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Mafia, confiscati beni a esponenti clan di Corleone

Avevano favorito la latitanza del boss Bernardo Provenzano ed affermato il proprio potere sul territorio, oggi una plurima operazione dei Carabinieri li priva dei loro beni.
In esecuzione di tre distinti provvedimenti del Tribunale di Palermo, scaturiti dalle minuziose indagini dei militari del Raggruppamento Operativo Speciale e del Comando Provinciale di Palermo, l’Arma ha inferto un duro colpo al patrimonio della mafia corleonese per un valore complessivo superiore ai 4 milioni.


Il R.O.S., che ha una struttura che si occupa esclusivamente di indagini economico – finanziarie, accertamenti patrimoniali e misure di prevenzione, ha eseguito una cospicua confisca di tre milioni e mezzo di euro nei confronti di Mario Salvatore Grizzaffi (disposta in 1° grado dal Tribunale di Palermo) e Gaetano Riina (disposta in 2° grado dalla Corte d’Appello di Palermo), rispettivamente nipote e fratello del noto capo mafia Totò Riina, nonché di Rosario Salvatore Lo Bue, soprannominato “Saro Chiummino” e del figlio Leoluca.


L’operazione giunge al termine di un lungo percorso investigativo che aveva già consentito di assicurare allo stato i patrimoni illeciti acquisiti nel tempo da Salvatore Riina e da Calogero Giuseppe LO BUE, già colpiti da decreti di confisca; quest’ultimo già condannato in via definitiva per aver favorito la latitanza di Bernardo Provenzano.


Gravemente indiziati di appartenere al sodalizio mafioso, ai Lo Bue risultavano riconducibili una serie di beni, intestati fittiziamente a terzi, acquistati in assenza di redditi leciti compatibili nonché in condizioni di sperequazione. La confisca, riguardante abitazioni, conti correnti, libretti di risparmio, terreni e beni aziendali, colpisce soggetti già gravati da numerosi precedenti penali ed acclarati legami con la mafia. In particolare Rosario Salvatore Lo Bue ha avuto storicamente un ruolo attivo quale “uomo d’onore” e membro apicale della famiglia di Corleone, inserita nell’omonimo mandamento mafioso, negli anni in contatto con esponenti di spicco quali Salvatore Riina e Leoluca Bagarella.


Mario Salvatore Grizzaffi è stato definitivamente condannato per aver commesso un’estorsione con metodi mafiosi, nell’ambito del più ampio programma investigativo che aveva fatto luce sulla rete di sostegno del boss Bernardo Provenzano nonché sulla riorganizzazione dell’associazione dopo la cattura del capo mafia avvenuta nel 2006 in Corleone, Montagna dei Cavalli; in precedenza fu condannato anche per il favoreggiamento della latitanza di Giovanni Brusca.
I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione ad un sequestro beni a carico di PITARRESI Giampiero, per un valore complessivo stimato in circa seicentomila euro, consistente in due abitazioni a Misilmeri, un’autovettura e sette rapporti bancari.


Pitarresi, tratto in arresto nel dicembre del 2015 nell’ambito dell’operazione “Panta Rei” dei Carabinieri di Palermo, è attualmente detenuto perché condannato – in secondo grado – alla pena di anni 14 di reclusione perché ritenuto intraneo a “Cosa Nostra”, nella sua articolazione territoriale del mandamento di Misilmeri, famiglia di Villabate.
Già nel 2009 il Pitarresi aveva subito una condanna per associazione mafiosa per aver fatto parte
del gruppo che, in più occasioni, aveva fornito ausilio al boss latitante Bernardo Provenzano.
Dopo anni di militanza quale sodale con compiti di particolare rilievo, aveva assunto il pieno controllo
della famiglia mafiosa di Villabate, quale gestore della cassa e mandante di tutte le azioni illecite
nel territorio, tra cui estorsioni e traffico di stupefacenti.

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