Una corte d’appello per regione e conseguenti ulteriori tagli ai tribunali e relative procure della Repubblica. Così, andando oltre la “regola del tre”, già applicata sin dal 2012, sarà riorganizzata la nuova geografia giudiziaria. Prende corpo infatti la fase due della riforma visto che il lavoro della commissione guidata dall’ex vicepresidente del Csm, Michele Vietti, è quasi ultimato.
La prima fase, iniziata nel 2012, ha portato all’eliminazione delle sezioni distaccate, al taglio drastico e all’accorpamento degli uffici del giudice di pace, nonché alla soppressione di 30 tribunali e procure annesse, riducendo il numero complessivamente a 135. Ma non ha toccato gli uffici di secondo grado che attualmente ammontano a 26, cui si aggiungono le tre sezioni distaccate di Bolzano, Sassari e Taranto.
Ora la fase due dovrà finire il lavoro superando i due criteri di base già previsti sin dal 2012: conservare i tribunali con sede nei circondari dei comuni capoluogo di provincia e almeno tre tribunali per distretto di corte d’appello. La regola del tre, appunto.
Il fine, come sempre, è quello del “risparmio” in termini di spesa e di calo dell’arretrato, e la fase uno sembra, a detta del gruppo di lavoro della commissione abbia già contribuito al calo delle pendenze (di circa il 20% in 11 Corti) ma può ancora essere perfezionata andando oltre i limiti precedenti e puntando ad un decisivo restyling. Anche perché le performances non mostrano certo dati incoraggianti (le simulazioni sul fronte civile mostrano, infatti che, anche senza nuovi procedimenti, con gli attuali livelli di rendimento si impiegherebbero circa due anni e otto mesi per smaltire tutto l’arretrato in grado di appello).
A tal fine, la riforma non apporta solo tagli ma prevede anche l’arrivo di una task force di giudici che possa garantire un pronto intervento nelle situazioni più critiche e anche una riorganizzazione delle procure.
Ecco, in sintesi, come sarà delineata la nuova geografia del sistema giustizia:
Una corte d’appello per regione può bastare
La riduzione porterà dunque ad una corte d’appello per ogni regione. La riforma però dovrà tenere conto di una realtà che vede una decina di maxi-distretti amministrare da soli il 70% della popolazione (e 19 ad amministrare meno di 2 milioni di abitanti per ciascuno). Tra questi ci sono i 6 distretti di Milano, Roma, Venezia, Napoli, Torino e Bologna che superano i 4 milioni di abitanti amministrati e i 4 di Firenze, Brescia, Bari e Palermo che superano i 2 milioni (pari al 13% del totale). In base alla bozza si prevede di eliminare le sezioni distaccate e ridurre tramite “attribuzione di circondari o porzioni di circondari di tribunali appartenenti a distretti limitrofi, il numero delle Corti di appello esistenti, secondo i criteri oggettivi dell’indice delle sopravvenienze, dei carichi di lavoro, del numero degli abitanti e dell’estensione del territorio, tenendo comunque conto della specificità territoriale del bacino di utenza”.
I tagli ai tribunali
Con i medesimi criteri delle corti d’appello andrà operata la cura dimagrante per gli uffici giudiziari di primo grado. Il taglio dovrà essere effettuato contestualmente a quello delle corti di secondo grado e all’insegna dell’efficienza degli uffici, della specializzazione delle funzioni e, ovviamente, dei risparmi di spesa.
La task force
Viene prevista l’istituzione di un ruolo speciale di giudici (giudicanti e requirenti), una sorta di task force da destinare (con delibera del Csm) per non oltre un quinquennio agli uffici che presentano maggiore sofferenza.
Anche le procure vedranno un netto restyling, con un maggiore riconoscimento dei ruoli di procuratori aggiunti e procuratore generale, entrambi chiamati al confronto sui progetti della nuova organizzazione. Stop anche alla discrezionalità del procuratore capo nell’assegnazione della delega al procuratore aggiunto per la gestione di specifici affari.
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