Impugnata la legge di riforma dell’acqua in Sicilia. Ormai è chiaro, dopo Ignazio Marino il prossimo obiettivo di Renzi è Rosario Crocetta. Per il governatore siciliano arriva, ad arte, ogni settimana, una pessima notizia. Se la settimana scorsa è arrivata a sorpresa la notizia che non c’erano i soldi promessi per la Sicilia adesso arriva l’impugnativa della legge sull’acqua pubblica Si tratta di una legge di riforma votata dall’Ar che ha recepito la volontà popolare espressa col referendum. L’obettivo è quello di screditare la Sicilia e il governo Crocetta, tant’è che ci ha impiegato solo sette minuti il Cdm a cassare la legge approvata dall’Assemblea siciliana lo scorso agosto. Vero è che l’impugnativa era stata prennaunciata da giorni dal sottosegretario Davide Faraone, proconsole di Renzi in Sicilia, che da mesi prova a fare fuori politicamente il governatore.
Nel giro di pochi mesi, la Presidenza del Consiglio ne ha cassate ben tre di leggi siciliane, l’ultima ieri. Quella sull’acqua pubblica appunto. Una legge sostenuta da alcuni deputati-sindaci, come Giovanni Panepinto (Pd), in raccordo col Forum per l’acqua pubblica, che è stata persino modificata in extremis prima del voto finale proprio sotto la pressione dei ‘renziani’.
«L’impugnativa ci appare assolutamente inopportuna», accusano i deputati siciliani del Pd alla Camera Antonino Moscatt, Franco Ribaudo e Magda Culotta. Perché la legge «è frutto di un lavoro lungo e attento che ha coinvolto amministratori locali, associazioni, movimenti e partiti politici» e «la difenderemo restando in prima linea a fianco del Pd siciliano e del governo». E Crocetta aggiunge: «Valuteremo gli atti da compiere per superare il problema».
FARAONE. “Ennesima legge siciliana impugnata. Questa volta tocca all’acqua. A proposito di credibilità”. Non perde tempo Davide Faraone per attaccare il governo regionale dopo la notizia (annunciata) dell’impugnativa da parte del consiglio dei ministri della legge regionale sull’acqua.
“Nemo propheta in patria, è proprio il caso di dirlo. Quando parlo di credibilità della Sicilia parlo proprio di questo: non ha senso fare riforme se si sa in partenza che quelle riforme poggiano su presupposti sbagliati. Ennesimo capitolo di una saga che va avanti da troppo tempo: oggi il governo nazionale impugna la legge sull’acqua”, scrive su facebook il sottosegretario.
Faraone ricorda che “la legge viene impugnata per una serie di criticità che erano già evidenti prima del voto finale dell’Ars. Lo scorso agosto, a pochi giorni dall’ultimo passaggio in aula, dichiaravamo pochi e semplici concetti: ‘L’acqua è pubblica. Abbattere i totem ideologici è la prima condizione per fare nuove leggi. I cittadini devono pagare il giusto e il servizio deve essere efficiente. Quindi basta un solo ambito e non nove, un solo gestore per sub-ambito e non 390, uno per ogni comune siciliano. Non ci appassionano i dibattiti sulla burocrazia e sulle poltrone. Facciamo leggi buone per i siciliani in virtù della nostra autonomia, non facciamoci condizionare dai vizi della specialità’. Sono passati appena tre mesi e tutto quello che avevamo detto si è verificato sotto i nostri occhi. Increduli”.
A sollevare perplessità durante l’iter di approvazione della legge all’Ars non era stato solo il sottosegretario ma anche lo stesso assessore al ramo, Vania Contrafatto. “Qui nessuno vuole fare la Cassandra della situazione. Fare le riforme non deve essere il disbrigo svogliato di un compito in classe mal digerito. La Sicilia faccia le riforme per i siciliani”, conclude il sottosegretario.
CROCETTA. ”Il governo regionale, sulla base del confronto giá avviato con il governo nazionale, convocherá immediatamente la commissione parlamentare, l’assessore competente e l’ufficio legislativo e legale della Regione, per valutare insieme gli atti necessari da compiere per superare il problema”. Lo dice il presidente della Regione Rosario Crocetta commentando l’impugnativa della legge della Regione Sicilia n.
19 dell’agosto 2015, “Disciplina in materia di risorse idriche” da parte del Cdm.