Grossi proventi da evasioni fiscali, ma forse anche da altro, operazioni di società fittizie, somme che sfuggono allo “scudo fiscale,” un immobile, sede di una nota clinica privata, comprato con i soldi che rientrano in Italia, alcuni nomi di spicco dell’imprenditoria farmaceutica ma non solo e un consulente di fiducia, da sempre vicino ad ambienti politici che contano.
Tutti ingredienti di una storia da manuale, finita con 3 indagati e un sequestro di beni per il valore di 10 milioni di euro.
Un’inchiesta che ha impegnato gli uomini del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza e della Dia in oltre un anno e mezzo di indagini fatti con intercettazioni e pedinamenti, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia diretta dal Procuratore della Repubblica di Messina, Maurizio De Lucia.
Non poteva essere solo un’indagine fiscale, è stato ribadito dagli inquirenti, proprio per lo spessore e il ruolo rivestito a Messina dalle persone coinvolte.
Tutto ha inizio con una segnalazione della Banca d’Italia, (ne arrivano 97mila ogni anno), di sospetti trasferimenti di denaro per riportare in Italia capitali di una società del Lussemburgo con il ricorso allo Scudo fiscale.
Da lì partono le indagini per ricostruire i passaggi di una complessa operazione finanziaria. Nel 2002 vengono trasferiti nella Aughi Sa, società del Lussemburgo, transitando attraverso la Svizzera, oltre 2miioni di euro, mentre in Italia qualche giorno prima nasce la Villa Cappellani srl. Uno dei due soci all’1% di questa società è il commercialista Dario Zaccone, ex presidente dei revisori dei Conti del Comune di Messina e attuale consulente della Commissione Straordinaria di liquidazione del Comune di Milazzo, incarico da cui è stato sospeso, dopo la diffusione delle notizie sulle indagini che lo vedono indagato per riciclaggio. Il 99% lo detiene un altro soggetto, non indagato nell’operazione, che poco dopo cede la quota alla Aughi Sa. Quegli spostamenti di capitali sarebbero riconducibili agli imprenditori Dino e Aldo Cuzzocrea e all’ex psichiatra Antonio Di Prima, indagati per trasferimento fraudolento di titoli e valori, che avrebbero fatto ricorso a dei prestanome. Di Prima è uno psichiatra in pensione, ex presidente del Banco di Credito siciliano. Nello stesso anno, la Villa Cappellani srl, rappresentata da Zaccone, compra il complesso immobiliare, dove ha la sua attività la Casa di cura, per circa un milione 800mila euro, grazie ad un finanziamento concesso dalla stessa Aughi. La clinica è gestita dal 2010 dal gruppo Giomi Spa che paga un affitto e non risulta coinvolto nell’inchiesta, continuando la sua attività con l’accreditamento regionale. Nel 2006 Dario Zaccone cede il suo uno per centro e la Aughi, che ha trasferito la sede a Catania, diviene socio unico della società Villa Cappellani srl. “La società estera anonima, scrive il Gip Daniela Urbani, è riconducibile a Dino Cuzzocrea e Antonino Di Prima i quali, adereriscono allo Scudo fiscale” ter del 2009 (che consentiva la regolarizzazione e il rimpatrio dei capitali detenuti all’estero e non dichiarati al fisco). I due soggetti attraverso mandati conferiti alla Consursio Fiduciaria Spa, procedevano al rimpatrio giuridico di quote societarie e di finanziamento soci di questa impresa per importi consistenti. Cuzzocrea scudava quote azionarie e di finanziamento soci per un milione 099mila 990 euro, mentre Di Prima per 733mila 153 euro. Nel 2011 l’Aughi viene trasformata nella Immobiliare Cappellani Srl della quale Dino Cuzzocrea è socio al 60% ed amministratore unico, mentre il restante lo detiene Antonino Di Prima. La nuova società incorpora la società Villa Cappellani acquisendone il pieno controllo. Un giro di operazioni per fare perdere le tracce dei soldi utilizzati per l’acquisto dell’immobile sede della clinica Cappellani, spiega tra l’altro Sebastiano Ardita procuratore aggiunto che insieme al sostituto Fabrizio Monaco ha coordinato le indagini. Da alcuni contatti emersi nelle indagini si potrebbe profilare altro. Nel decreto siglato dal Gip Urbani si parla di un incrocio tra Dino Cuzzocrea e l’imprenditore calabrese Pasquale Rappoccio, soggetto “ritenuto contiguo a temibili contesti mafiosi in territorio calabrese e tratto in arresto per intestazione fittizia di beni nell’interesse di organizzazioni mafiose, quindi anche sotto questo profilo non può escludersi che le complesse manovre societarie in questione, fossero funzionali a condotte di ripulitura di denaro sporco”. Il Gip cita un episodio segnalato dalla Guardia di Finanza nel 2015 ”da cui risulta che Aldo Cuzzocrea nel 2007 versava sul suo conto un assegno di 500mila euro, la cui provvista proveniva per la metà da Rappoccio e, per quanto consta, finalizzata all’acquisto di una farmacia in fallimento”. Gli indagati respingono ogni accusa. “I capitali oggetto del procedimento in questione sono stati “scudati” l’11 dicembre del 2009 versando allo Stato (con modello F24 già in possesso degli inquirenti) la non irrilevante somma di 55 mila euro. Tanto è da solo sufficiente a rendere del tutto infondata, dice Bonaventura Candido, difensore di Dino e Aldo Cuzzocrea, ogni ipotesi di reato ed errato il sequestro disposto che sarà oggetto di immeditata impugnazione.
Cuzzocrea è un cognome con un peso non indifferente nella Messina dei decenni scorsi, tre fratelli originari di Seminara, nella Piana di Gioia Tauro che hanno conquistato una posizione dominante in vari settori dell’economia cittadina ma anche nel mondo accademico e cpn agganci politici trasversali. Sfiorati da una serie di inchieste giudiziarie, sono sempre usciti indenni. Il terzo fratello degli attuali indagati, Diego Cuzzocrea, morto 16 anni fa, è stato Rettore dell’Università di Messina negli anni ’90, costretto a dimettersi all’inizio del suo secondo mandato nel 1998 per alcuni avvisi di garanzia ricevuti con l’accusa di favoreggiamento del professor Luigi Longo, quest’ultimo indagato per collusioni mafiose. L’ex Rettore fu accusato di essere al centro del verminaio messinese dall’allora vice presidente della commissione Antimafia Nichi Vendola. Gli anni del “verminaio” erano quelli in cui a comandare dentro l’Università di Messina era la ‘ndrangheta. Con i suoi professori “amici” con studenti che agivano come veri e propri commandi operativi, con politici compiacenti, la ‘ndrangheta aveva il controllo assoluto dell’Ateneo. Esami comprati e venduti, professori minacciati e costretti a promuovere gli amici degli amici, traffici di stupefacenti e di armi, tutto questo all’interno della principale industria di Messina, l’Università ed in particolare il Policlinico. Le accuse nei confronti dell’ex Rettore furono archiviate nel 2000. I Cuzzocrea appartengono ad una facoltosa famiglia di proprietari terrieri divenuti in pochi anni imprenditori di successo del settore farmaceutico, informatico e della sanità privata con interessi che nel tempo sono spaziati dall’edilizia alla ristorazione, all’emittenza televisiva. Il gruppo economico Cuzzocrea – Candido è un nucleo di potere cresciuto attraverso i legami delle due famiglie calabresi che hanno deciso ad un certo punto di trasferire a Messina il baricentro dei loro affari. Ben presto, fratelli, nipoti, consulenti legali, cominciano ad occupare posti di rilievo nell’apparato pubblico, una ragnatela di posizioni difficile da districare così come le tante partecipazioni e intestazioni societarie. Spicca in particolare la Sitel Spa, società del settore informatico di Aldo Cuzzocrea, già amministratore della Usl 44 di Lipari, che gestiva le operazioni di carico farmaci al Policlinico Universitario. Con la Bull ed Mds, la Sitel si era anche aggiudicata, con il 42% di ribasso, la gestione dei servizi informatici del Comune di Messina. Determinanti nel consolidamento economico del gruppo di Seminara sono state le attività del settore farmaceutico, con il coinvolgimento diretto e trasversale a numerose aziende siciliane e calabresi. Le cliniche privata furono un altro oggetto di interesse dei Cuzzocrea che cominciarono nel 1996 entrando proprio nella Cappellani acquisendo, attraverso la società Sviluppo srl, con amministratore unico Dino Cuzzocrea, la maggioranza della titolarità dalla famiglia Verzera.