Non si capisce per quale idea di sviluppo della città si stia lavorando. Un disorientamento che si avverte ormai spesso quando si assiste a confronti e dibattiti su progetti su cui l’Amministrazione comunale è chiamata a fare delle scelte che condizioneranno il futuro del territorio. Sta succedendo anche per il Piau (Programma innovativo in ambito urbano) la cui stesura non sembra stia riscuotendo consensi né da parte degli ordini professionali né dai consigli circoscrizionali coinvolti, tanto che il gruppo di progettisti sta ancora lavorando su variazioni e aggiustamenti non si sa ancora fino a che punto rispondenti alle osservazioni presentate. Si parla di riqualificare un’area importante della città che va dalla Stazione marittima fino al “curvone Gazzi”, ponendo al centro il recupero di tutto quell’affaccio a mare finora negato alla città, ma senza avere forse una linea chiara del percorso da seguire per dare identità e forza ad un progetto che rischia alla fine di non stare in piedi perché non si sono sapute fare scelte coraggiose. Inglobato nel Piau c’è il Piano particolareggiato riguardante le aree ex Zir ed ex Zis, zone dove si vorrebbero trasferire volumetrie destinate a residenze, secondo la delibera cosiddetta “Salvacolline”. La strategia seguita dall’Amministrazione Accorinti, così come pensata dalla precedente dell’ex sindaco Buzzanca, consiste nello “spostamento” dei volumi previsti dal “vecchio” Prg nelle zone collinari, nelle aree ex industriali, entrate a far parte del patrimonio comunale. Ma questa scelta non convince neppure ingegneri e architetti. Le ex zone industriali con la legge Regionale 8 del 2012, con la quale è stata disposta la soppressione delle Asi e l’istituzione dell’Irsap, rientrano nelle competenze urbanistiche del Comune. Una grande occasione, secondo Santi Interdonato, consigliere della terza circoscrizione, per “imprimere a queste aree un’identità chiara riconducibile a quella che si considera la naturale vocazione del nostro territorio e “vivificare” il lunghissimo affaccio a mare per troppi anni sottratto alla fruizione dei cittadini”. Si potrebbe quindi prevedere la delocalizzazione delle attività produttive di carattere industriale insistenti nelle aree ex Zir e Zis, non coerenti con la destinazione turistico commerciale, utilizzando il “Piano particolareggiato per gli insediamenti produttivi di Larderia” – il cui iter risulta bloccato in attesa che si provveda ad attivare la procedura tecnico amministrativa per il rilascio della Vas (Valutazione Ambientale Strategica). Alla base di questa stasi procedurale pare ci sia una mancanza di risorse dell’Irsap ma sostanzialmente il Comune non ha mai mostrato una volontà politica mirata alla nascita di un’area produttiva a Larderia e dare così una finalità ad una cinquantina di capannoni, per buona parte vuoti ormai da anni. Nel Piano che si sta elaborando si prevedono invece numerosi interventi di edilizia residenziale e per l’ex Zir si profila una permanenza delle aziende così come d’altra parte chiede il presidente di Confindustria, Nuccio D’Andrea. Ma mantenere l’area ex Zir così come si trova, secondo Interdonato, “contrasta in maniera evidente con quanto previsto dall’art. 23 della Legge Regionale n. 8/2012 che riferendosi alle aree gestite dall’ex Consorzio ASI qualifica le stesse come “.. non aventi più caratteristiche di zone industriali poiché ricadenti nell’agglomerato urbano…”. Secondo il consigliere Pd il cambiamento di destinazione dell’area ex Zir, così come per la Zis, attraverso il relativo piano particolareggiato, rappresenta non una facoltà per il Comune di Messina, bensì un obbligo di legge che come tale va rispettato. La linea di Palazzo Zanca invece sarebbe quella di non turbare gli equilibri nei rapporti con gli imprenditori che difficilmente accetterebbero di trasferirsi in un’area decentrata per lasciare il posto a negozi, parchi e alberghi. Altra questione controversa riguarda la liberazione del territorio dalla presenza dei fasci ferroviari e che il Piau che i progettisti stanno elaborando non prevede. “L’Amministrazione Comunale sta accettando senza battere ciglio che si mantenga anche per il futuro la storica cesura tra la città ed il suo mare rappresentata dalla presenza ingombrante dei binari ferroviari, dice Interdonato- che nei fatti resteranno sempre la dove sono stati. Non si sta valutando alcuna soluzione alternativa, come per esempio l’interramento dei binari (vedi lungomare di Reggio Calabria) e lo spostamento della stazione a Gazzi”. Su questo punto non sembra che ci siano margini per un cambio di rotta. Sembra infatti chiaro che RFI non intende cedere al Comune alcuna area, anzi, potrebbe compiere investimenti non legati allo sviluppo del sistema trasporti, bensì per edificare e realizzare profitti. Rfi è a tutti gli effetti un partner del Piano è stato sempre ribadito, le aree ferroviarie sono pianificate in modo coerente con tutta la visione del piano, secondo Giacomo Villari del gruppo di progettazione, e la società può adottare i propri progetti di trasformazione che anzi possono servire da esempio per altri interventi di rigenerazione. Resta comunque aperto l’interrogativo sul tipo di città che si vuole ridisegnare per il futuro.