Risolto il mistero del blitz all’Aija e non ad Amsterdam come è stato scritto in un primo momento in cui si pensava di aver arrestato Matteo Messina Denaro, la primula rossa di Cosa nostra, latitante ormai dal 1993. Secondo una ricostruzione pubblicata oggi dal quotidiano La Repubblica l’ordine di cattura è partito da Trento. Il procuratore Sandro Raimondi e la squadra di finanzieri della sezione di polizia giudiziaria erano sicuri di aver trovato la pista giusta per catturare l’ultimo grande latitante di Cosa nostra.
“La prova del Dna sul sospettato – il signor Mark L. di Liverpool, in Olanda col figlio per assistere al Gran Premio – ha dato la certezza. E mentre l’avvocato del malcapitato (rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Vught) rilasciava dichiarazioni di fuoco alla stampa, montava un forte imbarazzo. Innanzitutto, delle autorità investigative olandesi, messe sotto accuse sul Web per il blitz show finito in farsa: “Noi non c’entriamo niente con questa storia”, continuano a ripetere” scrive Repubblica.
Ti potrebbe interessare anche
- Matteo Messina Denaro, la voce del boss trasmessa al Tg1
- “L’Isola di Matteo”. In Sicilia sui luoghi di Matteo Messina Denaro
- Matteo Messina Denaro operato Messina sotto false generalità
Il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, getta acqua sul fuoco dei malumori e difende il procuratore Raimondi: “Abbiamo operato in maniera corretta. Se l’indagine di Trento avesse avuto profili di sovrapposizione con l’inchiesta della procura di Palermo allora sarebbe stato dovuto il coinvolgimento anche di quell’ufficio. Ma l’indagine di Trento, che non riguardava il latitante, era fondata su fatti autonomi. In nessun modo — ribadisce De Raho — si è intaccato il lavoro dei colleghi di Palermo, perché si è operato in un contesto del tutto avulso e separato”. Insomma, per il procuratore nazionale non ci sarebbe stata alcuna invasione di campo. “E d’altro canto nessuno ha mosso contestazioni ufficiali”, precisa.