E’ stata accolta come una benedizione la pioggia che ha spento gli ultimi focolai del grande incendio divampato sabato a Pantelleria e che ha devastato l’isola, da Montagna Grande a Cuddia Attalora. Restano gli scheletri degli alberi divorati dal fuoco, le tracce dei sentieri battuti dagli appassionati di trekking e ormai impraticabili, un panorama desolante per opera di incendiari che si oppongono all’istituzione di un parco nazionale.
Quasi tutte le località di interesse turistico sono state toccate dall’incendio: oltre a Montagna Grande e Cuddia Attalora, le fiamme hanno investito anche Fossa del Russo, Dietro l’isola, Benicolao, Kassà-Karebi, Favarelle, Costone di Serraglia.
Dietro l’incendio, ci potrebbero essere tanti interessi. Lo racconta bene un articolo del Manifesto oggi in edicola:
L’isola del passito, sfregiata dal fuoco. Si contano i danni a Pantelleria, dopo quattro giorni di roghi. E l’elenco è lungo: sono oltre 600 gli ettari di bosco e vegetazione andati in fumo. Mentre sui monti ci sono piccoli focolai ancora accesi, gli investigatori sono al lavoro con i sopralluoghi. Cercano tracce concrete per suffragare quella che al momento è solo una ipotesi: qualcuno ha appiccato le fiamme in più parti dell’isola. Poi il vento le ha propagate.
Dietro al gesto, ci potrebbero essere tanti interessi. A qualcuno non piace la scelta dell’amministrazione comunale, guidata da Salvatore Gabriele (Pd), di istituire un parco nazionale. C’è chi teme nuovi vincoli in aree che prima del vasto rogo erano libere, chi non vuol ‘cedere’ il proprio terreno privato al Parco, chi forse è stato escluso dalle decisioni, chi probabilmente ne fa una questione culturale. Saranno gli inquirenti a stabilire eventuali responsabilità. Intanto, l’isola è al collasso. Anneriti i vigneti a zibibbo nella zona di Martingana, divorate le piste di trekking a Rekale e a Sibà. Bruciati i boschi a Fossa del Russo, a Kuddia Antalora. Scene infernali su Montagna Grande, ma anche nella Balata dei turchi, nell’area Dietro l’isola, al Benicolao, nella zona di Kassà-Karebi, Favarelle, Costone di Serraglia: tutti luoghi molto apprezzati e carichi di storia. Aree attrezzate incenerite, case sgomberate di gran corsa. In pericolo le querce in contrada Benimingallo, da cui è stato ricavato il legname per le navi da guerra al tempo dei Fenici e anche per la marineria borbonica. Un incendio, insomma catastrofico. Pantelleria, per quattro giorni, ha lottato contro le lingue di fuoco. Il sindaco ha chiesto lo stato di emergenza.
In più punti dell’isola si sono verificate piccole frane che non possono essere arginate dalla rete di contenimento completamente distrutta dalle fiamme. La strada perimetrale che per 42 chilometri attraversa tutta la costa è stata chiusa per un lungo tratto a causa del pericolo di caduta massi. Molte località sono ancora irraggiungibili. Danneggiati pure i sistemi di comunicazione ora alimentati da un gruppo elettrogeno attivato dall’Aeronautica militare e dall’azienda elettrica locale, che ha lavorato notte e giorno.
Dietro a tutto questo, accusa il sindaco, «c’è un manipolo di criminali». Sotto pressione da alcune settimane per la scelta di istituire il Parco, Gabriele punta il dito verso quella che definisce «una frangia radicale, che vuole l’isolamento totale». Una posizione, sostiene, «intanto di tipo culturale: qui a Pantelleria si sta bene così e non si deve toccare nulla, è l’argomento di questi balordi che non capiscono lo scempio provocato». Basta questo? Non vogliono controlli, vogliono la libertà assoluta – argomenta il sindaco – Questa gente qui, la mattina si alza e decide cosa cavolo vuole, non vuole regole». Ma «noi siamo un’amministrazione che rispetta le leggi a prescindere dagli aspetti culturali: c’è ora persino chi vaneggia che la colpa dell’incendio è mia», aggiunge. Ci sarebbero però altri interessi, anche se il sindaco preferisce non addentrarsi su temi come l’abusivismo, parlando di «gruppi di fanatici fuori controllo, che non si rendono conto del danno perpetrato all’isola». «Parlate se avete visto», è l’appello ai cittadini. Ma al momento nessuno è andato dai carabinieri, mentre il prefetto di Trapani, Leopoldo Falco, ha convocato, per venerdì prossimo, il comitato per l’ordine e la sicurezza.
La polemica sull’istituzione del Parco, è convinto il sindaco, «è solo una sorta di specchietto per le allodole». Perché «non è vero che il nuovo Ente introduce maggiori vincoli, serve a dare un progetto di sviluppo come tra l’altro impone l’Unione europea nelle aree Sic e Zps». L’ambizione «è quella di governare i processi di valorizzazione, gestendo il territorio rispettando i vincoli esistenti». «Mentre oggi i processi decisionali vengono gestiti fuori dall’isola», sostiene il sindaco, «con il Parco si può creare una governance dello sviluppo dal basso, sempre nel rispetto delle norme, senza alcuna velleità di tipo autonomista, ci mancherebbe». Il modello è quello delle ‘Cinque terre’, il frastagliato tratto di costa della riviera ligure levante, nel territorio della provincia di La Spezia, tra Punta Mesco e Punta di Montenero. «Ci siamo gemellati con loro, vogliamo seguire il loro esempio per mettere tutto a sistema: dai terrazzamenti alla creazione dei campi agricoli innovativi» spiega. Un progetto «di inclusione e non di esclusione, per fornire opportunità, attraverso la concertazione e la condivisione della governance». L’idea dell’amministrazione è quella di creare «un parco agricolo-urbano», recuperando pezzi di bosco, ora compromessi dall’incendio, che negli anni è avanzato per l’abbandono dei terreni prima coltivati».
Per far partire il Parco si aspetta il decreto di attuazione del ministero per l’Ambiente, in raccordo con la Regione siciliana, che un mese fa, ha inviato i forestali per i lavori di bonifica. Legambiente sollecita il ministero ad accelerare l’emissione del decreto. «Non vorrei che la tanta solidarietà e attenzione sull’isola di queste ore – dice l’ambientalista Gianfranco Zanna – non porti a nulla e domani si ricominci nel disinteresse, lasciando nuovamente soli coloro i quali combattono la dura e difficile battaglia per salvaguardare il nostro territorio e i nostri meravigliosi paesaggi». L’associazione Agaorà, che raccoglie i ‘giovani accomunati dall’amore per Pantelleria’, ha lanciato una petizione on line #SavePantelleria per la raccolta di firme da inviare al premier Renzi e ai ministri Martina e Galletti. E ricorda che «nel 2014 Pantelleria ha ricevuto il prestigioso riconoscimento Unesco per la pratica agricola della vite ad Alberello». Una tecnica agricola che si tramanda da più di duemila anni. «Oggi – è l’appello – chiediamo un’immediata risposta da parte dello Stato. Vi chiediamo un aiuto per ricostruire e ripristinare la bellezza della nostra isola violata e compromessa».
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