I Finanzieri del Comando Provinciale di Messina hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dell’imprenditore agricolo L.D. cl. 63, risultato contiguo ad esponenti della criminalità organizzata operante nell’area dei Nebrodi ed accusato, in concorso con altri, dell’indebita percezione di finanziamenti pubblici e prestazioni assistenziali e previdenziali riconducibili al cosiddetto “falso bracciantato agricolo”, nonché innumerevoli ipotesi di falso.
Il provvedimento eseguito in data odierna è l’evoluzione dell’Operazione LADYBUG, dal nome della principale società coinvolta, condotta dalle Fiamme Gialle della Tenenza di Patti e che, nel dicembre scorso, aveva già portato al sequestro preventivo, disposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina, di beni per un valore di circa 1,5 milioni di euro.
In particolare, il provvedimento ablativo all’epoca eseguito risultava l’epilogo di un’articolata attività d’indagine, sviluppata dai Finanzieri pattesi, che aveva consentito di stroncare un rodato meccanismo illecito, grazie al quale diverse centinaia di lavoratori avevano indebitamente conseguito le indennità assistenziali e previdenziali destinate al settore agricolo, con la fuoriuscita dalla casse dell’INPS di oltre 550.000 Euro.
Nel medesimo ambito, lo schema criminogeno ideato era risultato servente anche all’illecita percezione di altri contributi pubblici, ammontanti a circa mezzo milione di Euro, concessi dall’A.G.E.A. per migliorare le strutture aziendali agricole operanti nell’area dei Nebrodi.
Nel merito, nella frode scoperta, risultarono implicate ben 15 società che, sistematicamente, erano risultate dedite all’utilizzo strutturato di fatture “gonfiate”, al solo fine di dimostrare ai due enti pagatori, l’Ispettorato dell’Agricoltura di Messina e l’A.G.E.A., spese asseritamente riferibili alla realizzazione di lavori agricoli, in realtà mai sostenute.
I reati contestati agli indagati, in concorso tra loro, vanno dal falso commesso in atto pubblico sino alla truffa aggravata finalizzata al conseguimento di erogazioni pubbliche e la truffa ai danni dell’INPS.
A far scattare l’odierna misura cautelare personale, invece, sono state le determinanti dichiarazioni rese da due recenti collaboratori di giustizia, M.G.G. cl. 71 e C.Z.S. cl. 82, entrambi raggiunti dall’ordinanza di misura cautelare in carcere nell’ambito della maxi Operazione Nebrodi che, nel decorso gennaio 2020, ha portato la Direzione Distrettuale Antimafia di Messina a disporre l’esecuzione di 94 ordinanze di custodia cautelare per associazione a delinquere di stampo mafioso, con il contestuale sequestro di oltre 150 aziende, in virtù dell’acclarato interesse dei due gruppi mafiosi all’epoca investigati – il clan dei tortoriciani ed il clan dei batanesi – proprio per il controllo e l’illecita percezione di ingenti contributi comunitari concessi dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (Ag.E.A.).
Più in particolare, proprio i nominati collaboratori, appartenenti alla famiglia mafiosa dei batanesi, dopo aver deciso di cambiare vita, tra novembre 2020 ed il recente gennaio 2021, rendevano importantissime dichiarazioni ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Messina, anche autoaccusatorie, che supportavano le ipotesi di reato già acclarate a valle della poderosa attività d’indagine, nonché consentivano di fare piena luce sulle dinamiche criminali della complessa e delicata area dei Nebrodi.
Per quanto di rilievo agli odierni fini, oltre ad attestarne l’operatività criminale sino ai recenti anni 2018 e 2019, il collaboratore M.G.G. cl. 71 confermava la vicinanza dell’odierno imprenditore arrestato L.D. cl. 63 agli ambienti mafiosi locali, talché riferiva come lo stesso si fosse rivolto proprio al notissimo pregiudicato mafioso B.S. cl. 72 detto “il biondino” per recuperare manovalanza da impiegare quali fittizi braccianti agricoli su terreni di sua proprietà.
Tale richiesta trovava immediata conferma, tale che veniva fittiziamente assunta come bracciante agricola anche la C.Z.L. cl. 75, moglie del “biondino”, solo per fargli percepire, illecitamente, le indennità spettanti ai braccianti agricoli.
Parimenti, lo stesso M.G.G. cl. 71, oltre ad essere egli stesso un “falso bracciante agricolo”, tanto da percepire direttamente in carcere gli illeciti emolumenti percepiti, riferiva come analoga qualità fosse riferibile a diversi suoi familiari.
Dichiarazioni di pari tenore venivano poi rese anche dal collaboratore C.Z.S. cl. 82, il quale confermava quanto già acquisito.
In conclusione, il già compromesso quadro probatorio, ulteriormente aggravato dalle dichiarazioni dei citati collaboratori di giustizia, ha quindi consentito al G.I.P. del Tribunale di Messina, su richiesta della Procura della Repubblica di Messina, a disporre nei confronti dell’indagato la misura cautelare degli arresti domiciliari.
L’odierna operazione, che ha visto l’impiego degli specialisti del G.I.C.O. di Messina in supporto ai militari della Tenenza di Patti, conferma ulteriormente quanto sia alta la soglia di attenzione della Procura della Repubblica di Messina e della Guardia di Finanza nei confronti di un territorio, quale quello dei Nebrodi, significativamente minato dalla pervasiva presenza di strutturate organizzazioni criminali, vieppiù di matrice mafiosa. Tale attenzione, peraltro, è perfettamente aderente a più ampie direttive operative emanate dall’Autorità di Vertice della Guardia di Finanza, per il controllo della spesa pubblica, a contrasto delle truffe e degli sprechi di denaro pubblico, col duplice obiettivo di consentire, da un lato, un utilizzo trasparente ed efficiente dei finanziamenti nazionali e comunitari, arginando efficacemente la diffusione dell’illegalità e, dall’altro, di salvaguardare i tanti imprenditori onesti di un settore così vitale per l’economia locale.
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