La Procura di Palermo ha chiuso le indagini sui giornalisti Piero Messina e Maurizio Zoppi, autori dell’articolo sulla presunta intercettazione tra il governatore siciliano Rosario Crocetta e il suo medico Matteo Tutino in cui avrebbero parlato dell’allora assessore regionale alla Salute, Lucia Borsellino (“Lucia Borsellino va fatta fuori come il padre”).
Dopo il rigetto da parte del Gip della richiesta di giudizio immediato avanzata dalla Procura, adesso si dovrà procedere con la richiesta di rinvio a giudizio, passando per l’udienza preliminare. L’intercettazione, pubblicata da l’Espresso, è stata smentita dalla Procura di Palermo che ha così indagato Messina e Zoppi per calunnia e pubblicazione di notizie false ed esagerate.
La calunnia è stata contestata perché entrambi i giornalisti, hanno fatto il nome dell’ex capitano Nas di Palermo, Mansueto Cosentino, come di colui che avrebbe fornito loro la notizia dell’intercettazione.
I cronisti si sono sempre difesi dalle accuse e anche quando la procura di Palermo ha smentito, e più di una volta, l’esistenza della intercettazione,l’Espresso ha continuato a confermare la veridicità delle notizie contenute nell’articolo pubblicato.
Secondo Live Sicilia la frase dello scandalo non esiste.
I pubblici ministeri sono certi: Matteo Tutino non disse a Rosario Crocetta, senza provocare nel governatore alcuna reazione, che Lucia Borsellino “va fatta fuori, come suo padre”. Semmai, come ha riferito un investigatore, il medico “talvolta si augurava che venisse fatta fuori dall’incarico ricoperto e non certamente dal punto di vista fisico”.
Poche settimane fa Tutino, primario del reparto di Chirurgia plastica di Villa Sofia, è stato sospeso in via cautelare sine die in applicazione articolo 10 comma 6 del contratto nazionale di lavoro di dirigenza medica che prevede questo tipo di provvedimento in caso di procedimento penale in corso.
La decisione è stata presa dall’ospedale dopo che il gip di Palermo, Ettorina Contino, aveva revocato gli arresti domiciliari disposti, a giugno, nei confronti del primario accusato di truffa, peculato e falso.
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