I supermercati appartenuti al prestanome di Matteo Messina Denaro chiuderanno il 31 dicembre: rischiano il posto di lavoro 500 persone – L’amministrazione giudiziario: non ci aiuta nessuno e quando sono arrivato io le banche mi hanno chiuso la porta in faccia
TRAPANI – “Guardi, funzionava così: la sera, prima di chiudere la cassa, scendeva sempre qualcuno dall’amministrazione, e ci diceva quanto dovevamo battere in più di scontrini. Di solito erano cinquemila euro, a volte molto di più, altre volte non scendeva nessuno. Ogni tanto veniva direttamente il signor Pino, sempre gentile, e ci diceva: che fa, me la battete un po’ di merce per questa cifra….?”. Sono le parole di una cassiera dell’Eurospar del centro Belicittà di Castelvetrano, il più grande centro commerciale della provincia di Trapani. Il signor Pino è Giuseppe Grigoli. Ha cominciato vedendo detersivi all’ingrosso, ed è fallito. Poi, improvvisamente, a Castelvetrano lo hanno visto diventare negli anni ‘80 e ‘90, ricco, ricchissimo. Camminava con auto di lusso, dava lavoro a tutti, apriva supermercati Despar in ogni angolo della provincia di Trapani, e poi via fino a Palermo e ad Agrigento. Il gruppo 6GDO, la sua azienda di distribuzione di prodotti alimentari era una delle realtà più floride della Sicilia Occidentale, tanto che ad un certo punto, dati alla mano, il 10% del fatturato Despar in Italia era suo
Naturalmente, come avviene da queste parti, c’era il trucco. Giuseppe Grigoli era il prestanome del capo di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro. Intimissimo con la famiglia mafiosa di Castelvetrano, aveva utilizzato i suoi supermercati per riciclare i milioni di euro di provenienza illecita, e si era avvalso della forza intimidatrice della mafia per azzerare la concorrenza, imporre condizioni capestro ai fornitori, falsare il mercato. E’ stato condannato a 12 anni di reclusione. Per l’impero di Grigoli è arrivata la confisca dei beni da parte dello Stato:il valore dei beni (dodici aziende tra cui il gruppo 6Gdo e il Centro Commericale Belicittà, conti di famiglia, immobili, terreni….) vale quasi il Pil della provincia di Trapani: 600 milioni di euro. Una grande sconfitta per la mafia.
Ma il gruppo 6Gdo, la sua ex azienda, oggi amministrata dallo Stato, che controlla, oltre al centro commerciale, anche una rete di supermercati Despar in provincia di Trapani, Agrigento e Palermo, va verso il crac. 500 lavoratori perderanno il posto. Una grande sconfitta per lo Stato. La deadline è il 31 Dicembre. Entro quella data i 43 supermercati Despar più i 40 affiliati del gruppo 6Gdo in provincia di Trapani dovranno consegnare le chiavi, e abbassare definitivamente le saracinesche. L’imperativo vale per tutti: Despar, Eurospar, Superstore, Interspar ad Agrigento e Trapani. Molti lo hanno già fatto. Da un giorno all’altro hanno chiuso i supermercati più grossi di Marsala e Trapani, via via si stanno adeguando gli altri. Nel frattempo, non vengono più riforniti di merci, gli scaffali sono semivuoti, l’aria tra i lavoratori decisamente malinconica.
“Io faccio questo lavoro da 30 anni – dichiara la signora Palma Oddo, titolare di un piccolo supermercato Despar di Trapani – e adesso me ne devo andare via come un canuzzo”. Anche per l’ordine per lei è stato perentorio: consegnare le chiavi entro il 31 Dicembre. “Ma io da qui non me ne vado – continua – e staremo aperti fino all’ultimo giorno”. Con la signora Oddo lavorano altre dieci persone: “La ditta non ce la fa, così ci dicono”. La ditta è il Gruppo 6Gd0 che “non ce la fa a comprare più le merci e a rifornirci. E se a noi non arrivano le merci cosa dobbiamo vendere?”. Cosa succederà per gli impiegati dei Despar dopo il 31 Dicembre? “Non lo sappiamo – continua Oddo – perchè siamo frastornati non capiamo nulla, speriamo che qualcuno compri la catena di supermercati”. In questo senso, nelle diverse assemblee che si sono succedute in questi giorni è girata la voce insistente di un interessamento della catena “Il Centesimo”, che fa riferimento alla Cds Spa di Caltanissetta. Ma dal quartier generale dell’azienda nessuno rilascia in questo senso dichiarazioni.
Un occhio al futuro, un occhio al passato. Perché l’amara constatazione, purtroppo, è che, prima, quando c’era lui, il signor Pino, ai supermercati Despar le cose filavano lisce come l’olio: “Mai avuto nessun problema, prima” è quello che sottolineano tutti i titolari dei supermercati Despar. E il “prima” si riferisce proprio a Grigoli e all’anno in cui tutto è cambiato: il 2006, quando i suoi beni, vengono sequestrati dallo Stato, e al gruppo 6Gdo arriva un amministratore giudiziario, Nicola Ribolla.
Cosa è successo in questi sette anni? Perchè un’azienda florida va verso il fallimento? Una risposta Ribolla l’ha data proprio al processo in cui era imputato Giuseppe Grigoli e nel quale è stato chiamato a testimoniare. Nella sua lunga deposizione Ribolla ha spiegato quanto anormali erano le condizioni in cui lavorava Grigoli, “tant’è – ha detto – che appena è arrivato il rappresentante dello Stato, perchè questo è l’amministratore giudiziario, improvvisamente molti supermercati associati hanno chiesto di disdire il contratto con noi, i fornitori non ci hanno fatto più credito, e anche le banche ci hanno chiuso i rubinetti”. Già, le banche. “Voi non siete il signor Grigoli”, così dissero gli istituti di credito all’amministratore giudiziario che chiedeva l’apertura di una linea di credito. In altre parole: il rappresentante di Matteo Messina Denaro dava alle banche garanzie, il rappresentante dello Stato non ne da.
Comincia così una storia difficilissima, che è poi la storia di molte aziende confiscate alla mafia. Nove su dieci falliscono, dati alla mano. E la vicenda del gruppo 6Gdo spiega anche il perchè: sono aziende che, purtroppo, in un contesto di normale concorrenza non riuscirebbero a sopravvivere. E’ già avvenuto con un’altra azienda di Grigoli: la “Provenzano”, azienda casearia. Dopo l’ingresso dello Stato, i libri sono finiti in tribunale e i lavoratori a casa. La “Provenzano” aveva sede a Giardinello, vicino Palermo. Con Grigoli contava 52 dipendenti. Nel 2006, con il sequestro, 13 dipendenti vengono licenziati. La chiusura, lo scorso maggio, lascia a piedi i restanti 39. L’azienda era nata con un finanziamento pubblico, tanto per cambiare, previsto dai Patti territoriali. Al momento della chiusura la sua esposizione debitoria era di 28 milioni di euro. Stessa sorte capiterà anche alle altre aziende del gruppo. L’anno scorso è stata messa in liquidazione la “Special Fruit srl” che si occupava del commercio di frutta e verdura per i supermercati di Grigoli, e non solo, dando lavoro direttamente a 27 persone, con un fatturato di 10 milioni di euro l’anno, e un indotto di centinaia di contadini e coltivatori che vendevano i meloni, l’uva, la frutta e la verdura all’azienda. Come beffa, in questo caso, va ricordato che, nel 2010, in Prefettura, a Trapani, si era siglato uno dei tanti “protocolli di legalità” per salvare il fatturato delle aziende sottratte alla mafia, ed alla “Special fruit” era stato garantito un cliente di eccezione: la Coop. La cosa aveva suscitato il solito clamore mediatico (“Sui banchi della Coop arriva la frutta della legalità”), ma, evidentemente, complice anche la situazione della Coop, il protocollo non è servito a salvare l’azienda. Chissà cosa potrebbe salvare adesso il Gruppo 6 Gdo. I sindacati chiedono l’intervento dello Stato. L’emergenza è la liquidità: servono soldi per pagare fornitori e dipendenti, e ci sono parecchi crediti da riscuotere. La Cgil ha scritto al Presidente della Repubblica, ma finora l’unico ad interessarsi del problema è il Sindaco di Castelvetrano, Felice Errante, consapevole del fatto che la stragrande maggioranza dei 500 dipendenti del gruppo sono suoi concittadini.