PALERMO – La recessione non lascia la Sicilia. Anche nel 2013 l’Isola non imbuca la strada che porta fuori dal tunnel. È quanto emerge dall’ultima relazione sulla situazione economica siciliana redatta dal Servizio statistica regionale. Numeri che smentiscono clamorosamente il Dpef la cui idea, ammette la relazione, «era quella di ridare slancio alla spesa per investimenti e sostegno ai consumi privati, dal lato della domanda; mentre dal lato dell’offerta, rimanevano prioritarie riforme strutturali e di contesto su cui era stata chiamata ad esercitarsi l’azione legislativa pubblica nel periodo 2009-2013». Così non è stato e bisognerà attendere il 2014. L’impatto delle politiche regionali, in base al Dpef, avrebbe influenzato il Pil fino a determinare un aumento dell’1,5% nel 2013 contro un tendenziale che si prospettava essere dell’1,2%. I numeri della crisi si sono invece abbattuti sulla regione determinando un calo medio del prodotto di circa 2 punti percentuali all’anno che si ripeterà anche nel 2013, secondo le attuali stime Prometeia, e indurranno una diminuzione cumulata del Pil di oltre 16 miliardi di euro rispetto alla previsione tendenziale pre-crisi. In termini percentuali, si tratta di un divario pari al 18,3% più penalizzante rispetto al dato nazionale. Conclusioni che sono il frutto della generale tendenza registrata negli ultimi anni: basti pensare che nel 2012 la riduzione dell’occupazione ha registrato il valore maggiore degli ultimi anni (-2,7% rispetto al 2011), a ciò si è associato il calo dei consumi delle famiglie (-4,5%), del reddito disponibile (-4,3%) e del credito al consumo (-4,7%).
Non è migliore il settore imprenditoriale in cui si è osservata una restrizione del numero di unità produttive accompagnata dalla caduta del clima di fiducia alle imprese. In termini prospettici, dunque, la fase ciclica negativa si protrarrà per tutto il 2013, con il Pil ancora in fase flessiva a consuntivo d’anno intorno al 2 per cento (-2,3% Prometeia, -1,8% Fondazione Res) ad esaurimento previsto solo a partire dall’anno successivo. Nel Rapporto 2013 la Corte dei conti, viene ricordato dalla relazione, poneva l’attenzione su un insieme di linee strategiche su cui bisognava concentrarsi nella precedente legislatura, «ma che non é stato possibile realizzare a causa della crisi finanziaria internazionale». È un fatto che nel corso del 2012 si é acuita la fase recessiva che a fasi alterne ha colpito l’economia italiana dal 2008, a seguito degli shock negativi indotti dalla crisi finanziaria internazionale. In un clima economico nazionale ed internazionale marcatamente negativo, «l’economia siciliana, afflitta da gravi problemi strutturali, sta attraversando una delle crisi peggiori nella storia degli ultimi anni». Il segnale più evidente é stato il deciso cedimento della domanda interna, sia della parte dei consumi delle famiglie, «che hanno subito pienamente l’influenza la progressiva riduzione del redditi disponibili, la flessione dell’occupazione e la crescita dell’inflazione, sia da parte degli investimenti, che risultano fortemente condizionati dalle pessime prospettive del mercato, dalla caduta della domanda e dalle difficoltà di accesso al credito». Così il Prodotto interno lordo della Sicilia, dopo il parziale recupero del 2010 (0,1%) della flessione registrata nel biennio 2008-2009 (-6,3%) chiude il 2011, secondo i dati ufficiali, con un -1,3% a cui seguirebbe, secondo le stime effettuate da Prometeia, una nuova e più profonda flessione a consuntivo dell’anno appena trascorso (-2,5%). Le risorse per uso interno della Sicilia, costituite dal prodotto interno lordo e dalle importazioni nette, sono stimate nel 2012 in 108 miliardi di euro a valori correnti, in contrazione del 3,6% sul 2011. Il Pil si attesta su quota 86 miliardi di euro. (AGI)