Per quanto i partiti di sinistra rivendichino la loro tradizione di lotta contro la disuguaglianza, la povertà e la precarietà, e ribadiscano nei loro programmi e discorsi la loro attenzione per i cittadini più vulnerabili, non vengono votati dagli elettori i cui interessi vorrebbero difendere e rappresentare. Anzi, è tra i più benestanti che i partiti di centrosinistra ottengono più consenso.
Si tratta di un totale ribaltamento del paradigma politico che vede, tradizionalmente, la sinistra legata alle classi sociali meno abbienti e alle rivendicazioni sociali dei lavoratori. Se decenni fa l’idea di “voto di classe” si riferiva al fatto che i lavoratori votavano a sinistra, come alle elezioni del 1958 dove il 71% degli operai votò per partiti di sinistra, adesso la correlazione sembra essersi invertita.
Alle elezioni del 25 Settembre, la coalizione di centrosinistra ha avuto un successo nettamente superiore nei comuni con reddito medio più alto. Cosa spiega questo cambio radicale del paradigma politico? A qualche settimana dalle elezioni parlamentari che hanno visto il trionfo del centrodestra, dall’altra parte dello spettro politico si incassa il colpo – e si discutono le colpe.
Analizzando i dati, non emerge solo lo scarso consenso raccolto dalla sinistra a livello nazionale (26,1% per la coalizione di Partito Democratico, Alleanza Verdi e Sinistra, +Europa e Impegno Civico), ma anche il fatto che questo consenso proviene soprattutto dalle fasce più abbienti della popolazione, piuttosto che dalle classi sociali tradizionalmente associate alla sinistra. Osservando i dati a livello comunale, risulta infatti una correlazione positiva tra reddito medio e percentuale di voti per il centrosinistra.
Tratto da Il Sole 24Ore
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