La Cina entra nella campagna elettorale delle amministrative di Palermo e non solo. Tutto nasce da Fabrizio Ferrandelli, candidato sindaco de I Coraggiosi che annuncia la visita a Palermo del Presidente di ZTE Western Europe, l’imprenditore cinese Hu Kunper “per mettere a punto alcune opportunità di sviluppo per la città. Il mio obiettivo da sindaco – commenta Ferrandelli – è quello di creare migliaia di posti di lavoro, valorizzando ambiente, storia e territorio e accompagnare Palermo nella modernità, tutto con investimenti privati”.
Ma al candidato dei 5 stelle Ugo Forello questa visita non piace e con un post sul suo profilo facebook attacca Ferrandelli parlando di “colonizzazione” di Palermo. “Palermo non ha bisogno di essere ‘colonizzata’ dalla Cina. La nostra città, infatti, ha la possibilità di ricevere centinaia di milioni di euro che provengono dalla comunità europea, dallo Stato e dalla Regione. Il problema è utilizzare bene questi fondi, con senso di responsabilità e attraverso percorsi inclusivi e partecipati. Palermo è la nostra città, Palermo non è in vendita”.
E’ scoppia la polemica perché Ferrandelli decide di controreplicare a Forello. “Forello parla anche di ‘Speculazione edilizia’. In quale parte dell’articolo o del comunicato si parla di speculazione edilizia? Forse non ha compreso il significato del termine ‘smart city’ e che gli investimenti riguardano l’informatizzazione e l’ammodernamento tecnologico di Palermo. Nel suo post parla anche di ‘colonizzazione’ e ‘vendita’ della citta’. Quindi secondo il candidato grillino portare investitori a Palermo significa venderla al miglior offerente. Crediamo che a questo punto il candidato Forello debba spiegare ai suoi elettori come pensa di coniugare lo sviluppo senza investimenti, considerato il grave stato di salute delle casse del Comune”.
Ma il tema cinese domina il dibattito. Infatti il vicepresidente della CNA di Siracusa Gianpaolo Miceli commentando i dati di InfoCamere-Unioncamere e Movimprese sulle ditte individuali, citati dal Giornale di Sicilia, secondo cui la Sicilia è la seconda regione del Sud Italia per numero di imprese con titolare cinese, dietro la Campania, parla di “una quantità comunque elevata, leggendo i numeri complessivi delle imprese iscritte in Camera di commercio”.
Per la CNA le imprese con gli occhi a mandorla sono un problema. “Il vero tema è come operano sul mercato queste aziende? Per diverse che si muovono nel totale rispetto della legalità, ve ne sono almeno altrettante che operano in maniera dubbia”, puntualizza subito Miceli. “Mi riferisco al rispetto delle regole sul lavoro che vigono nel nostro Paese: rispetto dei contratti, rispetto degli orari, rispetto della salubrità e dell’igiene dei locali e dei prodotti in vendita. Ad onor del vero ci sono state recenti azioni di controllo e sequestro di prodotti non conformi. Le nostre attività sono soggette a controlli continui, sarebbe utile estendere queste stesse verifiche anche alle attività cinesi. Ma sia chiaro, non è una battaglia contro di loro. Il punto fermo deve rimanere il rispetto di regole e standard, da parte di tutti, comprese le attività di casa nostra – spiega Gianpaolo Miceli – Comunque il problema c’è ed è evidente: in una situazione di grande difficoltà delle famiglie, proliferano questi centri cinesi che offrono condizioni di accesso al mercato distorte rispetto alle ordinarie. E le persone finiscono per andare e comprare pur sapendo che in parecchi casi potrebbero ritrovarsi prodotti non con tutti requisiti e le caratteristiche che invece richiedono” – conclude l’analisi della Cna Siracusa.
Mentre i cinesi si comprano il Milan e l’Inter, in Sicilia ci si divide sulla Cina.