PALERMO – “In attesa di risolvere la priorità del rifinanziamento della Cig in deroga, i contratti di solidarietà (nei quali lo Stato copre il 50% della retribuzione dei lavoratori) sono l’unico strumento per dare respiro alle aziende in crisi. Ma nel primo trimestre di quest’anno le richieste sono raddoppiate rispetto a tutto il 2012 e non ci sono più fondi; dunque, le istanze presentate da aprile in poi, al momento, non possono essere ammesse”.
Lo ha detto Rita Cammuso, dirigente del Ministero del Lavoro per gli ammortizzatori sociali, intervenendo oggi a Palermo alla manifestazione nazionale dei consulenti del lavoro “Ripartiamo dal lavoro, valore e fondamento del Paese”, che si è conclusa a palazzo Steri.
“In realtà ci sarebbero altre risorse per soddisfare le nuove richieste di contratti di solidarietà – ha aggiunto Rita Cammuso – si tratta di 57 milioni di euro di residui passivi, somme risparmiate su precedenti impegni di spesa, che però, a causa di una norma di contabilità introdotta dal governo Monti, oggi non possiamo utilizzare. Eppure esiste una norma del 1999, finora mai derogata – osserva la dirigente del ministero – , relativa proprio ai contratti di solidarietà, che consente di utilizzare i residui passivi. Ma in assenza di una specifica autorizzazione da parte del Ministero dell’Economia, come Ministero del Lavoro non possiamo impegnare queste somme per nuovi decreti, l’organismo di controllo non li avallerebbe”.
Per comprendere la portata del fenomeno, basti pensare che nel 2012 sono stati firmati poco più di 790 decreti per contratti di solidarietà che hanno salvato dal licenziamento decine e decine di migliaia di lavoratori di call center, ex municipalizzate, grandi e medie aziende industriali e artigiane, con una spesa di 13 milioni di euro.
Prevedendo un aumento del ricorso a questo strumento, per il 2013 erano stati stanziati 35 milioni di euro, ma le domande sono più che raddoppiate, tant’è che con il mese di marzo si è esaurita la copertura finanziaria. Il ministero ha firmato decreti relativi al mese di gennaio e sta predisponendo quelli riguardanti le domande presentate a febbraio.
Vincenzo Silvestri, vicepresidente nazionale dei consulenti del lavoro, ha poi evidenziato un altro problema che richiede una immediata revisione del sistema degli ammortizzatori sociali così come sono stati pensati dalla legge Fornero: “La riforma pone fine alla cassa integrazione in deroga, l’unico strumento che salvaguarda le piccole imprese dalla chiusura immediata, e prevede in sostituzione un fondo gestito dagli enti bilaterali, quindi dal sistema privato, senza però avere dato regole chiare. Il nuovo strumento dovrebbe entrare in vigore dal 2016, ma ad oggi non sappiamo come ci si debba comportare. Il fatto, poi – ha incalzato Silvestri – che la stessa maggioranza che ieri ha votato la legge Fornero oggi dica che va subito modificata, dimostra che manca una progettazione delle politiche per il lavoro. Per risolvere i gravi problemi della crisi serve un governo che abbia autonomia per decidere, invece oggi ci sono altri in Europa che decidono per noi”.
Il rettore dell’Università di Palermo, Roberto Lagalla, ha spiegato che l’ateneo del Capoluogo dell’Isola negli ultimi anni si è sforzato di offrire una formazione a misura dei discenti e delle imprese, riducendo del 25% il numero dei corsi e puntando tutto sugli incubatori d’impresa con il Comune di Palermo, “per inculcare nei giovani – ha chiarito Lagalla – la cultura dell’autoimprenditorialità. Invece la politica continua a privilegiare la spesa improduttiva per il lavoro, dando un pessimo messaggio ai giovani”.
Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, dopo essersi soffermato sulle cause del declino culturale ed economico dell’Italia e della Sicilia, ha spiegato le proprie iniziative sul fronte del precariato: “Il fallimento di Amia e di Gesip – ha detto Orlando – rappresentano la fine di un mondo, la morte di un bruco. Ora dobbiamo fare nascere la farfalla seguendo percorsi virtuosi, fatti di diritti e doveri e di trasparenza”.
Rivolgendosi ai giovani, Orlando ha concluso: “Bisogna fare finire la stagione del precariato e fare arrivare quella della mobilità. Ovunque nel mondo nessuno muore facendo la stessa cosa che faceva all’inizio della propria carriera. Bisogna guardare alla qualità della vita piuttosto che a dove si lavora”. E raccontando dei propri figli che “sono all’estero e hanno scelto di guadagnare meno e vivere meglio”, il sindaco ha confrontato questo esempio “con le più frequenti sollecitazioni che ricevo da dipendenti comunali: il trasferimento da un quartiere all’altro per lavorare più vicino a casa. E’ comunque chiaro che siamo impegnati a creare le condizioni affinché i nostri giovani possano tornare a Palermo o restare qui con una migliore qualità della vita”.