La Sicilia al collasso spende per i dipendenti sei volte la Lombardia

Non solo la libertà di non pagare tasse per cinquantadue miliardi di euro, ma un intero sistema di illegalità e compiacenze, che fa della Sicilia un’ isola del Bengodi. Con soldi pubblici. E naturalmente a vantaggio dei furbetti con un santo in paradiso. I più noti tra questi sono i ventitremila forestali, arruolati periodicamente da politici a caccia di voti. Secondo una relazione presentata dalla Corte dei conti regionale, costano 250 milioni di euro l’ anno.

Non basta. A causa di un accordo sindacale, dal 2002 a oggi seimila addetti all’ antincendio si sono visti rimborsare trasferte, anche di pochi chilometri, per ulteriori 40 milioni. La macchina pubblica è elefantiaca, malgrado la riduzione dei costi raggiunta grazie a una pioggia di pensionamenti. Nel 2016 la Regione ha speso quasi 600 milioni di euro per gli stipendi del personale, cento in meno dell’ anno prima. Ciò nonostante, la cifra rimane sei volte superiore a quella sborsata dalla Lombardia.

La Sicilia è anche terra di malati immaginari. I più cagionevoli di salute sono gli agrigentini, capaci di denunciare le più svariate patologie, dai problemi di udito fino al diabete, allo scopo di ottenere i benefici della legge 104. Sono centinaia di insegnanti e bidelli, desiderosi di assicurarsi un posto di lavoro vicino casa. E ci riuscivano, con l’ aiuto di medici compiacenti oggi finiti sotto indagine.

Il sistema di smaltimento dei rifiuti fotografa meglio di tutti il legame tra sprechi e malaffare nella regione governata da Rosario Crocetta. Quindici miliardi buttati dal 2002 a oggi, senza trovare soluzioni alternative alle discariche. Una differenziata pressoché inesistente (al dodici per cento) e l’ assenza di termovalorizzatori portano nelle tasche degli imprenditori del pattume 800 milioni l’ anno.

Il risultato, nonostante i siciliani paghino cifre astronomiche per la gestione dell’ immondizia, è il collasso del sistema. Sacchi neri per le strade, impianti stracolmi e l’ ombra della mafia che avrebbe imposto assunzioni alle ditte.

Le mani di Cosa nostra si allungano anche sulla società che operano nella rete idrica. Lo scorso anno la Dda di Palermo ha messo nel mirino la Girgenti Acque, attiva nel territorio di Agrigento. Anche in questo caso, l’ illegalità si sarebbe accompagnata a un sistema di assunzioni in cambio di voti.

Un capitolo a parte è lo scandalo formazione professionale. Gli enti sorti in tutta l’ isola avrebbero utilizzato fondi regionali per 200 milioni di euro a scopo privato. Soldi dei cittadini finiti in automobili, gioielli e orologi.

La politica pura, quella dei palazzi, non si comporta meglio delle amministrazioni che governa. La Sicilia spende 18 milioni l’ anno per pagare i vitalizi agli ex deputati regionali e le pensioni di reversibilità ai parenti. È una cifra più alta di quella necessaria a saldare gli stipendi annuali dei componenti dell’ assemblea. Esponenti di tutti i partiti sono stati condannati dalla Corte dei conti a restituire soldi pubblici scialacquati negli anni trascorsi a Palazzo dei Normanni. L’ ultimo in ordine di tempo è Francesco Musotto, ex capogruppo del Movimento per l’ Autonomia di Raffaele Lombardo, che dovrà restituire 589mila euro.

Completano il quadro le spese per l’ acquisto di «materiale informatico e tecnico» nel 2016. La Sicilia ha speso in penne e matite 1,7 milioni di euro, contro i 112 mila della Lombardia e i 640 mila della Campania.

BUTTAFUOCO: BASTA AUTONOMIA, LA REGIONE VA COMMISSARIATA

buttafuoco pietrangeloBUTTAFUOCO PIETRANGELO

«Lo statuto speciale è una iattura, una vera e propria sciagura per i siciliani. L’ autonomia che tanto agognano i lombardi è una cosa meravigliosa ma non è adatta alla Sicilia, la sua storia ha bisogno d’ altro. È come una Rolls Royce dove però il motore risulta fuso. La Sicilia va commissariata, ma non per fare poi le elezioni. Noi più che di elezioni abbiamo bisogno di un trauma forte, che svegli la coscienza dei siciliani».

Pietrangelo Buttafuoco è abbastanza certo che nella sua buttanissima Sicilia (titolo del pamphlet diventato poi spettacolo teatrale) vinceranno i grillini, ma che non servirà a niente. «È impossibile governare la Sicilia col ricatto del consenso. Il M5s se entra a Palazzo Orleans, la mattina dopo deve avviare lo stesso trattamento fatto a Detroit, cioè una gestione da tribunale fallimentare. Il più grande errore sarebbe di cedere alla tentazione della vetrina, e candidare Nino Di Matteo, che già si favoleggia un 99% di consensi. Se la deriva è quella di un solco già tracciato dal suo predecessore, Antonino Ingroia, si sa già come va a finire. Ma è assolutamente inutile una campagna elettorale. Ci vuole un referendum per decidere cosa fare di questa Sicilia».

Commissariarla e abolire lo statuto speciale?

«Renzi ha giocato sporco sulla Sicilia perché aveva la possibilità di cancellare l’ autonomia regionale siciliana, il cancro da cui si generano tutti i problemi. Invece per lui la Sicilia è stata un parco giochi dove esercitare il ruolo di redentore, con i bambini addestrati a cantare per lui, l’ avesse fatto qualcun altro sarebbe arrivato Save the children. Nel referendum si è speso come mai in Sicilia, ha dato fondo a tutti i finanziamenti possibili, a tutte le operazioni di clientelismo impressionanti. Se vedevi le adunate dei renziani in Sicilia, era l’ apoteosi del trasformismo, truppe cammellate arrivate da ogni dove. Ci si aspettava un risultato fragoroso, invece ha vinto il «No» con punte del 90%, perché il ceto politico ormai non corrisponde alla realtà in Sicilia. Crocetta, sempre presentissimo e fotografatissimo alle Leopolde, è ridotto ad una presenza pittoresca, si ripresenta alle elezioni con la consapevolezza di andare incontro da un carosello di pernacchie. Il ceto politico siciliano è responsabile della condizione di minorità della Sicilia, che è diventata periferia, mentre è l’ unico luogo dove ti puoi concedere il lusso di avere una prospettiva universale, di vivere nella centralità dei mondi. Ora è diventata periferia, ed è paradossale se si pensa che tutti invertici istituzionali, Quirinale, Senato, Farnesina, sono siciliani. Basterebbe copiare».

Copiare chi?

«Come hanno fatto a Detroit, dopo la bancarotta della città. Nel turismo, copiare come fanno nella riviera romagnola, o nel Salento. Perché il festival che si fa a Spoleto non si può fare a Donnafugata? Ci vuole una visione che non può essere affidata all’ improvvisazione elettorale. È un dibattito costante che ho qui. Una volta che vincono le elezioni si ritrovano come quando Pajetta alla guida di un gruppo di facinorosi si impossessò della questura e la comunicò a Togliatti, che gli disse: E ora che ve ne fate?. Ecco, e poi che se ne fanno della Sicilia?».

Insomma è inutile votare, serve una procedura fallimentare.

«Sarebbe sufficiente che i lettori si premurassero di andare al cinema a vedere L’ ora legale di Ficarra e Picone (in un paese siciliano i cittadini votano un professore che vuole cambiare le cose, ma quando il sindaco inizia a far pagare Imu e multe si pentono e fanno di tutto per farlo dimettere, ndr) per chiudere ogni ragionamento sul tema>.

Articoli tratti da Il Giornale