Preoccupazione degli operai della Tecnis, il colosso siciliano delle grandi opere, dopo che l’impresa è stata raggiunta dall’interdittiva antimafia. In ballo ci sono appalti per centinaia di milioni di euro non solo in Sicilia, ma in molta parte del Sud Italia.
La Tecnis è finita nella bufera con l’arresto dei vertici catanesi dell’impresa, Mimmo Costanzo e Concetto Bosco, avvenuto il 22 ottobre nell’ambito delle indagini sugli appalti Anas. Costanzo e Bosco, in quell’inchiesta, sono accusati di corruzione. Ma le carte della vicenda Anas costituiscono solo la parte finale dell’istruttoria che ha portato la prefettura a emanare il provvedimento di interdizione. L’ultima misura, infatti, ha come presupposto indizi, o meglio “elementi sintomatici” di contiguità dell’impresa con Cosa nostra. Ciò, dunque, non significa che i due imprenditori sono indagati per mafia ma, secondo la prefettura, c’è materiale sufficiente per negare la certificazione necessaria a partecipare a gare d’appalto o a eseguirle.
«Sul caso Tecnis, i sindacati hanno posto il problema delle aziende coinvolte nel processo produttivo dei singoli cantieri, nel corso di un incontro al Ministero dello Sviluppo economico». Lo riferiscono i segretari generali di Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil di Catania, Giovanni Pistorio, Nunzio Turrisi e Francesco De Martino, che riassumono anche lo stato del confronto tenutosi a Roma. Per il Ministero era presente Giampietro Castano, responsabile della Unità Gestione Vertenze. «La preoccupazione più forte – spiegano i sindacalisti – riguarda le ricadute occupazionali, oltre che le spettanze arretrate, compresa la cassa edile. Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil nazionale, regionale e provinciale di tutti i territori interessati, hanno interpellato il Ministero per lo sviluppo economico a proposito del blocco dei lotti successivi; un’ipotesi purtroppo possibile se non riprende l’operatività dei cantieri e se non si completano le opere secondo le scadenze previste. Siamo anche preoccupati per la perdita dei finanziamenti europei».
«Nell’incontro al Mise – fanno sapere i sindacati – l’azienda ha riepilogato le tappe clou del caso Tecnis;dal 22 ottobre i due soci catanesi sono agli arresti domiciliari. Il 9 novembre è stato presentato il piano di ristrutturazione del debito, che ha cristallizzato la situazione e bloccato tutte le iniziative dei creditori. L’ 8 dicembre è stata fissata l’udienza per l’ammissione che potrebbe portare, se tutto funziona, alla possibilità di saldare i debiti accumulati».
«Il piano prevede – si legge nella nota dei sindacati – il pagamento integrale dei debiti stimati in circa 100 milioni con una dilazione dei tempi di pagamento. I debiti ammontano a 20 milioni di euro verso il fisco, 25 verso le banche, 55 verso fornitori e lavoratori. In questo percorso si è inserita una interdittiva antimafia secretata che è arrivata alla società lo scorso 12 novembre; interdittiva che è arrivata anche a tutte le società controllate da Tecnis e che ha di fatto causato la caduta del consiglio di amministrazione. Solo con la nomina dei commissari per la gestione della società da parte del commissario nazionale antimafia – che dovrebbe arrivare entro 10 giorni dalla interdittiva – l’azienda tornerà operativa».
«Il Mise si è invece impegnato – prosegue la nota dei sindacati – a sollecitare il Prefetto di Catania per la nomina del commissario, a riconvocare il tavolo in sua presenza e invita l’azienda ad un dialogo più frequente e strutturato con le organizzazioni sindacali a livello territoriale. Il rappresentante dell’impresa ha posto l’attenzione sui crediti vantati verso le committenze (si tratta di circa 28 milioni di euro per stati di avanzamento scaduti) ma ha anche rassicurato i presenti sul fatto che sia stato individuato il percorso per pagare. Nel giro di qualche giorno potrebbero essere saldate le retribuzioni arretrate relative al mese di settembre. Anche i sindacati catanesi chiederanno un incontro urgente al Prefetto di Catania».
Intanto il sindaco di Catania Enzo Bianco ha convocato in municipio, venerdì 20 novembre, le organizzazioni sindacali per un incontro sulla vicenda Tecnis. Il primo cittadino condivide la preoccupazione per la sorte dei dipendenti, di cui il 40% Sicilia, dell’azienda che sta eseguendo importanti lavori a Catania e in Sicilia, tra cui quelli per la realizzazione della Metropolitana e dell’Ospedale San Marco a Librino, per i quali c’è il rischio che non vengano completati.
ATI GROUP. Ma la Tecnis non è l’unica azienda impegnata nel settore infrastrutturale che desta preoccupazione. Infatti manifestano giovedì 19 a Palermo i lavoratori dell’Ati Group, l’azienda di Bagheria definitivamente confiscata all’imprenditore Michele Aiello. I 110 lavoratori non percepiscono la cassa integrazione in deroga da aprile e la parte di loro che ha potuto lavorare non ha ricevuto le retribuzioni degli ultimi mesi. In via Trinacria, sede dell’assessorato al Lavoro, si terrà a partire dalle ore 9 di giovedì un sit-in per sollecitare la firma dell’accordo sulla cassa integrazione in deroga.
“A pagare a causa delle inerzie degli uffici provinciali del lavoro sono migliaia di lavoratori, tra questi ci sono anche quelli di Ati Group – dichiara il segretario della Fillea Cgil Palermo Francesco Piastra – Il direttore provinciale Gianni Vindigni ha riferito alle organizzazioni sindacali di non essere nel condizioni di procedere alla stipula dell’accordo perché attende la delega sugli ammortizzatori sociali in deroga da parte del nuovo direttore generale, che ha sostituito la dottoressa Corsello”.
I lavoratori di Ati Group, intanto, hanno manifestato con un atto formale all’Agenzia per i beni confiscati la loro disponibilità a formare una cooperativa che riceva in affitto il ramo d’azienda del settore dell’edilizia. “Ma attendono ancora, inspiegabilmente, di ricevere una proposta scritta, fondata su un piano che preveda concrete possibilità di ripresa e di continuazione dell’attività produttiva – aggiunge Piastra – Un piano basato, oltre che sui bilanci e sulle previsioni di mercato, anche sulla reale situazione economica dei contratti d’appalto in essere”.
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