Non ci sono riscontri, ma sulle Ong (Organizzazioni non governative) accusate di essere in combutta con i trafficanti di uomini vi sono accertamenti su diversi fronti.
C’è il faldone «conoscitivo» aperto dalla Procura di Catania, altri due a Palermo e a Trapani, un’indagine (anch’essa «conoscitiva») avviata dalla Commissione Difesa del Senato. Ma ci potrebbe qualcosa di più concreto di un semplice sospetto nella denuncia pubblica fatta dal procuratore di Catania Carmelo Zuccaro su possibili collegamenti tra qualche Organizzazione non governativa e i trafficanti di uomini che stanno in Libia. Lui non lo dice chiaramente ma basta leggere con attenzione le sue dichiarazioni e si capisce che le intercettazioni hanno captato conversazioni in lingua araba tra soggetti che stanno sulla terraferma in Libia ed esponenti delle Ong che dichiarano di essere lì pronti a recuperare i migranti. Poi vi sono le navi con i trasponder spenti per non essere individuate e infine c’è quella che lui stesso definisce “un’ipotesi di lavoro”.
A partire dall’estate 2015 alcune Ong hanno sostituito il ruolo che tra fine 2013 e fine 2014 aveva svolto Mare Nostrum, soccorrere i migranti in mare. Oggi sono 9 (alcune si sono trasferite nel Canale di Sicilia dopo la chiusura della rotta balcanica): Save the Children, Medici senza Frontiere, la italo-franco-tedesca Sos Mediterranée, la spagnola Proactiva Open Arms, le tedesche Sea Watch Foundation, Life Boat, Sea-Eye, Jugend Rettet e la maltese Moas. Dall’esame dei bilanci delle Ong già acquisiti dalla procura di Catania risulta una enorme disponibilità finanziaria giustificata per alcuni molto meno per altri. “Stiamo lavorando per sapere chi sono i finanziatori – dice Zuccaro-, se oltre quelli dichiarati ce ne sono altri e da dove provengono i soldi. Che un’organizzazione come Moas possa spendere 400mila euro al mese è un dato che merita un approfondimento”.
Zuccaro ascoltato un mese fa dalla commissione parlamentare d’indagine, ha spiegato che l’intervento massiccio delle Ong ha reso più difficili, se non addirittura inutili, le inchiese aperte in territorio italiano sui trafficanti stranieri. Lo ha raccontato Giovanni Bianconi sul Corriere:
spesso le indagini cominciavano dai «facilitatori», che accompagnavano i gommoni nel primo tratto della traversata, che oggi non servono più proprio perché il soccorso arriva poco dopo la partenza. E gli scafisti, ormai, sono quasi sempre migranti ai quali viene assegnato quel compito all’ultimo momento, tanto che nei loro confronti i magistrati catanesi non procedono più: «In questo momento — ha spiegato Zuccaro in Parlamento — registriamo una sorta di scacco che la presenza di queste Ong provoca nell’attività di contrasto al fenomeno degli organizzatori del traffico».
La situazione del resto si è fatta pesante. Nei primi tre mesi del 2017 sono giunti via mare 24.515 migranti, di cui 11.075 nel solo mese di marzo, facendo registrare un incremento del 29% rispetto allo stesso periodo del 2016. Nel 2016 gli arrivi via mare furono complessivamente 181.440, il 18% in più rispetto al 2015. Lo si legge nel report dell’Agenzia Ue per i Diritti fondamentali, che ha sede a Vienna. L’Agenzia cita dati forniti da Frontex e dal Viminale.
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