In Italia vi sono ormai oltre 11mila fondazioni ma quelle di famiglia sono ancora poche. E’ il dato che emerge da una ricerca fatta dal gruppo di lavoro della facoltà di economia e commercio di Catania guidato dalla docente Elita Schillaci. Una ricerca che è stata anticipata nell’ambito del convegno che si è tenuto a Catania dedicato appunto a “Fondazioni, family reputation e sostenibilità intergenerazionale”.
Un convegno in cui vere protagoniste sono state le storie di impresa che hanno alle spalle famiglie importanti come la storia del gruppo Montante che dall’antica tradizione della produzione di biciclette all’attuale business degli ammortizzatori per le vetture ferroviarie. Oppure la storia della famiglia Busi con Cristina e Luca (mamma e figlio) che con la Sibeg imbottigliano si può dire da sempre la Coca Cola e altre bevande di successo e che, ha detto Luca nel 2011 ha fatturato 117 milioni con un incremento del tre per cento sull’anno precedente. O ancora il direttore ed editore del quotidiano La Sicilia di Catania nonché di Tv e radio locali Mario Ciancio Sanfilippo e il figlio Domenico: il primo ha annunciato che sta pensando a creare una fondazione “la farò ma con molta calma” ha detto.
E Alessandro Scelfo, presidente regionale dei cavalieri del lavoro il quale ha ricordato che è proprio tra questi il tasso più alto di Fondazioni di famiglia considerato che sono 90 quelle già create. E tutti insieme hanno sottolineato il fatto che, fondazioni o non fondazioni, i giovani “devono meritarsi la partecipazione in azienda e che l’azienda è un compendio sociale fatto di mezzi, patrimoni, uomini”. Sta di fatto che i giovani in qualche caso, come ha detto il presidente del gruppo giovani industriali di confindustria Sicilia Silvio Ontario, sono costretti a sgomitare per avere un ruolo in azienda o, “come è accaduto a me” ha detto, sono costretti a crearsi una nuova impresa.
Non è andata così per Mimmo Costanzo, oggi a capo della Cogip, azienda del settore costruzioni con un fatturato medio di circa 350 milioni l’anno e cantieri in ogni parte d’Italia e del mondo insieme ai partner, il quale ha pubblicamente ringraziato il padre Giuseppe: “Sono entrato in azienda a 24 anni, subito dopo la laurea – ha raccontato – e mio padre è stato il mio tutor. E’ stato lui a indicarmi una nuova strada e io ho colto la sfida e sono riuscito a sfatare i luoghi comuni dimostrando che anche in Sicilia è possibile sviluppare attività moderne. Mio padre mi ha sempre insegnato che i soldi non sono nostri ma dell’azienda. E io ho capito che il talento dei collaboratori, della gente che lavora con noi va fidelizzato e che bisogna creare una squadra di persone e non avere paura di perdere potere. Quella è la ricchezza dell’azienda”.
Si tratta fin qui di imprenditori che hanno operato per rafforzare la family reputation. Ma è un’altra la prospettiva, su cui molto ha ragionato sin qui e su cui ancora intende ragionare Elita Schillaci, la quale ha annunciato la pubblicazione di un volume di ricerca sulla consistenza delle Fondazioni nel nostro paese. La domanda è stata comunque posta: le fondazioni possono servire a garantire la sostenibilità intergenerazionale? “Devo dire – sostiene il notaio Carlo Saggio – che le fondazioni possono servire a far sì che venga escluso l’erede incapace”. Per tutti gli altri obiettivi non mancano i sistemi: uno è il trust. Esclusi da tutti i patti di famiglia che, dicono, non hanno funzionato.
E invece Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione con Il Sud, ha disegnato un nuovo modello sociale che ruota proprio sulle fondazioni e in particolare sulle fondazioni di comunità mettendo in guardia dalla fondazionite: “Non ha senso – spiega – farsi la piccola fondazione. E’ meglio far confluire il proprio patrimonio in una fondazione più ampia in cui si può mantenere una propria identità”. E’ appunto la fondazione di comunità: ve ne sono di successo, per rimanere al Sud, già a Messina, Salerno e Napoli. Potrebbe essere un modo per arginare il proliferare delle fondazioni: sono quadruplicate in tre anni, spiega l’economista Marco Romano.