Ad uno ad uno stanno cadendo molti pilastri della gestione dei beni sequestrati alla mafia a Palermo. Da quando, in seguito agli scandali, Silvana Saguto è stata rimossa dalla guida della sezione delle misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, molti provvedimenti di sequestro per centinaia di migliaia di euro sono stati ritirati. L’ultimo caso è quello dell’architetto Rizzacasa, caso emblematico perché, in virtù del sistema chiamato del “doppio binario”, che scinde le vicende penali da quelle legate alle misure di prevenzione, Rizzacasa continuava ad avere tutti i beni sequestrati nonostante un’assoluzione per associazione mafiosa sino in Cassazione.
Si tratta di un immenso patrimonio valutato circa 200 milioni di euro, comprendente, fra l’altro, la società Immobiliare Sant’Anna, la “verde Badia” che consta di un complesso edilizio di 35 immobili, la Arbolandia, la Abitalia, che comprende il supercinema di Via Cavour, attualmente sede della Feltrinelli di Palermo e l’Aedilia Venusta, a parte un consistente numero di automezzi, auto di lusso, camion, assieme a una serie di strutture in cui stava realizzando lavori.
Rizzacasa era stato arrestato nel 2010 con l’accusa di riciclaggio e di fittizia intestazione dei beni: in pratica avrebbe costruito il suo impero nel settore dell’edilizia investendo soldi della mafia. Il punto d’unione sarebbe stato Salvatore Sbeglia, condannato in primo appello a otto anni, perché ritenuto vicino ai mafiosi Ganci, del quartiere Noce. Ma già nel 2013 Rizzacasa era stato assolto dalle accuse di essere stato un imprenditore legato alla mafia, assoluzione poi confermata in Cassazione nel 2014. Alla sua assoluzione si è associata quella di Salvatore Sbeglia.
Il processo, denominato “mafia e appalti”, istruito dall’allora pm Roberto Scarpinato, e dall’altro pm Nino Di Matteo, ha perse pure un altro pezzo importante: l’imprenditore Francesco Lena, proprietario della struttura turistica “Abbazia di Sant’Anastasia” di Castelbuono (Palermo), assolto in tutti e tre i gradi di giudizio
Per Rizzacasa i giudici accolgono così le tesi degli avvocati Giuseppe Oddo, Raffaele Bonsignore e Santi Magazzù ed escludono la pericolosità sociale dell’architetto
Prima di Rizzacasa gli ultimi dissequestri sono stati per i beni dei parenti del boss Alessandro D’Ambrogio, per gli albergatori Ponte, per una parte del patrimonio del ragioniere ed ex deputato di Villabate Giuseppe Acanto. Ed ancora è caduto il sequestro che colpiva Giuseppe Corradengo, un imprenditore su cui era piovuta l’accusa di essere in combutta con i mafiosi dell’Acquasanta, e alle imprese agricole di Giovanni Simonetti.