La vicenda delle firme false M5S depositate a Palermo per la presentazione della lista alle Amministrative 2012 è arrivata ad un punto di svolta. Una delle attiviste coinvolte nel caso, Claudia La Rocca, oggi deputata all’Assemblea Regionale Siciliana, avrebbe confessato le irregolarità e inguaiato altre persone sospettate di aver partecipato alla copia delle sottoscrizioni.
Come racconta Riccardo Arena sulla Stampa, La Rocca avrebbe fatto i nomi della deputata Claudia Mannino e della aspirante candidata a sindaco Samantha Busalacchi:
Claudia La Rocca, 35 anni, non ha atteso la convocazione dei magistrati: c’è andata lei spontaneamente. Con un avvocato al seguito, pronto ad entrare in scena non appena la sua posizione si fosse complicata. Come in effetti è avvenuto: quando la giovane esponente del M5S ha ammesso di avere partecipato a quei momenti di isteria collettiva, nella notte che precedette la presentazione della lista, il procuratore aggiunto Bernardo Petralia e il sostituto Claudia Ferrari l’hanno fermata, avvisandola che da quel momento si doveva considerare indagata e che poteva avvalersi della facoltà di non rispondere. Lei però ha scelto di andare avanti, così come ha detto di aver concordato col proprio gruppo, che fa capo a Cancelleri, per fare chiarezza: assistita dall’avvocato Valerio D’Antoni, ha fatto i nomi dei presenti e di coloro che, per rimediare all’errore nel luogo di nascita di uno dei candidati, ricopiarono circa duemila firme. Un clima di omertà incredibile ha avvolto questa vicenda, venuta fuori a tre anni di distanza, dopo l’archiviazione di una prima indagine, grazie all’attivista Vincenzo Pintagro e ai servizi televisivi delle Iene. Lo stesso Pintagro, che fu solo testimone, aveva fatto i primi nomi, indicando anche la La Rocca. Un altro esponente dei Cinque Stelle, convocato dai pm, ha parlato delle proprie responsabilità, senza indicare altri: è finito pure lui sotto inchiesta. C’erano – e copiarono, come spiegato dalla La Rocca – fra gli altri, Claudia Mannino, poi eletta deputato nazionale, e Samantha Busalacchi, oggi aspirante alla candidatura come sindaco di Palermo.
Nei prossimi giorni i magistrati ascolteranno i primi indagati dell’inchiesta. Loro sono accusati del reato previsto dall’articolo 90, secondo comma, del Testo Unico 570 del 1960 che punisce con la reclusione da 2 a 5 anni, «chiunque forma falsamente, in tutto o in parte, liste di elettori o di candidati od altri atti dal presente Testo Unico destinati alle operazioni elettorali, o altera uno di tali atti veri oppure sostituisce, sopprime o distrugge in tutto o in parte uno degli atti medesimi».