In pochi se ne sono accorti, ma in tutto il mese di Gennaio la Giunta del governatore Rosario Crocetta, la terza in due anni e mezzo, si è riunita solo una volta: il 13 Gennaio. La Regione Siciliana è, politicamente, paralizzata. L’intesa Pd – Crocetta è già finita. In compenso il governo Renzi ha imposto un assessore, Alessandro Baccei, che ha in mente un piano lacrime e sangue per salvare la Sicilia dal baratro. E se prima era solo Crocetta a fare il muso, adesso anche tra i renziani del Pd qualcuno alza la voce, soprattutto da quando si è saputo dalle anticipazioni del Mattino di Sicilia che, tra i tanti tagli previsti, è compresa una drastica riduzione dei consiglieri comunali e dei loro compensi. “Non si può ledere la democrazia” è una delle frasi più sentite dai democratici anti – Baccei. C’è da dire che, però, l’assessore altro non prevede che l’equiparazione dei gettoni e delle indennità dei consiglieri comunali e dei sindaci siciliani a quelli degli altri enti locali italiani. Per capirci, a Palermo ci sono più consiglieri comunali che a Milano, e prendono anche un gettone più ricco.
L’Ars non vara una legge degna di questo nome da Agosto. L’ultima legge approvata è stata quella, importante, per carità, sui testimoni di giustizia. Ma sono al palo ancora dossier importanti come la riforma delle ex province, la formazione (in bilico ci sono 450 milioni di euro), l’acqua pubblica. Nessuna riforma è all’ordine del giorno, e l’unica legge in vista da approvare è il mutuo da due miliardi di euro per il quale è atteso il voto finale. E i rumor dicono che almeno metà dei deputati regionali del Pd non ha alcuna intenzione di votare la legge di programmazione economica che Baccei sta preparando e che dovrà essere varata entro Aprile. Ciò aumenta le tensioni tra Palermo e Roma, perchè il governo Renzi non darà alcuna mano a Crocetta (si è visto già con il gran rifiuto a nominarlo commissario per l’emergenza rifiuti) se prima non ci sono le riforme. E, insomma, di questo passo, la Regione presto potrebbe ritrovarsi da sola a fare i conti con un buco mostruoso: 3,6 miliardi di euro. Ma il tema è: le riforme le decide Roma e Palermo le subisce, o le decide Palermo con l’aiuto di Roma?
I mal di pancia non sono solo del Pd. Tutti hanno qualcosa da dire, anche l’Udc, anche Leanza, che ha chiesto la “convocazione di un tavolo con tutti i deputati della maggioranza” perchè “così non si può andare avanti”.
Alzano la voce i sindacati. I segretari generali di Cgil, Cisl e Uil siciliane, rispettivamente Michele Pagliaro, Mimmo Milazzo e Claudio Barone, in una lettera inviata al governatore Rosario Crocetta e all’assessore Alessandro Baccei sostengono che la stuazione è drammatica: «A meno di 100 giorni dal 30 aprile scadenza ultima per l’approvazione del Bilancio della Regione, da Palazzo d’Orleans giungono notizie frammentarie e sempre a mezzo stampa, dalle quali sembra emergere, peraltro, che la legge di stabilità non possiede quel respiro programmatico di cui la Sicilia ha bisogno». I sindacati chiedono l’avvio immediato del confronto con le parti sociali sui documenti economico- finanziari. «Lo scenario è drammatico – sottolineano i tre esponenti sindacali – con 220mila siciliani che hanno perso il lavoro, 320mila famiglie nella fascia della povertà assoluta e un indebitamento della Regione che supera gli 8 miliardi. In questo contesto il confronto con le parti sociali non può più essere rinviato».