PALERMO – Povero, costretto a chiedere soldi in prestito. E ora anche più debole, molto più debole. Il boss latitante Matteo Messina Denaro appare fiaccato, costretto anche subire i veti di una donna, la sorella della madre. Per quanto possa essere fiaccato un uomo che pur non essendo presente è temuto nel suo territorio. Anche se, come spiegano gli inquirenti, negli ultimi anni sono stati sequestrati o confiscati a prestanome almeno due miliardi di euro.
Ma l’operazione interforze coordinata dal procuratore aggiunto di Palermo Teresa Principato condotta a Castelvetrano, paese dei Messina Denaro, che ha portato in carcere trenta persone tra cui la sorella del boss latitante Anna Patrizia e il nipote prediletto Francesco Guttadauro ha ulteriormente contribuito a indebolire l’apparato che protegge la latitanza del boss di Castelvetrano in provincia di Trapani: colpendo la famiglia che è il vero motore della sua latitanza. Proprio a Castelvetrano sono stati arrestati la sorella, che agiva da vero e proprio capo imponendo con crudeltà e determinazione estorsioni, e il nipote, erede sia per parte di madre che di padre di una famiglia di alto lignaggio mafioso. Con questa operazione è sono state sequestrate anche due società che gli inquirenti hanno definito la cassaforte della famiglia Messina Denaro da cui arrivavano i proventi per i latitanti e i detenuti. Ma sono stati arrestati anche prestanomi e boss in ascesa, imprenditori e professionisti che avrebbero favorito gli affari della famiglia mafiosa di Castelvetrano.
Ed è interessante in questa operazione antimafia analizzare il ruolo di Francesco Guttadauro, figlio di Rosalia Messina Denaro e Filippo Guttadauro, dunque erede di due famiglie mafiose molto importanti: per parte di madre legato a Matteo per parte di padre legato ai Guttadauro boss del quartiere palermitano di Brancaccio (quello dei Graviano per intendersi), con solidi rapporti con la politica. L’arresto potrebbe rappresentare l’esame di maturità per questo rampollo di mafia educato a esercitare il potere criminale, cresciuto e coltivato per diventare un capo, capace di gestiore gli interessi economici, di mediare e di imporre la volontà della famiglia al territorio grazie al cognome e alle parentele. Un ruolo che gli viene riconosciuto (e contestato) dagli inquirenti.
E c’è ancora il ruolo delle donne che qui contano, eccome se contano. Rosa Santangelo, zia di Matteo Messina Denaro, sorella della madre del boss latitante, discute in cucina (ascoltata dalle cimici degli investigatori) di affari e soldi, si oppone agli ordini del nipote. Sono solo spunti di quello che il procuratore aggiunto Principato, riferendosi all’ordinanza di custodia cautelare eseguita ieri notte, definisce «un grande romanzo e come tutti i grandi romanzi va letto con calma».