La mafia puntava a entrare nel business dell’ecobonus 110%. Il boss di Barcellona Pozzo di Gotto Mariano Foti aveva cercato contatti con imprenditori e politici locali come, Mario Tindaro Ilacqua, dipendente della ditta Pi.esse.i. srl che opera nel settore delle energie rinnovabili per creare una rete imprenditoriale che ottenesse appalti legati all’eco bonus 110%. E’ quanto emerge dall’inchiesta sul clan mafioso di Barcellona Pozzo di Gotto. Secondo gli inquirenti sarebbero state create le basi per una “rete commerciale” a cui affidare il compito di segnalare gli edifici su cui effettuare i lavori di ristrutturazione edilizia e di efficientamento energetico previsti dall’ecobonus.
L’attività investigativa che ha portato a 81 arresti è stata avviata nel 2018 e coordinata dalla Procura Distrettuale di Messina ha disarticolato l’attuale operatività della famiglia mafiosa “dei barcellonesi”, storicamente radicata nel comune di Barcellona Pozzo di Gotto (ME) e sul versante tirrenico della provincia di Messina, capace di esercitare un costante tentativo di infiltrazione anche in attività imprenditoriali e di economia lecita, sia nel settore della commercializzazione di prodotti ortofrutticoli – nel cui ambito la consorteria si è inserita attraverso imprese fittiziamente intestate, non mancando di imporre, con metodo mafioso, forniture dei prodotti e prezzi di mercato da applicare sulla merce, sia nella conduzione del business dei locali notturni e ricreativi del litorale tirrenico nell’area di Milazzo, in cui, oltre a imporre i servizi di sicurezza mediante l’utilizzo di metodi coercitivi e intimidatori – tra cui l’incendio doloso di una sala ricevimenti riconducibile a imprenditori concorrenti – l’associazione mafiosa è sovente intervenuta per condizionare i titolari nell’attività gestionale.
Gli investigatori hanno fatto luce sull’ulteriore e rinnovata operatività della mafia barcellonese, la cui esistenza è stata accertata negli anni con varie sentenze, all’esito di numerosi procedimenti penali (Mare Nostrum, Icaro, Vivaio, Pozzo, Gotha, Dinastia), che ne hanno decimato le fila con l’arresto e la condanna di capi storici e gregari, documentandone la struttura associativa, il modus operandi e gli efferati delitti, nei vari periodi di riorganizzazione interna ed assestamento del sodalizio conseguenti ai numerosi interventi repressivi subiti.
Le indagini condotte dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Messina hanno consentito di evidenziare la spregiudicatezza e la piena operatività della cosca di mafia, mediante una continuità garantita dai sodali di maggiore spessore criminale liberi sul territorio ovvero ristretti agli arresti domiciliari, i quali, sovente – appena scarcerati – in spregio ai provvedimenti restrittivi a cui erano sottoposti, si sono resi protagonisti di incontri e di interlocuzioni volte alla definizione di strategie condivise e dei nuovi assetti ed equilibri organizzativi – resisi necessari in seguito alle numerose operazioni di polizia giudiziaria che negli ultimi anni hanno interessato numerosi sodali di vertice – concordando di ricostruire un’Alleanza tra i vertici della citata famiglia di mafia, in passato allontanatisi, per imporre una regia unica alle sistematiche attività delittuose e ripristinare una cassa comune (denominata “paniere” o “bacinella”) dove far confluire i proventi delle attività illecite, in parte destinati al sostentamento degli affiliati ristretti in carcere.
La riorganizzazione della mafia barcellonese ha riguardato non solo la riscossione sistematica e programmata delle estorsioni in danno di imprese ed esercizi commerciali, da prelevare nelle festività di Pasqua, Natale e Ferragosto, ma anche la pianificazione ed esecuzione di azioni intimidatorie quali incendi e violenze fisiche che hanno certamente sortito l’esito voluto, come dimostrato dalla mancanza di collaborazione da parte delle vittime che, in taluni casi, non hanno denunciato il rinvenimento di bottiglie incendiarie.
Le investigazioni hanno inoltre permesso di rilevare come l’associazione investigata, di cui è stata accertata la disponibilità di armi, anche da guerra, si sia prodigata al fine di monopolizzare le attività delittuose nel territorio, non solo attraverso il taglieggiamento degli imprenditori locali, ma anche mediante:
- il controllo del business della prostituzione, esercitato nell’area milazzese da un’associazione promossa da individuo contiguo alla “famiglia mafiosa”, a cui garantiva periodiche dazioni di denaro in cambio di “protezione”;
- l’approvvigionamento di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente, destinata alle piazze di spaccio Barcellonesi, Milazzesi e di altri comuni della provincia;
- la gestione di bische clandestine ove promuovere il gioco d’azzardo;
- la capacità di stabili interlocuzioni con altre consorterie mafiose radicate in Sicilia e in Calabria
Mafia a Barcellona: l’interessamento per le elezioni amministrative
Sono state inoltre riscontrate, in occasione delle elezioni amministrative tenutesi a Barcellona Pozzo di Gotto il 4 e il 5 ottobre 2020, interlocuzioni tra un uomo di vertice dell’associazione mafiosa e soggetti appartenenti al mondo della politica, indicative di una promessa, in cambio di posti di lavoro e altre utilità, di supporto elettorale a un candidato.
Contestualmente all’operazione, sono stati sottoposti a sequestro preventivo 3 società – di cui 1 operativa nel settore immobiliare ed utilizzata per agevolare, con appartamenti dati in affitto, lo svolgimento dell’attività di meretricio, e le restanti nella vendita all’ingrosso di ortofrutta, riconducibile agli odierni indagati, 4 immobili – di cui due impiegati come case di prostituzione e due fittiziamente intestati – nonché 1 locale e 1 veicolo, per un valore complessivo di circa 1 mln. di Euro.
Un secondo collegato filone investigativo condotto dai Carabinieri della Compagnia di Barcellona Pozzo di Gotto (ME), coordinato sempre dalla Procura Distrettuale peloritana, avviate in seguito alla scarcerazione di un sodale di spicco della “famiglia barcellonese” deputato alla gestione del traffico di stupefacenti e finalizzate ad approfondire e contrastare lo specifico settore illecito, ha consentito di individuare due associazioni che alimentavano a vario titolo le piazze di spaccio non solo di Barcellona Pozzo di Gotto, ma anche di altri comuni dell’area tirrenica, tra cui Rodì Milici, Terme Vigliatore e Milazzo, spingendosi finanche – nello spaccio al dettaglio – a Messina e a centri situati sulla fascia ionica della provincia, nello specifico Letojanni e Giardini di Naxos. A riscontro delle attività, sono stati sequestrati durante l’indagine circa 19 kg. di sostanza stupefacente tra cocaina, hashish e marijuana.
Il business nel settore degli stupefacenti
Il terzo filone investigativo è stato sviluppato dai Carabinieri della Compagnia di Milazzo ed ha ulteriormente consentito di documentare la filiera al dettaglio dello spaccio di sostanze stupefacenti del tipo marijuana, hashish, LSD e cocaina, approvvigionate ad opera di due distinti gruppi criminali e distribuite nell’area di Milazzo, della Valle del Mela, del barcellonese e nelle Isole Eolie. È stata inoltre accertata, in capo ad alcuni indagati, la disponibilità di armi da fuoco, nonché il ricorso a minacce, percosse e danneggiamenti (in una circostanza alcuni degli indagati hanno sequestrato e rapinato un giovane, condotto in un luogo isolato, percosso violentemente e derubato) al fine di riscuotere i proventi di cessioni ancora non onorate, nonché la commissione svariati furti in danno di abitazioni, un istituto scolastico e diversi esercizi pubblici (lidi balneari, un cantiere nautico e un’autorimessa), commessi per assicurarsi il danaro per l’acquisto di partite di sostanza stupefacente. Nel corso delle investigazioni, i militari operanti hanno – tra l’altro – arrestato in flagranza 5 persone e deferite altre 10 in stato di libertà, per detenzione illecita di sostanze stupefacenti e detenzione illegale di arma comune, furto, ricettazione ed altro.
Complessivamente nei richiamati provvedimenti cautelari, il Giudice per le Indagini Preliminari ha riconosciuto i gravi indizi comprovanti la sussistenza del reato di associazione di tipo mafioso per 13 persone e del reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti per 22 indagati, con la rubricazione dell’aggravante del metodo mafioso nei confronti di 42 indagati.