“La mafia è un fenomeno anti-Stato e un’anti-religione. Ha un delirio di onnipotenza che la porta a creare un Dio a propria immagine e somiglianza. Al suo interno ha codici, riti, leggi, lavoro, riconoscimenti, procedure. Serve la grande forza spirituale della Chiesa e di chi crede per combattere una organizzazione così radicata e potente, prendendo da essa le distanze con forza”. Lo ha detto monsignor Antonino Raspanti, vescovo di Acireale, intervenendo alla conferenza del Progetto educativo antimafia del centro Pio La Torre dal tema “L’antimafia della Chiesa – la sua evoluzione dal XX secolo a oggi, da Sturzo a Papa Francesco”, con Alessandra Dino, docente di Sociologia giuridica, della devianza e del mutamento sociale all’Università di Palermo, e moderata dalla giornalista Bianca Stancanelli. Al centro dell’incontro il ruolo che la gerarchia ecclesiastica deve avere nel debellare il fenomeno mafioso. “Dopo una fase di silenzio – continua Raspanti – che non ha giovato per nulla e non ha aiutato il popolo siciliano a maturare nella consapevolezza e a crescere nella democrazia e nella civiltà è arrivata la svolta con il cardinale Pappalardo.
Da quel momento in poi è diventata sempre più esplicita, netta, evidente la condanna della mafia e la scomunica per i mafiosi.
La presa di posizione della Chiesa ha un peso enorme perché la mafia non è un semplice sistema di delinquenza, è un sistema culturale, familiare”. Il vescovo Raspanti nel 2103 ha emanato un decreto pastorale con il quale ha vietato i funerali religiosi ai condannati per mafia che, dopo tre gradi di giudizio, non hanno dimostrato ravvedimento. “I mafiosi che dopo aver commesso una strage ringraziano la Madonna o pregano i santi perché un omicidio è riuscito sono idolatri – ha aggiunto Raspanti – non adorano Dio, vogliono autoconvincersi di questo per darsi forza, coraggio e una struttura identitaria”. Nel corso della conferenza anche il complesso rapporto, sollevato dai ragazzi presenti, tra padri e figli mafiosi e la presa di posizione della Conferenza episcopale calabra sulle esequie dei condannati per mafia.