La parabola di Ferrandelli: altro che nuovo e nemmeno lavato con perlana

Più che nuovo sembra lavato con perlana. Anzi no, nemmeno quello. Fabrizio Ferrandelli, con le dimissioni dall’Ars, e quello che poteva apparire un grande atto di rinuncia  aveva fatto ben sperare: finalmente un giovane politico che non tende ad assomigliare ai vecchi tromboni di questa terra, ci si era detti. E invece eccolo lì a braccetto con Totò Cuffaro e Saverio Romano e a rimorchio di Gianfranco Micciché: non c’era modo migliore per fare una cortesia all’imarcescibile Leoluca Orlando e ai grillini.

Non c’è che dire: siamo alle solite. Queste giovani leve, ci riferiamo sempre a Ferrandelli, dimostrano l’incapacità di costruire una alternativa credibile alla classe dirigente che governa Palermo ormai da un quarantennio dimostrando l’incapacità di costruire movimenti trasversali, moderni, riformisti. E questo nel momento in cui i partiti mostrano tutta la loro fragilità e l’incapacità a farsi portatori di istanze di cambiamento. Ferrandelli diventa la bandiera del grande ritorno in pista: i vecchi democristiani sono sempre sul campo e lo è Gianfranco che certo, nonostante il suo portamento giovanilistico, giovane non è più.

Orlando se la gode: sarà per lui gioco facile stendere questo avversario e forse sarà meno semplice fare altrettanto con i grillini che non hanno avuto e non sembrano avere alcuna tentazione di compromesso. Peccato. Poteva essere una campagna elettorale divertente. Così rischia di essere la solita commedia già vista.