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L'Eni progetta la fuga dalla Sicilia? Se è così Pil a rischio

eni

I sindacati, in particolare quelli della Provincia di Ragusa e Siracusa, sono sul piede di guerra e annunciano battaglie contro l’Eni accusata di aver messo in atto un piano che la poterà ad abbandonare definitivamente la Sicilia e L’Italia con la complicità del governo Renzi.  L’Eni, accusano i sindacati di Filctem CGIL, Femca Cisl e Uiltec Uil, lascerà l’Italia senza chimica di raffinazione da un giorno l’altro e la Sicilia diventerà un deserto industriale. La preoccupazione dei sindacati è che l’annunciata cessione di quote dell’Eni a un fondo di Private Equity per la chimica di Versalisi, sia il pretesto per una fuga dalla penisola e, in particolar modo, dalla Sicilia dove l’azienda è presente in modo massiccio. «L’exit strategy del cane a sei zampe dalla chimica e dalla raffinazione ha avuto inizio già nel 2008 con la chiusura del cracking di Gela, poi è stata la volta del politene di Gela e appresso ha chiuso pure l’impianto lineare di Priolo».

Secondo i sindacati, dunque, l’Eni da un lato annuncia continui investimenti, ma in realtà si tratterebbe solo di una politica di facciata perché, in realtà, l’intenzione reale sarebbe quella di smantellare le raffinerie seguendo un processo ben preciso iniziato con Porto Torres chiusa per far posto a una chimica verde che adesso per Eni non servirebbe più, con la cessione a titolo gratuito dello stabilimento di Sarroch alla raffineria SARAS della famiglia Moratti (eni ha versato 50ML di euro oltre alla cessione gratuita dei propri impianti per chiudere in fretta la trattativa), con lo stop alle produzioni del cracking di Marghera. E per finire, chiudendo i conti con la storica raffineria di Gela.

 Adesso tocca a Ragusa e Priolo?

Adesso la preoccupazione è che sia la volta delle raffinerie rimaste in Sicilia, nello specifico quelle di Siracusa e Ragusa dove Eni è presente da oltre sessant’anni. Ecco cosa scrivono i sindacati: «Eni Versalis in Italia occupa 5.200 dipendenti, solo del diretto. Gli stabilimenti di Ragusa e Priolo contano 700 addetti del diretto e mille dell’indotto. Le imprese terze che lavorano nei due petrolchimici sono a forte provenienza territoriale. Priolo e Ragusa sono un’unica entità industriale spalmata su due stabilimenti: Priolo produce l’etilene che Ragusa, poi, trasforma in politene. Il politene di Ragusa, 140 mila tonnellate annue, si presta a molteplici applicazioni industriali: dall’automotive, al film per alimenti e coperture agro e industriali, packaging, specialities sanitarie, rivestimento cavi elettrici e tubazioni, polimeri per pannelli solari, pavimentazioni, rivestimenti edili, abbigliamento e attrezzatture sportive, ecc ecc, dati Bankitalia 2014, il 70% delle esportazioni totali, dunque, la vendita della chimica di eni, con la chiusura delle realtà produttive di Ragusa e Priolo, assieme alla già contestualizzata chiusura della raffineria di Gela, significherebbe un crollo incontrollato del PIL che l’economia della regione non può permettersi. Il settore petrolifero rappresenta una componente importante del tessuto industriale italiano. Circa un quinto del petrolio italiano viene estratto in Sicilia, sia attraverso gli 81 pozzi su terraferma che tramite le 4 piattaforme off-shore. Eni ha annunciato investimenti per 2.2 miliardi di euro per nuove esplorazioni e perforazioni in Sicilia. La regione siciliana ha firmato un protocollo con eni per facilitare i nuovi processi esplorativi. Eni, a oggi, nonostante gli annunci e le continue rassicurazioni non ha speso un solo centesimo per favorire il nuovo progetto industriale che avrebbe dovuto accogliere gli esuberi del personale determinati dalla fermata della raffineria. A rischio, dunque, anche gli investimenti sulle esplorazioni petrolifere».

I sindacati hanno già indetto una serie di assemblee per spiegare ai lavoratori cosa sta accadendo ed hanno chiesto un’incontro al Governo perché prenda una posizione in merito, la vertenza, assicurano, è solo all’inizio.

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