di Antonio Mazzeo
Lampedusa torna a fare da avamposto delle forze armate italiane e Nato nel Mediterraneo. A dare nuova linfa ai processi di militarizzazione della piccola isola a sud della Sicilia, l’installazione di due potenti impianti di sorveglianza radar. Come rivelato dal settimanale L’Espresso, gli impianti di Lampedusa hanno ricevuto il primo via libera con la conferenza di servizio del 15 luglio scorso.
Il primo di essi sarà predisposto dalla Marina militare nell’ambito del programma pluriennale di ammodernamento e potenziamento delle infrastrutture nazionali (in tutto undici), facenti parte della Rete radar costiera (RRC) e della Centrale di Sorveglianza Marittima Associata (CSMA), la piattaforma fondamentale per la cosiddetta Consapevolezza della Situazione Marittima che consente di avere sotto controllo tutte le attività navali in corso nel Mediterraneo. Avviato dal ministro della Difesa nel maggio 2009, il programma prevede l’acquisizione di radar di nuova generazione per la sorveglianza Over the Horizon (cioè per l’individuazione di grandi obiettivi “nemici” oltre l’orizzonte ottico), prodotti da aziende del gruppo Finmeccanica. I nuovi impianti saranno dotati di sensore di scoperta a compressione digitale d’impulsi con capacità ISAR (Inverse Synthetic Aperture Radar) e avranno un costo complessivo non inferiore agli 83 milioni di euro.
Nella versione più soft fornita dai comandi della Marina, il programma di ammodernamento della Rete radar costiera “è stato voluto per incrementare la capacità di protezione e sorveglianza dei traffici mercantili; il controllo dei flussi migratori via mare; la lotta ai traffici illeciti quali narcotraffico, traffico d’armi e di esseri umani; la vigilanza sulla pesca; la ricerca e il soccorso; il controllo dell’inquinamento marino”. Ma più di tutto, i nuovi radar rispondono alle esigenze degli strateghi di guerra di potenziare le azioni di contrasto di “qualsiasi tipo di minaccia”, comprese quelle di “natura asimmetrica caratterizzanti lo scenario internazionale, come le eventuali attività svolte da organizzazioni terroristiche internazionali”.
L’impianto di Lampedusa assicurerà la copertura in profondità fino a 100 miglia nautiche dalla costa; le informazioni raccolte saranno riportate alle due centrali di controllo della Rete di Taranto e Augusta, che trasmettono la situazione complessiva dell’area di pertinenza al Comando in Capo della Squadra Navale (CINCNAV) di Santa Rosa-Roma, per un’integrazione finale nel sistema di supporto al comando della Marina militare (il Marittime Command and Control Information System – MCCIS). Oltre ai dati forniti dalle diverse stazioni della Rete radar costiera, alla potenziata Centrale operativa di Sorveglianza Marittima convergeranno le informazioni raccolte dal Centro virtuale regionale del traffico marittimo V‐RMTC (il programma avviato su iniziativa della Marina militare italiana nel 2005 che prevede lo scambio di informazioni con una trentina di paesi Nato e della sponda Sud del Mediterraneo); dai sensori delle unità in navigazione e dei velivoli da pattugliamento e degli elicotteri imbarcati o impiegati da basi avanzate a terra; dai sistemi in dotazione della Guardia di Finanza (proprio a Lampedusa la Gdf ha installato il radar anti-migranti EL/M-2226 ACSR, acquistato in Israele dalla Elta Systems Ltd grazie al Fondi per le frontiere esterne Ue 2007-13), della Guardia Costiera, delle forze di polizia e degli alleati Nato e Ue. “La Centrale Nazionale di Sorveglianza Marittima dovrà interfacciarsi con i sistemi di sorveglianza marittima di altre Nazioni e/o Organizzazioni internazionali”, aggiunge il ministero della Difesa. In particolare, i nuovi radar costieri funzioneranno in rete con gli impianti previsti dal Project Team MARSUR (WG1 o Maritime Surveillance Networking), il programma promosso dall’European Defence Agency con le Marine militari di Cipro, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Olanda, Polonia, Portogallo, Spagna e Svezia e la collaborazione di Frontex (l’agenzia europea d’intelligence anti-immigrazione), con lo scopo d’individuare “una soluzione comune per lo scambio d’informazioni sulla sorveglianza marittima”.
Il secondo radar previsto nell’isola di Lampedusa sarà messo a disposizione della 134^ Squadriglia Radar Remota dell’Aeronautica italiana, il primo avamposto della Nato nel Mediterraneo meridionale, come spiega il portavoce della Difesa. In una nuova torre di alloggiamento a Cala Ponente, l’impianto ospiterà il Fixed Air Defence Radar (FADR) RAT31-DL, acquistato dall’Aeronautica per la sorveglianza aerea a lunga portata e il potenziamento della rete operativa integrata nella catena di comando, controllo, comunicazione ed intelligence dell’Alleanza Atlantica.
Con un contratto del valore di 260 milioni di euro sottoscritto con Selex Es (Finmeccanica), la Difesa ha ordinato dodici impianti radar FADR per altrettanti siti italiani (oltre a Lampedusa, le stazioni siciliane di Noto-Mezzogregorio e Perino-Marsala; Mortara, Pavia; Borgo Sabotino, Latina; Capo Mele, Savona; Crotone, Jacotenente, Foggia; Lame di Concordia, Venezia; Otranto; Poggio Renatico, Ferrara; Potenza Picena, Massa Carrara), più due sistemi configurati nella versione mobile (DADR – Deployable Air Defence Radar).
Il FADR può essere controllato anche da centri posti a notevole distanza e la configurazione meccanica con cui è stato disegnato consente facilità di assemblaggio e smontaggio nei campi di battaglia. “Il RAT31-DL è stato sviluppato per rispondere ai futuri bisogni della difesa, dove la superiorità delle informazioni e dei comandi giocherà un ruolo sempre maggiore”, spiegano i manager di Selex-Finmeccanica. “Il sistema ha eccellenti capacità di scoprire e tracciare i segnali radio a bassa frequenza di aerei e missili, può supportare diverse funzioni come la difesa da missili anti-radiazione e da contromisure elettroniche. In Italia il FADR consentirà di controllare anche la presenza di missili balistici e comunicherà con gli altri punti di controllo nazionali e della Nato”. Grazie alla nuova rete radar, l’Aeronautica militare potrà pure avviare la sostituzione dei propri sistemi di sorveglianza aerea e rendere disponibili le frequenze necessarie all’introduzione della nuova tecnologia Wi-MAX (Worldwide Interoperability for Microwave Access) di accesso internet ad alta velocità in modalità wireless.
Il ministero della Difesa non ha inteso fornire i dati relativi alle emissioni elettromagnetiche del nuovo impianto radar di Lampedusa, affermando che “il programma è sottoposto a secretazione”. Scarne pure le informazioni sulle caratteristiche tecniche e di funzionamento del sistema FADR rese dall’azienda produttrice. La brochure di Selex ES rivela solo che il Fixed Air Defence Radar opererà in banda D e avrà una portata sino a 470 km di distanza e 30 km in altezza, una potenza media irradiante di 2,5 kW e una potenza dell’impulso irradiato di 84 kW. L’antenna opererà in una frequenza compresa tra 1,2 e 1,4 GHz (L-band), all’interno dello spettro delle cosiddette “microonde”.
Il 10 gennaio 2012, rispondendo a un’interrogazione parlamentare che stigmatizzava i rischi per l’uomo e l’ambiente delle emissioni elettromagnetiche del radar RAT31-DL di Marsala-Perino, l’allora ministro della difesa, ammiraglio Giampaolo Di Paola, affermava che “il nuovo radar, grazie al tipo di realizzazione e ad una tecnologia molto avanzata, presenta caratteristiche migliori rispetto al radar già esistente e sito nella medesima area, sia in termini di efficienza che di livelli di emissione elettromagnetica, riducendo la potenza di picco di trasmissione del 50% circa”. I dati, sempre insufficienti o incompleti, sulle emissioni riscontrate nel territorio marsalese erano in verità tutt’altro che tranquillizzanti. Sempre per Di Paola, “il valore massimo (picco) del campo elettrico prodotto dal radar attualmente in uso e riscontrato lungo la contrada Bufalata (a circa 1 chilometro dall’installazione militare) è di circa un quarto del limite previsto di 1952 V/m, mentre il valore massimo (medio) del campo elettrico (sempre a circa 1 chilometro dall’installazione militare), è di circa 7 millesimi del limite previsto di 61 V/m.”. Nessun rischio in futuro, dunque, per gli abitanti di Lampedusa? A Borgo Sabotino (Latina), dopo l’entrata in funzione del FADR RAT31-DL presso il locale centro radar dell’Aeronautica militare, i residenti hanno denunciato l’insorgenza di anomale interferenze che impediscono il buon funzionamento degli strumenti elettronici d’utilizzo quotidiano. Con un’interrogazione parlamentare, alcuni senatori del Movimento 5 Stelle hanno chiesto ai ministri della Difesa e della Salute “se siano a conoscenza dei problemi registrati a Borgo Sabotino e del corretto svolgimento degli atti e fatti che abbiano portato all’istallazione di antenne e apparecchiature simili, sia del grado dell’affidabilità di tale procedimento e dell’impianto funzionante per la salute dei cittadini residenti”. Ad oggi, però, il governo non ha voluto rispondere.
Con il nuovo impianto radar, l’Aeronautica militare rafforzerà ulteriormente il proprio dispositivo a Lampedusa. L’Ami è presente sull’isola dal 1958 con il “Teleposto Telecomunicazioni” e la “Stazione di Meteorologia”. Tale presenza si è ulteriormente evoluta negli anni successivi; nel 1986, con lo scoppio della crisi Usa-Libia e l’ancora misteriosa vicenda relativa al (presunto) lancio di due missili “Scud” contro la stazione trasmittente Loran C, gestita dal 1972 a Lampedusa da personale del Servizio Guardia Coste Usa, fu costituita la 134^ Squadriglia Radar, dotata prima del Sistema AN-FPS-8 e, nel 1989, del sistema MRCS (Mobile Radar Combat System), allo scopo di “garantire la sorveglianza e il controllo dello spazio aereo nazionale e Nato da eventuali minacce provenienti dall’aerea del Nord Africa”, come riporta il sito ufficiale dell’Aeronautica italiana. Sempre a Lampedusa, nel 1993, fu costituito il “Distaccamento Aeronautico” adiacente all’aeroporto (scalo classificato come “civile” pur se utilizzato spesso da aerei ed elicotteri militari), con la funzione di fornire il supporto logistico, tecnico e amministrativo a tutti gli enti dell’Aeronautica militare presenti sull’isola. A fine 1994, la 134^ Squadriglia prese possesso della stazione Loran C, dismessa dagli Stati Uniti d’America; quattro anni più tardi il reparto assunse la configurazione di “sensore remoto” con riporto dati al sito master di Noto-Mezzogregorio, sede del 34° Gruppo Radar. Nel 2004 venne installato nella ex base Loran il sistema radar a lungo raggio RAT-31 SL di Slex-Finmeccanica. A partire del 5 agosto 2008, con l’entrata in vigore del cosiddetto “decreto sicurezza” volto a contrastare la criminalità e l’immigrazione clandestina, il contingente dell’Aeronautica militare fu destinato alle attività di vigilanza interna ed esterna del Centro di identificazione ed espulsione / Centro di primo soccorso ed accoglienza migranti di Lampedusa. Gli avieri sono stati poi utilizzati a supporto degli interventi del personale dell’Esercito, della Polizia di Stato, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera, giunto in massa nell’isola con le crescenti “emergenze-sbarchi” di migranti e richiedenti asilo.
Gli uomini della 134^ Squadriglia Radar e del Distaccamento Aeronautico hanno pure fornito l’assistenza ai velivoli militari C-130J “Hercules”, utilizzati per trasferire i migranti in altri centri italiani, e agli automezzi della Protezione civile adibiti a Lampedusa al trasporto tende, bagni chimici, letti e derrate alimentari. Nel gennaio 2008, dopo la decisione del governo di allestire un nuovo CIE nei locali della ex base statunitense Loran C, gli avieri hanno curato i lavori di allestimento del centro-lager di 200 posti letto e le relative “operazioni minime di messa in sicurezza”. L’infrastruttura, carente di servizi medico-sanitari e spazi di socializzazione e del tutto isolata dal contesto isolano, è stata poi classificata eufemisticamente come “Centro di prima accoglienza migranti” e utilizzata dopo il 2011 anche per la detenzione di donne e minori non accompagnati.
Nei mesi scorsi, le autorità governative hanno decretato la fine della missione del personale dell’Esercito italiano, presente stabilmente a Lampedusa dalla primavera del 1986. “L’operazione Strade Sicure che garantirà la vigilanza del Centro di Soccorso e Prima Accoglienza continuerà comunque sull’isola sotto il comando del Raggruppamento Sicilia Occidentale (Reggimento Lancieri d’Aosta con sede a Palermo) e verrà condotta da un plotone di venti uomini dell’Aeronautica Militare”, ha chiarito il ministero della Difesa. La componente terrestre utilizzò originariamente come base operativa una struttura a Contrada Imbriacola, passata al demanio nel 2006 e successivamente divenuta sede del CIE/Centro migranti. “I compiti principali dell’Esercito sono stati quelli della vigilanza in concorso alle forze dell’ordine del Centro di soccorso e prima accoglienza e la vigilanza del deposito di barconi impiegati dagli scafisti”, ricorda la Difesa. “L’Esercito ha impiegato sull’isola anche alcuni militari di origini africane, con compiti di mediazione culturale, per facilitare i rapporti tra Istituzioni e migranti e interpretarne le esigenze utilizzando la loro lingua madre”. La migliore narrazione per trasformare agenti e 007 in samaritani