Una banca in amministrazione giudiziaria per mafia. E’ la prima volta che accade in Italia. Sequestrata la Banca di Credito Cooperativo “Senatore Pietro Grammatico” di Paceco. Il sospetto è quello dell’infiltrazione pesante della mafia. Per l’istituto di credito, di suo già in una pesante crisi, arriva l’amministrazione giudiziaria. L’Istituto, con filiali a Trapani, Marsala ed Erice, passa dunque in amministrazione controllata su decisione della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani e su richieste dei finanzieri del Nucleo speciale di Polizia tributaria è coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo.
L’amministrazione giudiziaria è stata affidata ad Andrea Dara con la Pricewaterhouse Coopers. “La misura viene adottata quando si ritiene che una determinata impresa possa essere coinvolta in contatti e in attività collegati alla criminalità organizzata. E questa è una delle ipotesi del caso che ci riguarda”, ha spiegato ai giornalisti il Procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi, che ha coordinato l’inchiesta con il Procuratore aggiunto Dino Petralia.
Presenti alla conferenza stampa anche il colonnello Francesco Mazzotta, comandante della Polizia tributaria della Gdf e il generale Giancarlo Trotta, comandante provinciale delle Fiamme gialle a Palermo. L’amministrazione giudiziaria riguarda le cinque filiali dell’istituto di credito: una a Paceco, una a Marsala, una a Dattilo e una Napola e una a Trapani. Tra le operazioni della banca emerge il prelievo di una somma di 100 mila euro da parte di Cristoforo Milazzo, oggi collaboratore di giustizia.
“E’ la prima volta che una banca viene sottoposta a un provvedimento di questo genere – ha detto il procuratore di Palermo Lo Voi -. Vi sono stati personaggi che di fatto controllavano, condizionavano le scelte operative della banca e facendo ciò dovevano ignorare i risultati delle ispezioni della Banca d’Italia effettuate nel 2010 e 2013, così come le raccomandazioni che la stessa Banca l’Italia aveva indirizzato all’istituto. Inoltre sono stati ripetutamente trascurati gli obblighi previsti dalla normativa antiriciclaggio”.
Lo scorso anno la Banca, tramite il Presidente appena eletto Salvatore Ciulla, aveva annunciato un piano di rientro che prevede tagli del personale nel triennio in corso per 650.000 euro. Dopo, la Banca è stata venduta alla Banca Don Rizzo di Alcamo, e lo scorso Ottobre è stata ratificata, non senza polemiche, dall’assemblea dei soci, la decisione. Dopo la fusione dei cinque sportelli della Bcc di Paceco, la Don Rizzo disporrà di una rete con 22 filiali tra Trapani e Palermo e oltre 160 dipendenti. In più occasioni ci sono state diverse denunce su aspetti poco chiari: secondo alcuni soci nell’ultimo anno si sono volatilizzati crediti per nove milioni di euro a causa di alcune svalutazioni. Per difendere la Banca di recente a Paceco si è anche creato un comitato spontaeo di cittadini, con in testa il Sindaco Biagio Martorana.
Quando c’è stato il sequestro di beni, nel 2013, per Filippo Coppola, detto U prufissuri, si è scoperto, tra l’altro, che c’era un ingente ammontare di prestiti e mutui bancari dei quali ha goduto nel corso degli anni anche durante quelli immediatamente successivi al suo arresto e alla sua condanna per mafia. I carabinieri facendo la cernita di questi introiti sono giunti alla ragguardevole somma di 500mila euro. La maggior parte di queste somme sono state erogate appunto dalla banca di credito cooperativo senatore Pietro Grammatico di Paceco. Proprio a seguito di questo episodio Claudio Fava, parlamentare, presentò un’interrogazione nella quale chiedeva:
ci si chiede come sia possibile che un istituto di credito abbia continuato negli anni a erogare prestiti e ad accendere mutui in favore di un noto pregiudicato per fatti di mafia e delle attività economiche a lui riferibili, direttamente o per via familiare;
quali provvedimenti intendano assumere nei confronti della Banca di Credito Cooperativo “Senatore Pietro Grammatico” di Paceco.
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