Beni per 45 milioni sono stati sequestrati dalla Guardia di Finanza di Catania a Giovambattista Puccio, 58 anni, imprenditore leader del settore degli imballaggi del settore ortofrutta nel Ragusano. Tra i beni sequestrati, per la successiva confisca, numerose società, 15 conti correnti, 11 fabbricati e 50 terreni a Vittoria.
Accusato di appartenere a due organizzazioni storicamente rivali, la ‘Stidda’ e ‘Cosa nostra’, è detenuto dal dicembre del 2017 quando fu arrestato nell’ambito dell’operazione ‘Ghost trash’ perché “ritenuto responsabile della creazione di un vero e proprio ‘cartello mafioso di imprese’ che ha assunto il dominio del settore degli imballaggi nel territorio di Vittoria”.
Per la Procura distrettuale di Catania, che ha coordinato le indagini della Guardia di Finanza, il successo delle società di Puccio sarebbe dovuto alla “riconosciuta appartenenza all’organizzazione mafiosa”, che gli ha permesso di “estromettere le aziende concorrenti che non si piegavano alle condizioni imposte, assumendo in tal modo il controllo dell’intera filiera commerciale” pur “senza ricorrere, quasi mai, all’uso della violenza”.
La ‘tecnica’ di Giombattista Puccio, secondo il Nucleo di polizia economico-finanziario ella guardia di finanza di Catania, guidato dal tenente colonnello Francesco Ruis, ha trovato conferme anche dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia: da decenni il mercato degli imballaggi di Vittoria è in mano a imprese mafiose che impongono agli operatori del settore l’acquisto di cassette di plastica per l’ortofrutta da aziende conniventi a loro riconducibili. Le aziende che non accettano tali condizioni vengono tagliate fuori dal mercato. Proprio in tale sistema che, sottolinea la Gdf, ha asfissiato ogni libera iniziativa economica, Puccio Giombattista stabiliva i prezzi di vendita ripartendosi gli utili con gli altri sodali.
La sua caratura criminale, ricordano le Fiamme gialle è “evidenziata dalle sue precedenti condanne con sentenze definitive intervenute, nel 1999, per aver offerto assistenza a diversi latitanti appartenenti alla Stidda e, nel 2003, per aver fatto parte del clan di Cosa Nostra Mammasantissima negli anni 1997 e 1998”.
Nelle sue imprese mafiose, operanti da anni nella produzione di imballaggi per i prodotti ortofrutticoli e nella gestione dei rifiuti, che secondo l’accusa sarebbero “formalmente amministrate da prestanome (tra i quali, i due figli Giovanni e Luigi, la figlia Giuseppina, le nuore Zaira Scribano e Floriana Guarnera nonché persone di fiducia come Salvatore Asta e Gianluca Sanzone) Puccio non appariva titolare di cariche sociali, pur gestendone in prima persona i lucrosi affari”.
Pure “emergendo quale dominus indiscusso nei rapporti con i diversi clienti e fornitori, Puccio”, è l’accusa della Guardi di Finanza, Puccio “assegnava quote sociali e incarichi amministrativi ad altre persone, al fine di escludere l’applicazione di misure di aggressione patrimoniale nei suoi confronti”.