In Italia per realizzare un’opera pubblica finanziata dalle politiche di coesione ci vogliono 4,5 anni, quale media tra i 7 della Sicilia e i 3,8 dell’Emilia Romagna. Contrariamente al senso comune, la Calabria, con 4,2 anni, è più rapida di diverse regioni del Nord, tra cui Liguria (5 anni), Veneto (4,6) e Friuli (4,7). Nel settore dei trasporti il Sud impiega in media 7,2 anni contro i 5,6 del Nord, ma recupera nell’edilizia, impiegando un anno in meno del Nord. A livello nazionale pesano però fortemente sull’iter delle opere i tempi morti dovuti a blocchi amministrativi: in media occupano il 61% della durata complessiva dell’opera, arrivando nella progettazione preliminare addirittura al 75%.
Sono solo alcuni dei dati che emergono dallo studio DPS-UVER “I tempi di attuazione e di spesa degli interventi infrastrutturali delle politiche di coesione” di Carla Carlucci, Fabio De Angelis e Maria Alessandra Guerrizio pubblicato sulla “Rivista economica del Mezzogiorno”, trimestrale della SVIMEZ edito da Il Mulino e diretto da Riccardo Padovani.
Oltre 35mila interventi, il 70% al Sud – Condotto sulla base di elaborazioni DPS-UVER su dati del Ministero dell’Economia e del DPS-Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, lo studio analizza l’andamento dei tempi di attuazione e di spesa di circa 35mila opere pubbliche finanziate con misure della politica di coesione nazionale ed europea nel periodo 1999-2013 per un valore complessivo superiore ai 100 miliardi di euro. Di questi, circa il 70% si concentra nelle regioni meridionali, tra cui spiccano la Calabria (17,6%), la Puglia (12%), la Campania (11,6%), la Sicilia (oltre 10%).
Trai settori di opere pubbliche oggetto dell’indagine, l’ambiente, che pesa circa il 15% del numero totale degli interventi, il ciclo dell’acqua (15%), i trasporti (3,3%), cultura e servizi ricreativi (12%), edilizia (28%), viabilità (13%). Quanto alla tipologia degli enti attuatori, poco meno della metà (15.621) riguarda Comuni al di sotto di 50mila abitanti, mentre 1.829 interventi sono stati gestiti da Comuni con popolazione superiore ai 50mila abitanti. 1.889 gli interventi promossi dalle Province, 1.337 dalle Regioni e circa 2.250 da parte di gestori di rete. Gestiti dai Ministeri solo 914 interventi. Quanto alla tipologia di intervento, oltre 14mila sono state nuove costruzioni, oltre 17mila i restauri e recuperi.
I tempi “di attraversamento” pesano il 61% sui tempi complessivi di attuazione – Lo studio individua cinque fasi di vita dell’opera pubblica (progettazione preliminare, definitiva, esecutiva, affidamento ed esecuzione dei lavori), ponendo attenzione ai ritardi che si accumulano soprattutto nei tempi “di attraversamento”, cioè i tempi che rallentano l’iter dell’opera impedendole di passare alla fase successiva per i motivi più diversi (attese di finanziamenti o di decisioni da parte di altri enti, pronunciamenti dell’autorità giudiziaria, incidenti di percorso, ecc). (Fig.1)
Emerge così che nelle fasi di progettazione e affidamento dei lavori, in media i tempi “di attesa” pesano per il 61% sulla durata complessiva dell’opera, con forbici comprese tra il 51% del Centro e il 65% del Sud (Fig.2). Particolarmente critica la situazione della progettazione preliminare, dove, nella media nazionale, il peso arriva a sfiorare il 75%. Da segnalare in particolare che il peso dei ritardi cresce al diminuire del costo dell’opera: nelle opere di importo superiore a 100 milioni di euro i tempi di attraversamento pesano per il 45% del tempo totale, mentre per le opere che costano meno di 100mila euro arriva a pesare il 72% (Fig.3).
Tempi complessivi di attuazione: da 2,9 a 14,6 anni – A livello nazionale, le opere di importo inferiore ai 100mila euro impiegano in media quasi tre anni per essere completate, mentre all’estremo opposto quelle di importo superiore ai 100 milioni di euro superano in media i 14 anni e mezzo (Fig.4).
Nei trasporti in media 7,2 anni per un’opera pubblica al Sud, 5,6 al Nord – Incrociando i dati a livello territoriale e di settore, nell’attuazione di opere pubbliche nel settore dei trasporti il Sud impiega in media 7,2 anni contro i 5,6 del Nord e i 6,4 del Centro (Fig.5). Qui si concentrano gli interventi ferroviari, marittimi, aerei, fluviali con annesse stazioni, porti, inter e aeroporti, e i progetti di importo superiore. Situazione ribaltata nel campo dell’edilizia: con un tempo medio di 3,6 anni il Sud è più rapido del Nord, che impiega in media un anno di più, 4,6, mentre le performance quasi si allineano nella costruzione di strade (circa 5 anni nelle due aree).
In Sicilia quasi 7 anni per un’opera pubblica – A livello nazionale l’intero iter dell’opera pubblica, dalla progettazione alla realizzazione effettiva dei lavori, necessita in media di 4,5 anni (2,6 anni per la progettazione, sei mesi per l’assegnazione dei lavori e 1,4 per la realizzazione effettiva) (Fig.6).
A livello regionale, la più rapida è l’Emilia Romagna, che riesce a completare un’opera in 3,8 anni (di cui 2,2 anni per la progettazione), seguita da Piemonte, Valle d’Aosta e Toscana (4,1 anni), Lombardia (4,3 anni), Trentino Alto Adige e Marche (4,4 anni). Tra le regioni del Mezzogiorno, la Calabria, con 4,2 anni, si dimostra più rapida di Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige. A seguire, l’Abruzzo con 4,4 anni, la Sardegna con 4,6, come il Veneto, mentre Campania, Puglia e Molise, con 4,9 anni si allineano all’Umbria e battono pure la Liguria (5 anni). Le più lente, la Basilicata, che registra 5,8 anni, pari a 1 anno e 4 mesi in più della media nazionale, di cui tre anni solo per la progettazione, e la Sicilia, che impiega quasi 7 anni per completare un’opera pubblica, impiegandone oltre 5 solo per la progettazione e superando la media nazionale di 2 anni e tre mesi.
Nella progettazione la Sicilia sfora i tempi del 97%, la Calabria più rapida della media del 12% – Andando ad analizzare l’andamento delle opere fase per fase, emerge che molte differenze Nord-Sud tendono a compensarsi. Nella sola progettazione ad esempio, se la Sicilia sfora i tempi rispetto alla media nazionale addirittura del 97%, impiegando oltre 5 anni rispetto ai 2,6 medi italiani, la Calabria fa segnare una riduzione dei tempi del 12% rispetto alla media, e l’Abruzzo, come l’Emilia Romagna, del 16%. Accusano invece ritardi compresi tra l’11 e il 16% rispetto alla media Friuli-Venezia-Giulia, Liguria, Umbria, Basilicata e Molise.
Decisamente più critica per il Sud la fase di affidamento dei lavori. Se Molise e Sardegna sono in linea con la media nazionale, sforano invece i tempi, e non di poco, la Calabria (+15%), la Puglia (+21%), la Basilicata (+31%). Quasi raddoppiano nelle tempistiche Sicilia e Campania (+48%). Al Nord, accelerano decisamente sui tempi Friuli Venezia Giulia (-18%), Emilia Romagna (-31%) e Trentino (-40%). Sfora invece i tempi del 10% il Veneto.
Guardando invece alla fase di esecuzione dei lavori, Puglia, Molise, Marche, Umbria e Friuli Venezia Giulia registrano performance in linea con la media nazionale. Più veloci in questa fase Piemonte e Valle d’Aosta (-10%), Veneto (-11,6%), Emilia Romagna (-12%) e Trentino (-16%). Tra le regioni del Sud, la Sardegna accelera rispetto alla media nazionale (-15,7%), e ancora di più fa la Sicilia (-25,5%), che però aveva rallentato moltissimo nelle fasi precedenti. Sforano invece decisamente i tempi la Campania (+12,6%), il Lazio (+18%) e l’Abruzzo (+24%). Raddoppia i tempi in questa fase la Basilicata (+51%), mentre la Calabria accelera (-4,8%).
Performances delle regioni nei tempi di completamento della spesa – Le regioni del Nord-Est, ad eccezione del Friuli Venezia Giulia, e parte delle regioni del Mezzogiorno (Campania, Molise e Puglia) si caratterizzano per durate moderatamente inferiori al valore medio nazionale. Il Nord-Ovest, parte del centro (Toscana, Umbria e Marche) e la Sicilia si attestano attorno al valore medio nazionale. Le regioni che hanno andamenti moderatamente più lenti della media nazionale sono il Lazio e nel Mezzogiorno l’Abruzzo, la Sardegna e la Calabria. Più lenta la Basilicata (Fig.7)
Alla chiusura dei cantieri al Sud resta ancora da spendere il 32% – Quanto all’andamento del flusso di spesa, le amministrazioni sia del Nord che del Sud peccano nelle previsioni di spesa: in media dichiarano che inizieranno a spendere dopo 1,2 anni dall’inizio dei lavori, mentre in realtà i tempi raddoppiano e le spese diventano effettive solo dopo 2,5 anni. Le stazioni appaltanti sono in difficoltà nello stimare l’inizio effettivo degli interventi, mentre sono più efficienti nella stima degli interventi già avviati.
In più, alla chiusura dei cantieri resta ancora da spendere in media il 28% del costo totale dell’opera (per attività amministrative successive alla fine dei lavori); al Nord circa il 22%, al Sud oltre il 32% (Fig.8). Più i progetti sono piccoli, più si è lenti a spendere: a livello nazionale, nei progetti di importo inferiore a 100mila euro a cantieri chiusi resta da spendere ancora il 49% del totale, contro il 14% dei progetti di importo superiore ai 100 milioni di euro. Quanto ai settori, al termine dell’esecuzione dei lavori nell’edilizia resta da spendere circa il 25%, oltre il 20% nelle strade, il 22% nelle risorse idriche e difesa del suolo, mentre oltre il 40% nello smaltimento dei rifiuti e il 46% nel settore culturale.
In generale, tra i punti critici rilevati nello studio, le difficoltà degli enti pubblici di stimare le tempistica di spesa; le previsioni spesso ottimistiche e poi non rispettate; i complessi iter autorizzativi; l’incertezza riscontrata nei circuiti finanziari per effetto della debolezza del progetto e/o dei vincoli del Patto di stabilità; l’aumento dei costi in conseguenza dell’allungamento dei tempi, per non parlare di eventuali contenziosi; la lunghezza delle attività amministrative successive alla fine dei lavori. “I tempi di attuazione delle opere sono lunghi, si legge nello studio, ben superiori alle attese di amministratori e cittadini, e questo comporta che il relativo prodotto finale dell’intervento (la strada, il porto, la piscina) è messo a disposizione del pubblico con molti mesi di ritardo; tempi di attuazione lunghi si accompagnano inoltre ad un aumento dei costi delle opere, e quindi a una crescita delle risorse che il pubblico deve investire per il loro completamento. Al fine di accelerare le procedure di spesa e di valorizzazione delle economie, occorrerebbe rafforzare a valle della chiusura dei lavori l’azione di vigilanza e monitoraggio degli aspetti economici degli interventi”.