Messina, sei mesi trascorsi invano con una condotta idrica su un territorio che frana e una Regione latitante davanti ai problemi di dissesto idrogeologico. Un cedimento del terreno, stavolta a Sant’Alessio, un tubo che si rompe, l’erogazione idrica bloccata e l’incubo dell’emergenza di fine ottobre, che mise in ginocchio la città per oltre 20 giorni, che torna. Stavolta tutto si è risolto in 48 ore ma è sconcertante che ci si ritrovi ancora con una condotta di circa 70 chilometri con 40 punti di criticità accertati e senza che siano partiti gli interventi di messa in sicurezza, propedeutici al ripristino definitivo dell’acquedotto. Siamo fermi alla soluzione tampone adottata dopo il cedimento di Calatabiano, con dei tubi flessibili utilizzati per realizzare un by-pass, e l’intervento finanziario di due milioni di euro del Governo nazionale, stanziati con l’ordinanza di protezione civile, con cui si sta ripristinando quella parte di versante a ridosso del comune catanese. Nessuna traccia del milione e 24mila euro resi disponibili dalla Regione, quando i riflettori dei media nazionali erano puntati su Messina, trovati nelle economie di vecchi accordi di programma. Grave che in questi anni non si siano cercate fonti alternative di approvvigionamento idrico sul territorio che invece adesso sembrano emergere a decine. E’ anomalo che una condotta che si estende per 70 chilometri in un territorio a rischio frane non sia mai stata seriamente monitorata ed è anomalo un sistema di distribuzione idrica cittadina che non consenta un equa distribuzione dell’acqua in tutti i quartieri, con abitazioni che restano servite solo dall’acquedotto della Santissima e quelle del palazzo accanto solo da Fiumefreddo. Queste stranezze le hanno evidenziate, durante l’emergenza idrica l’ingegnere capo del Genio Civile Leonardo Santoro ma anche Fabrizio Curcio, Capo del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile e Calogero Foti, commissario inviato da Palermo, così come si è parlato dei 1300 litri al secondo che riceve la città di Messina in condizioni normali ma in realtà, in rapporto agli abitanti ne basterebbero la metà. Si è detto di perdite lungo la condotta e allacci abusivi sulle quali si stanno facendo ulteriori verifiche. La Procura di Messina ha aperto un indagine sull’intera vicenda e ci potrebbero essere dei risvolti nelle prossime settimane. Un acquedotto obsoleto quindi non a “schema ridondante a maglie chiuse ma ramificato” su cui sono state spese ingenti risorse per manutenzioni ordinarie e straordinarie con la prassi delle esternalizzazioni. Nel 2014 per svariati interventi sulla rete cittadina l’Amam ha speso oltre un milione e mezzo di euro, attraverso cottimi fiduciari, e dopo la frana di Calatabiano, nel 2015, si parla di una spesa di due milioni di euro oltre le risorse impiegate durante l’anno per le solite manutenzioni. Nei due milioni ci sono anche i 760mila euro che Siciliacque ha richiesto per i 250l/s di cui la città dal 5 novembre usufruisce, provenienti dall’Alcantara, attraverso un by-pass che non è servito però durante il guasto di alcuni giorni fa. Altra anomalia emersa in questi mesi è l’enormità delle tariffe chieste da Siciliacque, la società che gestisce l’acquedotto dell’Alcantara, visto che il sistema utilizzato è meno oneroso rispetto a quello che porta l’acqua da Fiumefreddo e ci si chiede perché la Regione non ha previsto a suo tempo un tetto massimo nel bando di concessione, trattandosi di un servizio pubblico.
In tutto questo scenario, dove sono chiari i mali ma ancora lontane le soluzioni, ci sono tutti i presupposti perché si verifichi un evento simile a quello dello scorso ottobre, e a ribadirlo da mesi è il presidente dell’Amam, Leonardo Termini, con la consapevolezza dello studio sulla vulnerabilità effettuato, che tra i siti a rischio ha individuato anche quello oggetto della recente rottura (codice “A1FZ – Sbocco Galleria Forza d’Agrò”), sebbene lo stesso non fosse censito né dal Pai né nell’inventario frane del Cnr. “L’interruzione dell’acquedotto Alcantara – dice Leonardo Termini- costituisce la principale vulnerabilità del sistema idrico del Comune di Messina. Appare inverosimile che dopo gli eventi del 2015 i lavori di ripristino dell’acquedotto Alcantara non risultino avviati né si hanno notizie dello stato di progettazione”. L’Amam ha già acquisito la progettazione preliminare delle opere di mitigazione delle vulnerabilità che prevede un investimento complessivo di sei milioni di euro per realizzare interventi diffusi lungo tutto l’adduttore per mettere in sicurezza l’infrastruttura, consentire un monitoraggio della stessa ed attivare una manutenzione programmata; nell’ambito del progetto preliminare sono previsti anche i necessari rilievi di dettaglio e le indagini sui vari siti a rischio, indispensabili e propedeutici per il corretto sviluppo delle successive fasi progettuali e per una più accurata caratterizzazione dei siti. Il difficile adesso è trovare le fonti di finanziamento.“Il progetto preliminare – dice il presidente dell’Amam – è stato anche illustrato alla Protezione Civile lo scorso 12 aprile chiedendo, nello spirito di collaborazione e fattività indicati dal commissario per l’emergenza idrica Foti, un supporto nel reperimento dei fondi necessari alla sua realizzazione. Nella stessa riunione, nell’ambito dei siti a rischio, sono state evidenziate due aree (contrada Parrino e Torrente Miliano I) in evidente dissesto che costituiscono un imminente pericolo per la funzionalità dell’acquedotto, e per questo è stato chiesto un intervento immediato agli organi competenti”.
Si deve capire adesso di chi siano le competenze, visto che recentemente dall’Assessorato al territorio e ambiente hanno fatto sapere che non è la Regione a dovere intervenire, tesi sottolineata dallo stesso Rosario Crocetta qualche giorno fa.
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