Sentenza d’Appello per il processo Golem 2. La Corte d’Appello di Palermo ha condannato l’imprenditore, Giovanni Filardo, cugino di Matteo Messina Denaro a 11 anni e 6 mesi reclusione per i reati a lui contestati. Assolto invece, Leonardo Ippolito l’imprenditore di Castelvetrano che era rimasto in carcere per alcuni anni in attesa di giudizio. Ippolito e Filardo erano stati coinvolti nell ’iter giudiziario del processo “Golem 2” che portò in carcere diversi esponenti, ritenuti vicini al super latitante, Matteo Messina Denaro. I giudici della corte d’appello oltre a confermare le condanne emesse in primo grado agli altri imputati dell’operazione “Golem2″ hanno accolto la richiesta di condanna per Giovanni Filardo e respinto la richiesta di pena per Leonardo Ippolito a 18 anni di reclusione, confermando l’assoluzione.
Confermate le condanne agli altri imputati tra cui il boss latitante Matteo Messina Denaro, condannato a 10 anni per la partecipazione all’associazione mafiosa dal 2008 al 2009: per il periodo precedente c’era a carico del boss una condanna passata in giudicato a 20 anni.
A 14 anni e 6 mesi era stato condannato l’imprenditore Giovanni Risalvato. Dieci anni la pena inflitta a Vincenzo Panicola, cognato di Messina Denaro, 12 a Maurizio Arimondi, 13 a Tonino Catania e a Lorenzo Catalanotto, 4 a Marco Manzo, 2 anni e 3 mesi a Nicolò Nicolosi. Rigettato il ricorso della Procura generale per Calogero Cangemi.
La sentenza sancisce il tentativo messo in atto dall’associazione mafiosa trapanese di limitare l’azione politica del Partito Democratico attraverso l’intimidazione al capogruppo in Consiglio comunale di Castelvetrano, riconoscendo un risarcimento al PD regionale, costituitosi parte civile di 50.000 euro. “Siamo di fronte ad una sentenza per certi aspetti storica, che certifica l’impegno in prima linea del Partito Democratico, dei suoi amministratori e dei suoi rappresentanti contro la mafia e ogni forma di sopruso criminale”. Lo dice il segretario regionale del PD Siciliano Fausto Raciti. La sentenza riconosce un risarcimento di 50 mila al Partito Democratico Siciliano, che si era costituito parte civile nel procedimento relativo alla intimidazione nei confronti del capogruppo PD a Castelvetrano Pasquale Calamia, al quale era stata bruciata la casa.