PALERMO- L’e-commerce potrebbe essere una delle risposte alle crisi. Sono il 35,5 % le piccole imprese italiane che si dichiarano propense a vendere online. Ma non solo in fase di vendita il commercio elettronico fa registrare alti livelli di interesse per gli imprenditori italiani: sono il 62,7 % le imprese, secondo il report dell’Osservatorio Unicredit piccole imprese, che effettuano acquisti sul web. E sono le piccole imprese gli attori economici più propensi a questo tipo di approccio alla vendita. Il 19% del fatturato, infatti, delle piccole imprese è rappresentato dalle vendite online. Abbiamo incontrato Giovanni Cappellotto, autore del libro e-Commerce come avviare,gestire e rendere profittevole anche il tuo negozio online, per capire meglio quale sia il modo di affrontare questo mercato, ancora in espansione. Consulente per le imprese e proprietrio del blog, che ha il suo stesso nome, Giovanni Cappellotto risponde alle domande del Mattino di Sicilia.
Ad oggi le piccole imprese che vendono online attraverso un sito proprietario sono circa il 52%, ma quale è attualmente la situazione che ci può descrivere del panorama italiano dell’e-commerce?
Una situazione complessivamente buona, questa è una delle poche attività che crescono ad alta velocità: i fatturati globalmente tendono a crescere da qualche anno. Purtroppo vivendo questa difficile situazione economica calano i valori generali del commercio, ma la frazione dell’e-commerce tende a crescere quello che stiamo vivendo è una trasformazione epocale non ci sarà una grande differenza tra i due commerci nel futuro.
Intende dire che non esisteranno più i negozi fisici?
Le persone più coinvolte dal sistema digitale comprano già online, gli altri fanno acquisti nei negozi tradizionali, ma in realtà non è la transazione finale a rivelare dei risvolti interessanti. Quello che sta succedendo è questo: il 90% delle persone iniziano un acquisto con una ricerca online, ma il 90% dei prodotti è acquistato off line. Io non credo che il commercio online arrivi ad essere quello predominante, potrebbe esserlo però per alcuni settori come il commercio. Il fatto è che in ogni caso se non sono anche online, semplicemente non esisto più.
Eppure si parla spesso di “resistenze” di imprenditori e consumatori a spostarsi in rete. Sono i consumatori o gli imprenditori ad opporsi maggiormente ad un cambiamento in questo senso?
Il consumatore è molto più avanti in questo percorso rispetto alle aziende, ma non perché sia più smaliziato. Più semplicemente il continuo connettersi al web ha messo in condizione i consumatori di essere così informati da acquisire una consapevolezza che ha generato poi delle dinamiche di mercato completamente stravolte. Un esempio: qualche anno fa gli hotel non pubblicavano i prezzi delle camere, adesso non solo pubblicano i prezzi delle stanze, ma esistono comparatori che scatenano guerre di prezzo tra gli albergatori.
Certo, ma questo sembra essere un mercato, quello dei servizi turistici, ormai con un know-how consolidato sul web. Se pensiamo ad altri mercati, come si possono affrontare i palesi limiti imposti dalla mediazione virtuale (misure, pesi, piccoli dettagli: solo per fare qualche esempio)?
Io sto pensando ad un settore difficile da vendere online come il mobile, i mobilieri hanno paura di esporre i loro prodotti e i loro prezzi perché temono la guerra tra i rivenditori e temono di fare sapere al pubblico come si faccia a trovare il prodotto. Per il produttore il cliente è il suo rivenditore, ma in realtà quando si sbarca sul web è il consumatore finale a diventare il cliente. I limiti, apparentemente oggettivi nella vendita online di questi prodotti, vanno aggirati in modo creativo e professionale. Devo pensare di mettere in evidenza prodotti e prezzi permettere in condizione i consumatori di fruire di tutti i vantaggi. La questione è semplice, la rete è uno strumento di comunicazione: per vendere devi comunicare bene anche sul web.
Si ma esistono difficoltà alle quali gli imprenditori, piccoli soprattutto, non possono opporre una resistenza reale. Prendiamo ad esempio la Sicilia, ha delle difficoltà oggettive legate alle infrastrutture ed i costi di spedizione?
La logistica e i costi di trasporto formano un vero collo di bottiglia sull’espansione dell’e-commerce nel nostro paese. L’Italia ha una conformazione tale, Sicilia, Sardegna Calabria e Venezia pagano lo stesso prezzo in questi termini, che limita l’espansione dei trasporti. In altri paesi i trasporti sono risolti meglio dai vincoli geografici, ma non solo sono le infrastrutture che rendono più semplice trasportar le merci ed espandere i mercati. Quello che va fatto è un doppio invito.
Il primo alla politica: che s’intervenga per migliorare la mobilità e i trasporti in tempi brevi, prima che sia troppo tardi. L’altro invito è quello alle imprese che fanno trasporti e logistica: se vogliono far crescere i fatturati devono offrire situazioni percorribili agli altri imprenditori. Il vero problema, almeno per me, è legato alla volontà delle imprese di fare investimenti sul lungo periodo per fare decollare il settore.
La Sicilia è celebre nel mondo per il suo artigianato di qualità e sicuramente per i prodotti del settore agro alimentare. Ma quali sono le difficoltà reali didi vendere i prodotti agroalimentari siciliani sul web ?
Tutto quello che noi definiamo come prodotto tipico lo definiamo all’interno di un area di pertinenza. I prodotti tipici non sono facilmente vendibili: sono legati a usi e costumi e interpretazioni. Voglio dire, per esempio: io quando sono in vacanza bevo il vino siciliano ma a casa scelgo di bere i prodotti locali. Il limite è quindi legato alla rappresentazione dei prodotti e nel modo di suscitare emozioni positive, nel rievocare un bel ricordo quando si effettua l’acquisto. La rappresentazione, così detta, a catalogo è un sistema molto vecchio di vendere, bisogna compensare la mancanza di possibilità di interagire con gli oggetti attraverso una comunicazione unica.
Insomma non basta mettere il proprio catalogo online e creare un buon rapporto qualità-prezzo-tempi di spedizione?
Devo pensare all’innovazione sulla rappresentazione dei prodotti se voglio vivere online. Potrei usare meglio i video, le sottoscrizioni con abbonamento e altri tipi di promozione per rendere migliore il rapporto tra il portale di vendita e il consumatore. Supponiamo che io abbia un azienda che produce prodotti agroalimentari siciliani dai dolci al vino: una delle soluzioni potrebbe essere quella di costruire offerte che raggruppano 4/5 prodotti e la metto in vendita. Al mio cliente arriva un seti di prodotti gratuiti e se nell’ordine successivo ne compra uno di questi avrà uno sconto o un bonus. In breve: trovare leve di marketing diverse dalla pura e semplice rappresentazione del prodotto, creando una vera e proprià comunità intorno ai prorpi prodotti.
Se un piccolo o medio imprenditore oggi decidesse di lanciarsi nel mondo del commercio elettronico esistono dei consigli che si sente di poter dare?
Il primo consiglio, per non finire travolti dall’immensità della rete, è definire la propria nicchia di mercato. Come conoscenza intendo dire che vanno fatti analizzare i competitors, analizzare il web, le parole chiave. Bisogna avere una conoscenza generale del settore che andiamo ad affrontare, ma non solo nella sua dimensione online, bisogna anche capire le dimensioni off line quanto e come possono incidere sulle strategie che le imprese useranno online.
Il secondo consiglio è molto più breve, penso che sia più una risposta che solo gli imprendiotiri possono dare a se stessi: “ Perché qualcuno dovrebbe comprare i miei prodotti?”. Rispondere a questa domanda è spesso il modo per evitare forti delusioni. L’ultimo consiglio che mi sento di dare è di evitare di sovrapporre le proprie idee personali alle indagini di mercato. Non sempre quello che funziona nel comemrcio tradizionale ha la stessa forza sul web.
E cosa non bisogna fare quando si pensa all’e-commerce?
Non bisognerebbe pensare che sia un extra, un’attività da affidare a qualcuno che non la conosca. L’e-commerce ha bisogno di un suo personale modello di business. In termini generali vendere online significa costruire un ramo d’azienda. Vuol dire al giorno d’oggi impiantare un attività economica con costi e spese vere: quindi bisogna quanto meno pensare di avere fondi sufficienti per partire. Non costa poco, anzi non bisognerebbe pensare che questa sia un’attività in regalo, che non genererà costi per l’azienda. La rete è un settore iper-competitivo, avere un modello di business molto dinamico e in grado di interagire con tutte le continue modifiche del mercato è l’unico modo per sopravvivere.
Quali sono gli errori che più spesso ha visto verificarsi nella fase di avvio di un negozio di e-commerce?
Dal mio punto di vista, questo è un problema di superficialità. Si pensa che sia una questione informatica: mi basta un programma per vendere per ottenere dei risultati. Mami si potrebbe scoprire che hai più bisogno di un copywriter che di un software. Potresti scoprire che è meglio collaborare con un art-director che presenti le cose in modo appetibile, rispetto ad una pura e semplice vendita a catalogo. I prodotti sul web non possono essere toccati, annusati o assaggiati ed è per questo che bisogna trovare la soluzione artistica-comunicativa migliore.
Nel corso degli anni abbiamo visto diventare sempre più variegata l’offerta di prodotti e servizi acquistabili online, non tutti sempre sono rappresentati da negozi di e-commerce. Come si può relazionare un imprenditore in questo mondo così diversificato?
Possiamo dire che la fase pioneristica dell’e-commerce è passata. Perché ogni giorno che passa arrivano nuove aziende e competitor e la difficoltà si sposta sul marketing piuttosto che sugli strumenti. Se devo pensare ad un investimento è il marketing rappresenta la prima scelta. Insomma qando apro un negozio non posso spendere tutto sull’arredamento: anche sul web quindi non esistono solo i “negozi tradizionali sul web”. Esistono almeno altri quattro modi diversi di vendere online: dai market place come Amazon ed E-buy, che consentono di fare test di lancio di prodotti a basso costo. Posso vendere online i miei prodotti attraverso siti di vendite private online, come Privali e BuyVip. Ma posso anche spostarmi sui siti di “grouponing”, attraverso i social network, affiliazioni su altri portali : se sono un imprenditore che vuole andare online devo pensare che ognuno di questi specifici ha una sua specificità. Potrebbero essere tutto, solo due o tre o una mescolanza di queste: le possibilità sono le stesse del mondo tradizionale solo con strumenti diversi.
Potremmo quindi parlare di buone prospettive per il futuro dell’e-commerce?
Sono buonissime, perché lasciando perdere la situazione economica attuale, ci sono alcune cose su cui difficilmente si torna indietro. Le persone sono in rete con un telefono in tasca, se esci senza soldi puoi stare ma senza smartphone non è pensabile vivere. Le persone sono sempre più collegate e utilizzano sempre meglio la rete e lo fanno sempre di più. Una parte interessante del fatturato tradizionale si sposta sull’e-commerce così come gli investimenti pubblicitari migrano sul web.
Esiste un modo economico e che non coinvolga troppe risorse con cui si possa fare un test per capire se può essere una buona scelta l’online?
Le aperture domenicali di alcuni negozi sono proprio un metro di riferimento perfetto in questo senso. Se invece di caricarmi di costi per tenere aperto la domenica, posso spostarmi sul web, mescolando la mia attività tradizionale con la vendita online, finanziandola con i soldi risparmiati dalle aperture domenicali. Ma potrei pensare anche di pensare in modo diverso dal solito, così come nel commercio tradizionale anche il web premia le persone creative che sanno cogliere l’andamento del mercato. Ci sono due negozi in Puglia che hanno tradotto il loro sito in russo e lo hanno pubblicizzato in quel mercato, adesso vendono abbigliamento classico da uomo in Russia chiudendo fatturati che prima di allora erano quasi inimmaginabili.
In conclusione cosa si sente di dire a chi sceglie di vivere l’esperienza commerciale sul web?
Il commercio online è aperto a tutti lo spazio è libero e disponibile ma io credo che in questo momento chi è un commerciante tradizionale o produttore tradizionale abbia tuto il vantaggio ad aprire una sua rappresentazione online. Vendono gli uomini non le macchine. Se uno è bravo a vendere lo fa bene offline e online. I limiti non esistono, per quanto sia complesso vendere alcuni prodotti online tutti
ottima intervista! Giovanni e’ di sicuro uno dei maggiori esperti italiani di e-commerce e social media marketing