Una ricerca che si concentra su due porzioni del territorio siciliano: i due angoli del Nord-Ovest e del Sud-Est, tipici per la presenza diffusa di attività economiche soprattutto le filiere del vitivinicolo e dell’orticolo, tra quelle di punta per l’importante agricoltura della nostra Isola, che hanno avuto nel passato recente un certo successo di mercato. Lo studio è stato presentato nell’ambito della V edizione delle Giornate dell’Economia del Mezzogiorno, organizzate dal Diste e dalla Fondazione Curella, questa mattina, a Palazzo Branciforte, dall’econonomista Paola Casavola, che lo ha curato per la Fondazione Res, istituto di ricerca su Economia e società in Sicilia. Obiettivo della ricerca è comprendere le motivazioni di questo dinamismo, evidenziare similitudini e differenze.
La ricerca combina dati statistici ed evidenze dirette, cercando di interpretare e incarnare i primi alla luce delle testimonianze e del racconto diretto dei protagonisti. S’indagano il peso relativo della dotazione di vantaggi competitivi naturali e di lungo saper fare accumulato nel tempo e quello dell’innovazione intenzionale più recente, delle relazioni tra gli attori e della loro capacità di interagire con il mercato di riferimento. La ricerca ricostruisce l’origine della dinamica del settore nel territorio, gli ostacoli incontrati a una maggiore espansione e il quadro delle prospettive, per suggerire così spunti al dibattito di policy e all’azione degli attori direttamente coinvolti. Entrambe le aree hanno ereditato dalla storia e capitalizzato nel tempo, anche in qualche caso con il contributo di promozione tecnica delle politiche di settore, un saper fare che ha pochi eguali e che oggi può incontrare opportunità importanti legate alla domanda per le proprie produzioni caratteristiche, ma non vi sono però rendimenti sufficienti dal solo saper fare tradizionale. Occorre integrare l’antico saper fare con altre competenze e con un disegno strategico che va oltre l’azione individuale.
Per raggiungere gli obiettivi occorre guardare avanti e collaborare tra gli attori privati per la produzione di servizi e strategie comuni e tra attori privati e con le istituzioni pubbliche per indirizzare in modo oculato le risorse disponibili. Lo studio evidenzia che alcuni fattori hanno frenato il successo, per esempio, le strategie delle imprese di punta che spesso sono molto avanzate, ma non sempre trascinano l’intera filiera né il territorio nel suo insieme. Nel settore vitivinicolo, inoltre, va sottolineato che nella zona del trapanese la produzione del vino è del 53%, ma soltanto il 14% raggiunge in loco la bottiglia, un dato molto più basso di quello realizzato nelle altre province siciliane e il fatto che sia venduto sfuso costituisce, a giudizio degli studiosi, un depauperamento. I privati sembrano sottovalutare le proprie capacità e potenzialità d’impatto di azione collettiva e se per molti aspetti è necessario un intervento pubblico più costante e coerente, è pur vero che per molti altri molto può essere fatto direttamente dai privati.
“I tempi sono maturi per organizzare in Sicilia gli Stati generali del vino – ha sottolineato nel suo intervento il professore Sebastiano Torcivia dell’Università di Palermo – si tratta di una realtà troppo importante per la nostra economia e per il Pil regionale e può essere una buona risposta alle numerose richieste di approfondimento delle tematiche afferenti al settore vitivinicolo che arrivano da più parti”.
Fra gli interventi anche quelli di Franco Aurelio Coppola delle Federazione regionale Strade del Vino in Sicilia e di Santi Planeta. Coppola, in particolare, ha evidenziato che “in un mondo globalizzato la competizione sul prezzo è impossibile, quindi dobbiamo riuscire a dare il valore aggiunto attraverso le storie del vino e della terra, dobbiamo essere capaci di raccontare attraverso il turismo del vino le storie di chi da una vita lo fa, il valore della bottiglia è il valore del territorio, della cultura”.
Tutto lo studio su http://www.resricerche.it/media/pdf/WP_Casavola_Giunta_Manzo_Pitti_12_2011.pdf