Si incendiano i tubi che portano l’acqua da Fiumefreddo a Messina e in città viene bloccata l’erogazione idrica. L’incubo per i messinesi quindi ritorna dopo otto mesi trascorsi in attesa che interventi strutturali potessero dotare la città di un sistema sicuro e all’avanguardia per fare arrivare l’acqua in tutte le case. Ci sono tre ordini di assurdità in questa vicenda, la prima è che dei tubi pieni d’acqua prendano fuoco, la seconda è che qualcuno pensa che sia successo per autocombustione, l’ultima, la più colossale, è che non è stato sostituito il by-pass in polietilene e klevar, realizzato a novembre, dopo la frana di Calatabiano che ha messo fuori uso parte della condotta che rifornisce la città dello Stretto. Quei tubi dovevano essere utilizzati non oltre i quattro mesi perché adottati come soluzione provvisoria, in una situazione di alta criticità. L’incendio all’alba di stamattina ha distrutto i 4 tubi flessibili, costati circa 500 mila euro, per un tratto di 150 metri e adesso si lavorerà per ripristinare la medesima provvisorietà, mentre si prevedono ancora disagi in una città già da giorni convive con tonnellate di rifiuti accatastate per le strade. Si stanno attivando fonti alternative come il by-pass dall’Alcantara di Furci Siculo e l’assessore comunale alle politiche del territorio Sergio De Cola ha parlato di un parziale ripristino entro un paio di giorni di almeno due dei quattro tubi danneggiati per arrivare entro breve ad un rifornimento pari circa al 70% del fabbisogno, ma non vi sono certezze su quanto durerà questo stop all’erogazione né sulla fattibilità degli interventi. Le riserve dei serbatoi dell’Amam saranno utilizzati per una distribuzione razionata mentre si sta attivando sul territorio il rifornimento con autobotti. Nel pomeriggio si è tenuta una riunione tecnica in Prefettura e Palazzo Zanca ha attivato il Coc. La distribuzione razionata non allevierà però i disagi in alcune zone della città, molti quartieri infatti subiranno ancora le conseguenze di un anomalo sistema idrico cittadino che non consente un equa distribuzione dell’acqua in tutti i quartieri, con abitazioni che restano servite solo dall’acquedotto della Santissima e quelle del palazzo accanto solo da Fiumefreddo. Sono in corso intanto indagini da parte dei Carabinieri per chiarire la dinamica di questo incendio, la cui origine sembra ormai certo sia dolosa, partito da due inneschi localizzati nella parte centrale dei tubi. Erano giorni che si lanciavano allarmi perché si temeva quello che alla fine è successo, da quando la zona è stata interessata da estesi roghi che hanno mandato in fumo ampie porzioni di macchia mediterranea. Ma intorno alla condotta di Fiumefreddo non vi erano sterpaglie visto il monitoraggio che veniva fatto, sia dai tecnici dell’Amam che da quelli del comune di Calatabiano. “Un incendio annunciato” si potrebbe dire che ripropone il problema di una condotta di 70 chilometri posta in una zona soggetta a continui movimenti franosi, con 40 punti di criticità, accertati e senza che siano stati avviati gli interventi di messa in sicurezza, propedeutici al ripristino definitivo dell’acquedotto. Da dichiarazioni dell’Assessore al Territorio e ambiente Maurizio Croce sembra che gli Uffici regionali della protezione civile abbiano presentato il progetto solo un mese fa ed è stato emesso un decreto di finanziamento da un milione e 24mila euro, che ora è in fase di registrazione alla Corte dei Conti. L’interruzione dell’acquedotto Alcantara poi secondo i vertici Amam costituirebbe un’ulteriore vulnerabilità del sistema idrico del Comune di Messina. I lavori di ripristino dell’acquedotto Alcantara dovevano essere avviati dopo l’emergenza di novembre ma non si capisce lo stato reale della progettazione. Intanto “dal 4 maggio, data di chiusura dello stato di emergenza nazionale, sono il Comune di Messina e l’Amam, -fa sapere il Capo del dipartimento di protezione civile, Fabrizio Curcio,- che gestiscono in ordinario il sistema di monitoraggio del movimento franosi e il sistema di approvvigionamento dopo gli interventi effettuati durante la gestione emergenziale”. Nella gestione così approssimativa del “dopo emergenza” forse nessuno si può tirare fuori dalle responsabilità anche perché non hanno funzionato soprattutto le famose sinergie tra Enti tanto evocate e alla fine sempre disattese.