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Nuova legge: chiunque può accedere ai dati della pubblica amministrazione. Ecco come

Il diritto di chiunque di avere accesso ai dati e ai documenti detenuti dalla pubblica amministrazione è legge anche in Italia. Dal 23 dicembre 2016, chiunque può esercitare il nuovo diritto di accesso generalizzato ai dati e ai documenti delle pubbliche amministrazioni. Il FOIA – Freedom of information act rappresenta un nuovo diritto di accesso,che, per distinguerla dalle precedenti, viene chiamata “accesso generalizzato” ed è contenuta all’interno del nuovo art. 5, comma 2 del decreto trasparenza. La norma prevede che “chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti”.

L’accesso generalizzato si aggiunge a quelli preesistenti, cioè non solo all’accesso procedimentale previsto dalla Legge n. 241 del 1990 o  quello in materia ambientale previsto del decreto legislativo n. 195 del 2005, ma anche a quello c.d. “civico” previsto dalla versione originaria del decreto n. 33 del 2013 in relazione ai dati, documenti e informazioni che le amministrazioni non avessero pubblicato nella sezione “Amministrazione trasparente” del proprio sito web, pur avendone l’obbligo.

Per la prima volta, nel nostro ordinamento giuridico viene introdotto un diritto di accesso che  non è condizionato dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti ed ha ad oggetto tutti i dati e i documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli per i quali è già stabilito un obbligo di pubblicazione sui siti web delle amministrazioni (es. redditi degli amministratori, contratti pubblici, organigramma e dati sul personale, ecc., liste d’attesa).

Il nuovo diritto di accesso generalizzato può essere esercitato da “chiunque, vale a dire: persone fisiche (indipendentemente dalla loro cittadinanza), persone giuridiche, associazioni anche non riconosciute, altrettanto ampia è la sfera dei soggetti appartenenti alle pubbliche amministrazioni ai quali è possibile richiedere i dati e i documenti.

È opportuno precisare che l’accesso generalizzato è esercitabile relativamente “ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione”, ossia per i quali non sussista uno specifico obbligo di pubblicazione.

Di fatto, quindi, il nuovo diritto potrà essere esercitato nei confronti dell’intero contenuto degli archivi di ciascuna pubblica amministrazione, fatte salve, naturalmente, le eccezioni previste.

Sull’ argomento dell’eccezioni  è intervenuta l’ANAC, l’Autorità Nazionale Anticorruzione, che ha emanato le linee guida con le  indicazioni operative che indicano i limiti che l’accesso generalizzato non può oltrepassare.

 

FREEDOM OF INFORMATION ACT: IL PUNTO DI VISTA DELL’ESPERTO

 

Sul nuovo diritto di accetto generalizzato  Il Mattino di Sicilia ha chiesto il punto di vista di  Giuseppe La Greca, magistrato amministrativo presso il T.A.R. Sicilia.

 

Il FOIA raccoglie consensi e critiche quali sono a suo avviso quelle di maggiore rilevanza?

La nuova disciplina sull’accesso a dati e documenti è anche il risultato di una lunga elaborazione maturata dalla giurisprudenza che già, sulla base della disciplina previgente, aveva scelto in alcuni casi un’interpretazione a maglie larghe volta a garantire l’esercizio di tale diritto anche oltre il mero dato testuale della legge. Si tratta certamente di una riforma di civiltà la quale ha dovuto contemperare contrapposti interessi quali quello alla trasparenza e quello volto ad impedire abusi nell’utilizzo dell’istituto. Occorre che gli enti locali adottino le necessarie misure di digitalizzazione dei processi e dei procedimenti, altrimenti lo spirito della riforma rimarrà vanificato.

 

Le linee guida dell’ANAC, in cui si  individuano i limiti dell’accesso civico, le appaiono esaustive ?

I limiti all’accesso sono la traduzione in ambito giuridico di una verità di fondo e cioè che non tutti i dati e documenti in possesso di un’amministrazione possono essere resi noti. Ciò detto, però è altrettanto vero che rispetto al passato l’interpretazione che deve darsi ai limiti che la legge stabilisce deve essere conforme ai principi che governano la disciplina, la quale è essenzialmente orientata a garantire una vera trasparenza. Il punto è che il decreto 33 del 2013 come modificato del 2016, potrebbe consentire ad amministrazioni e giurisprudenza l’individuazione di ulteriori preclusioni all’esercizio del diritto, considerato che sono rimaste in vita le altre forme d’accesso (accesso tradizionale e accesso civico del 2013) che prevedono specifici paletti ed alle quali le istanze del cittadino potrebbero essere, in ipotesi, agevolmente e frequentemente (ed anche illegittimamente) ricondotte.

In Sicilia la nuova normativa potrà applicarsi indifferentemente a tutte le amministrazioni?

La giurisprudenza ha già avuto modo di chiarire che le disposizioni in materia di accesso integrano l’individuazione del livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche a fini di trasparenza, prevenzione, contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione, a norma dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e costituiscono altresì esercizio della funzione di coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale, di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione. Ne discende l’immediata applicazione della disciplina in ambito regionale anche in assenza di un recepimento espresso. La Regione, del resto, potrebbe intervenire garantendo ulteriori forme di tutela, ciò che in passato non ha fatto poiché si è limitata a “recepire” le disposizioni statali senza esercitare appieno la propria competenza. E’ auspicabile, sul punto, una nuova consapevolezza circa i contenuti della funzione legislativa regionale e ciò anche alla luce anche degli insegnamenti che la Corte costituzionale, negli ultimi tempi, sta offrendo proprio in relazione all’applicazione dello Statuto regionale in varie materie.

 

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