni, lunedì aveva licenziato in tronco tre assessori: tutti attivisti di un movimento che, in gran parte, a Gela è ostile al primo cittadino. Quattro dei cinque consiglieri comunali M5S hanno preso ufficialmente le distanze dal sindaco, chiedendo che gli venga sottratto l’uso del simbolo. Messinese è rimasto con una maggioranza (si fa per dire) che può vantare un solo consigliere su trenta.
La principale accusa rivolta a Messinese è di aver tenuto una linea filo-Eni. “Messinese – ha spiegato la presidente della Commissione Ambiente Virginia Farruggia – ha tenuto una linea contraria ai principi del movimento che non prevede alcuna trattativa: l’azienda deve garantire il futuro dei lavoratori dopo aver devastato questo territorio”. Ma non è tutto. Il sindaco di Gela è sul banco degli imputati anche per le 27 deleghe assegnate al suo vice, Simone Siciliano, esterno alla galassia M5S, e per non essersi ridotto l’indennità. I suoi detrattori gli contestano anche le cento missioni istituzionali compiute in soli cinque mesi di mandato.
Il diretto interessato si mostra sereno, pur pronunciando un’eresia per il codice del movimento. “Gela è in una situazione disperata ed è per questo che parlerò con tutti”, ha affermato, citato dal Corriere della Sera. “Ho chiesto al sottosegretario Davide Faraone di incontrare Matteo Renzi, che mente quando dice che a Gela i problemi sono risolti, perché ho una responsabilità come sindaco e siamo in una situazione in cui la fame si tocca con le mani”. Per ora nessuno, dal movimento, si è fatto vivo.